Giovedì 30 gennaio, ufficialmente, l’Agenzia Onu per i rifugiati palestinesi sarà ufficialmente bandita dai terrori palestinesi. Una decisione presa dal governo e dalla Knesset lo scorso ottobre e che è stata confermata anche martedì.

«Israele interromperà ogni collaborazione, comunicazione e contatto con l’Unrwa o chiunque agisca per suo conto», ha detto l’ambasciatore israeliano all'Onu, Danny Danon. Una decisione che rischia di avere un impatto enorme per la popolazione civile. «Da quando è entrato in vigore il cessate il fuoco, abbiamo distribuito aiuti alimentari ad almeno 550 mila persone. Circa un quarto della popolazione. Abbiamo fornito acqua potabile e per uso domestico ad almeno a 475 mila persone», dice a Domani Elisa Cardillo, dell’ufficio Unrwa di Gaza. «Stiamo continuando a fornire supporto psicosociale agli adulti e ai bambini. Dall’inizio della guerra abbiamo raggiunto circa l’85 per cento dei bambini in età scolastica. Il nostro personale sanitario fornisce circa 16 mila consulti medici al giorno».

Al momento lo scenario è ancora incerto: «Se e quando entreranno in vigore le leggi non lo sappiamo. E non conosciamo le modalità ufficiali della loro attuazione», aggiunge. È sicuro, invece, che «non ci siano altre organizzazioni, del sistema Onu, che ci possano sostituire. Noi possiamo contare su uno staff locale che altre organizzazioni non hanno», precisa Cardillo.

Discorso analogo per la Cisgiordania, dove da quando l’esercito israeliano ha iniziato l’operazione militare “Muro di ferro” l’Agenzia Onu ha dovuto interrompere le sue operazioni. Martedì sono continuate le operazioni a Jenin per l’ottavo giorno consecutivo, dove l’Idf ha demolito la mosche di Hamza. Preoccupa anche la nuova amministrazione statunitense di Donald Trump: la vice ambasciatrice americana all’Onu, Dorothy Sea, ha detto che gli Usa «sostengono» la decisione «sovrana» di Israele di tagliare i legami con l’Unrwa.

Nel frattempo, continuano a rientrare i gazawi nel nord della Striscia. Secondo Hamas circa 300mila persone hanno fatto ritorno nelle loro aree, ma il 90 per cento di loro non ha più casa. Emergency ha annunciato che aprirà presto una clinica per soccorrere i feriti. Il disastro umanitario «non può essere sovrastimato» ha fatto sapere il governo britannico di Keir Starmer che ha annunciato un pacchetto di aiuti umanitari aggiuntivi per Gaza.

La proposta di Trump

La tregua per il momento continua a reggere, nonostante Hamas e Israele si siano accusati a vicenda di violazioni. Il portavoce del ministero degli Esteri del Qatar ha spiegato che «la seconda fase dei negoziati inizierà il 16° giorno dell'accordo di cessate il fuoco» – quindi il prossimo 3 febbraio – e che per ora gli osservatori del cessate il fuoco non hanno registrato alcuna violazione reale dell'accordo entrato in vigore il 19 gennaio scorso.

Trump è tornato a discutere del futuro di Gaza dopo che nei giorni scorsi ha annunciato un piano per deportarli in Egitto e Giordania, per «ripulire» la Striscia. Una soluzione che aveva definito «temporanea» o «permanente». Parlando ai cronisti ha detto: «Quando guardi la Striscia di Gaza, è un inferno da così tanti anni... Ci sono state varie civiltà su quella Striscia. Non è iniziato ora. Potresti far vivere le persone in aree che sono molto più sicure e forse molto migliori e forse molto più comode».

Il piano, però, ha già trovato l’opposizione ferma di diversi paesi. Dopo la Germania ora anche la Francia: «Qualsiasi spostamento forzato della popolazione di Gaza sarebbe inaccettabile», ha detto un portavoce del ministero degli Esteri di Parigi.

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