Le polemiche di DeSantis con Harris e i complotti sulla Fema. Nel rovente clima politico creato da Trump gli sforzi bipartisan per far fronte all’emergenza sono risucchiati nel gorgo elettorale
In un’epoca iperpolarizzata, anche gli uragani non vengono risparmiati. E diventano il motivo con cui attaccare gli avversari: specialità questa in cui sono particolarmente forti i repubblicani di stretta osservanza trumpiana. Stavolta ad attivarsi è stato il governatore della Florida, Ron DeSantis, che dopo l’uragano Helene ha detto che non risponde alla chiamate della vicepresidente Kamala Harris perché «non sa che ruolo abbia».
A quel punto la candidata dem ha accusato DeSantis di «fare giochini politici» in un tempo di crisi, rimarcando il fatto che è un atto «irresponsabile ed egoista», mentre si dovrebbe «mettere al centro le persone». Il diretto interessato ha rispedito al mittente le accuse dicendo di essere «totalmente focalizzato» sulla gestione dell’emergenza «mettendo in gioco tutte le risorse».
Non solo: il governatore ha ricordato di aver lavorato bene «sia con il presidente Trump che con Biden» e che Kamala Harris è «la prima a politicizzare l’uragano Milton». Vero è che le divisioni politiche hanno raggiunto un livello insolitamente alto anche grazie alle teorie del complotto che circolano in rete, soprattutto sulla piattaforma X. Al centro dei deliri cospirazionisti c’è la Fema, l’agenzia federale che equivale alla Protezione Civile. Non è una novità, anzi.
L’agenzia, creata nel 1979 durante la presidenza di Jimmy Carter, è stata oggetto sin da subito di voci incontrollate sulla sua reale funzione. A metterle in giro, vari gruppuscoli di estrema destra. Tra le tante invenzioni, quella che ha preso più quota nell’immaginario collettivo è quella sui «campi di concentramento»: in pratica si afferma che, in seguito a un grande disastro naturale, la Fema dovrebbe imprigionare i cittadini “dissidenti” in grandi strutture d’internamento sul modello di quanto fatto durante la Seconda Guerra Mondiale con le persone d’origine nipponica.
Coi social media però, queste bufale hanno ripreso fiato anche ai tempi dell’uragano Sandy nel 2012. Tanto che l’agenzia aveva aperto dei canali social per smentire le fake news che circolavano e che rischiavano di mettere a repentaglio i soccorsi alla popolazione civile. Lo scorso anno durante gli incendi alle Hawaii, ad esempio, era circolata la voce che si offrivano solo 750 dollari per compensazione dei danni e che le terre dei superstiti sarebbero state confiscate.
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E quest’anno? Grazie all’assenza di qualsiasi tipo di moderazione su X, l’ex Twitter, si dice che i fondi destinati all’assistenza alle vittime degli uragani Helene e Miltono sono stati destinati ai migranti, ma anche che a gestire l’agenzia sono “gli ebrei” e questo ha portato alcuni dipendenti dell’agenzia a dover affrontare minacce non solo online. Una bufala poi diffusa dallo stesso proprietario di X Elon Musk dice che il governo federale “impedirebbe” ai privati di dare aiuto. Anche in questo caso nulla di vero.
I precedenti
Va detto che però sul campo queste bufale prendono meno piede e che c’è una certa collaborazione tra persone di opposto orientamento. La portavoce di DeSantis Christina Pushaw è molto attiva nel dire al pubblico sui social di seguire le direttive dell’agenzia di evacuare le proprietà minacciate dalla tempesta: «Diffondere bugie come queste può avere serissime conseguenze». Anche sul campo, nella North Carolina devastata da Helene, anche se certe comunità isolate hanno accolto con diffidenza la distribuzione di aiuti, le cose sono andate sostanzialmente bene.
La domanda che però ci si deve porre è come si comporterebbe Donald Trump qualora tornasse alla Casa Bianca? Probabilmente tornerebbe, almeno su questo, a un comportamento più istituzionale. Anche se non ha resistito a diffondere un video sui canali social dove invita gli abitanti della Florida a «reagire tutti insieme alla devastazione» dice di sperare che «dal prossimo 20 gennaio» ci sarà un vero presidente «per ricostruire», nel 2020 si è affidato proprio alla Fema per costruire una task force per contribuire a smontare la circolazione online di fake news sul Covid e per avviare quanto prima la distribuzione dei vaccini.
Molto però è cambiato dal 2012: all’epoca, sotto elezioni, il governatore del New Jersey, il repubblicano Chris Christie, si fece fotografare insieme all’allora presidente e candidato alla rielezione Barack Obama, parlandone bene e dicendo che aveva ricevuto tutto l’aiuto possibile.
Una differenza stridente rispetto ad oggi, dove le bufale vengono diffuse su uno dei maggiori social network senza controllo, alimentando la vena antisociale dell’odierna destra trumpiana, piuttosto restia all’obbedienza ad autorità che non riconosce come vicine a sé, come la Fema sotto l’amministrazione di Joe Biden.
Una strategia che però potrebbe essere un boomerang: nelle ultime settimane, ad esempio, si stanno molto assottigliando i voti di vantaggio per il senatore Rick Scott della Florida, fino a qualche mese fa certo della rielezione. Una sconfitta che potrebbe portare i dem a mantenere la maggioranza al Senato e alla fine della carriera politica di uno dei maggiori alleati del presidente Trump.
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