È finita l’era delle leggi antitrust per limitare lo strapotere degli oligopoli e la riduzione delle imposte avrà l’effetto di aumentare i divari di reddito nella popolazione Usa
Dietro il Barabba che il popolo degli Usa ha preferito a Kamala Harris, si profila la sagoma di Elon Musk; il più ricco del mondo domani sarà anche il più potente in politica? Trump controllerà il Senato, crocevia delle decisioni rilevanti. La Corte Suprema, dominata “6 a 3” da giudici conservatori, s'è messa ai suoi piedi esentando i presidenti da responsabilità penali per reati da loro ordinati. Neutralizzati i sistemi di controllo sulla tirannia della maggioranza, si apre un baratro politico; e le conseguenze economiche saranno vaste.
L'economia sana prospera nel contesto di regole chiare, condivise, fatte valere. Quando mancano o sono ignorate, cresce il sottobosco se va bene, il crimine se va male. Trump non sopporta l'economia regolata, niente principi, solo interessi. S'apre un periodo senza regole nei commerci. Egli vuole innalzare i dazi all'importazione fino al 60 per cento, al 100 per cento sui beni dalla Cina. Afferma, sapendo che è una panzana, di poter così ridurre o annullare le tasse sul reddito. Vorrebbe difendere i lavoratori Usa dalla concorrenza estera, ma i dazi sono una tassa; graverà soprattutto sui lavoratori e aumenterà l'inflazione. Non si tornerà più alle regole della World Trade Organization, già ridotta all'irrilevanza nel primo mandato di Trump.
Dollaro e tassi su
Egli non concepisce una banca centrale indipendente dalla politica; voleva sostituire il governatore della banca centrale Usa, reo di non eseguire i suoi diktat. Ieri il dollaro è salito, ma sono saliti anche i rendimenti a lunga dei titoli del Tesoro. I programmi di spesa di Trump sono più ambiziosi, e inflazionistici, di quelli di Kamala Harris. I mercati sanno che ora salirà, con l'inflazione, il tasso d'interesse. Peggio per i grandi debitori, noi compresi; non saranno tanto colpiti gli Usa, emittenti della moneta di riserva del mondo.
Finisce la nuova era Antitrust, impersonata dalla presidente Lina Kahn, sbarcata undicenne negli Usa coi genitori pakistani in cerca di fortuna, nominata da Biden con un rivoluzionario mandato: se prima per avere luce verde bastava che non salissero i prezzi per i consumatori, con Kahn bisognava proteggere la concorrenza dagli oligopoli, che ora torneranno a dormire sonni tranquilli. Lo faranno anche le grandi banche Usa, ostili, a volte con ragione, a ogni richiesta di alzare i minimi di capitale per evitare crisi.
Gravi conseguenze avrà la contrarietà di Trump all'idea di cambiamento climatico, descritto come un imbroglio. Difficilmente però abolirà gli altri stanziamenti di fondi pubblici previsti dall'Inflation Reduction Act, voluto da Biden per attrarre le imprese europee negli Usa; obiettivo condiviso da Trump, sotto il cui governo ripartirà lo sfruttamento di idrocarburi. Scontata la conferma dei tagli fiscali per i ricchi. Negli Usa crescerà la disuguaglianza di redditi e patrimoni; ne soffrirà la coesione sociale.
Le conseguenze economiche di Trump colpiranno in specie la Ue. Come reagirà questa, colta in un momento in cui deve profondamente trasformarsi per non scivolare nell'irrilevanza o addirittura perire? Allora Angela Merkel riteneva che essa dovesse prendere in mano il proprio destino.
Se l'Europa non avesse speso almeno il 2 per cento del Pil per la difesa – naturalmente comprando armi sempre dagli Usa - Trump invitò Putin a farne quel che voleva; rodomontate che non verrebbero in mente a chi apprezza la Ue per quel che è, e può continuare ad essere se trova il coraggio e il consenso necessari.
Trump conosce solo rapporti bilaterali, gli sarà facile dividere i nostri 27 piccoli principati. Ursula von der Leyen non è Bismarck, ma potrebbe contrastare Orbán&C, spingendo per una politica estera europea unitaria, per supplire all'ostilità di Trump all'ombrello Nato sull'Europa e costruire una forza militare Ue all'altezza delle sfide che la presidenza Trump ci getta addosso. L'Ucraina resta nuda davanti a Putin, cui Trump offrirà quel che chiede; alla Ue toccherà pagarne la ricostruzione.
L'assonanza è inquietante; via l'America conscia del proprio ruolo, pur con i tanti errori commessi, torna sul palco quella isolazionista, sconfitto da Roosevelt quasi cent'anni fa. Il film l'abbiamo già visto ma, contro la logica, stavolta il finale deve essere diverso.
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