Mentre le proteste davanti al parlamento in Georgia si susseguono ormai da una settimana, Sogno georgiano ha alzato il livello della tensione, portando la repressione oltre gli scontri di piazza. Nella giornata di mercoledì, arresti (sono oltre 300 dall’inizio delle proteste) e perquisizioni nelle case.

Per la settima notte di fila decine di migliaia di persone si sono riunite davanti al parlamento, in un’ondata di proteste che non accenna ad arrestarsi. Nella notte tra martedì e mercoledì, la polizia ha usato ancora idranti, lacrimogeni e spray urticante contro i manifestanti che lanciavano fuochi d’artificio in direzione del Parlamento. Alle tre del mattino sono arrivate le cariche e i proiettili di gomma. La folla è stata dispersa con una violenza che appare sempre più sproporzionata.

La repressione però non placa le proteste. Alle 18 di le persone sono accorse ancora una volta puntuali in piazza, per far sentire la propria voce ed esprimere il crescente dissenso.

Arresti e perquisizioni

Questa volta infatti gli scontri non sono finiti con la dispersione della folla. Perquisiti gli uffici di Unm (Unity National Movement), partito di opposizione fondato dall’ex presidente Mihail Saakashvili, di Coalition For Change e di Droa. Durante le incursioni gli agenti hanno malmenato e poi arrestato il leader di Coalition For Change Nika Gvaramia e un altro membro del partito, Gela Khasaia, che era già stato attaccato da tre persone tornando a casa il giorno prima.

Numerose anche le perquisizioni mirate in case e appartamenti, durate tutta la giornata, tra cui spiccano quelle ai danni di Ilia Ghlonti e Nancy Woland, cofondatori del gruppo Facebook Daitove, spazio virtuale di mobilitazione e supporto per le manifestazioni. I due sono stati denunciati con l’accusa di «organizzazione o gestione di un’attività di gruppo accompagnata da violenza, incursioni, danni o distruzioni».

Secondo Ghlonti, volto noto delle proteste, «si è trattato di un’intimidazione e un tentativo di far smettere la gente di protestare». Arrestato anche Zviad Tsetskhladze, membro del movimento studentesco Dafioni, che aveva lanciato le prime proteste conto la cosiddetta legge sugli agenti stranieri, o “legge russa” in primavera. La polizia ha prelevato Tsetskhladze dalla sua abitazione nel pomeriggio di mercoledì.

Nuove proteste

A poco sembrano servire però i tentativi di intimidazione. «La responsabilità è solo nostra», commenta Giorgi, presente in viale Rustaveli ogni sera da una settimana, «è il nostro paese, e non protestiamo solo perché vogliamo un futuro europeo, protestiamo contro Sogno georgiano, che sta dando vita a un vero e proprio regime tirannico».

Il problema, spiega, non è soltanto il partito: «Anche i giudici sono dalla loro parte. Tutta questa gente è qui, continua e continuerà a lottare, nonostante i rischi che corriamo, perché non ci è rimasta altra scelta se no prendere in mano la situazione in prima persona».

Concorda con lui anche Luda, 65 anni, che arriva a Tbilisi da un piccolo paesino al confine con i territori occupati dalla Russia in Tskhinvali, più nota con il nome russo di Sud Ossetia: «Vengo in piazza perché è mio dovere civico, per stare accanto ai giovani che lottano per il futuro del nostro paese, per la libertà. Certo che ho paura, ma mi sono decisa quando ho visto che prendevano di mira i giornalisti».

Luda, infatti, nonostante il freddo, resta per tutta la sera in piedi accanto ai cameramen, affrontando la polizia a viso aperto «avete il coraggio di picchiare un’anziana?».

Lia, 72 anni, non può scendere in piazza a causa di un’operazione recente, ma mentre parla ha le lacrime agli occhi: «È tutto così ingiusto, sono grata ai giovani che scendono in piazza e lottano per no».

La comunità internazionale

Continuano intanto anche le reazioni internazionali e martedì si è dimessa in segno di protesta anche l’ambasciatrice della Repubblica Ceca, Tea Maisuradze. Immediata la risposta del primo ministro Irakli Kobakhidze alla serie di dimissioni: «Subiscono pressioni dall’estero».

In una lettera aperta firmata da ex diplomatici statunitensi si «condanna con la massima fermezza la violenza scatenata dal governo georgiano sui manifestanti pacifici a Tbilisi».

Reazioni anche dai Baltici, che lunedì in una dichiarazione congiunta dei ministri degli Esteri hanno dichiarato che «i tre Stati baltici hanno concordato di imporre sanzioni nazionali contro coloro che hanno represso le proteste legittime in Georgia», allegando una lista di 11 personaggi politici georgiani, tra cui il ministro degli Affari interni e alcuni dei suoi collaboratori, a cui sarà imposto un divieto di ingresso.

A parlare della situazione della comunità internazionale, pochi giorni prima del suo arresto era stato proprio Zviad Tsetskhladze, «le dichirazioni non bastano più, se vuole aiutarci davvero, l’Europa deve imporre sanzioni».

Abkhazia inattesa

Reazioni inaspettate arrivano anche dall’Abkhazia, la regione georgiana separatista direttamente sostenuta dalla Russia. Martedì il parlamento locale ha votato contro la ratifica di un accordo di investimento con Mosca. Il voto è stato inaspettatamente compatto: nessun deputato ha votato a favore dell’accordo, e soltanto tre si sono astenuti.

Il rifiuto dell’accordo con Mosca, che avrebbe permesso ai cittadini russi di acquistare proprietà in Abkhazia, potrebbe rappresentare un momento di svolta per la regione. Segno che, mentre tensioni e repressioni continuano a crescere nel paese, anche ai confini la situazione potrebbe diventare più instabile.

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