La rinnovata luna di miele dei democratici con la Silicon Valley nasce da legami coltivati nel tempo. E da una nuova viralità costruita sui social
Kamala Harris è nata ad Oakland ed è di casa in California, dove ha fatto tutta la sua carriera, è stata senatrice, procuratrice generale dello Stato e procuratrice distrettuale di San Francisco.
Ma non ci può essere solo questo dietro a una inaspettata luna di miele che sta coinvolgendo alcuni dei più importanti investitori e imprenditori tecnologici, diventati all’improvviso i suoi più grandi sostenitori.
È un racconto ancora più paradossale, perché fino a pochi giorni fa tutti i giornali al mondo parlavano esattamente del contrario: ovvero, di come la Silicon Valley stesse cadendo nella tela di Donald Trump e di come Elon Musk stesse facendo parecchi proseliti.
La politica americana è fatta di continui colpi di scena ed è questo che la rende tanto avvincente, ma potrebbe esserci anche altro: la promessa di una ventata di novità rispetto ad alcune delle politiche più restrittive che eppure la stessa Harris aveva finora vidimato, in qualità di vicepresidente di Joe Biden.
Almeno questa sembra essere la speranza di Reid Hoffman, venture capitalist miliardario, fra i fondatori di LinkedIn, democratico convinto e in passato sostenitore proprio di Biden. Ieri, parlando alla Cnn, Hoffman si è espresso fortemente a favore di Harris, alla quale per altro ha già donato 10 milioni di dollari (e ne ha promessi molti altri). Ma ha anche detto che si aspetta che ci sia un cambiamento sostanziale.
E non è stato per niente criptico nel dire quale. Dovrà essere sacrificata l'attuale presidente della Federal trade commission, l'antitrust americana: Lina Khan, la giurista che ha basato tutta la sua carriera sulla lotta ai monopòli e che sta guidando alcune delle più importanti iniziative giudiziarie contro i grandi colossi tecnologici. Perché va bene il sogno americano, va bene la prima donna presidente, va bene sconfiggere Trump, ma gli affari restano sempre affari.
Virale
L'entusiasmo per Kamala Harris si è tradotto finora in un grande afflusso di liquidità: in pochi giorni, ha accumulato circa 250 milioni di dollari in donazioni. Molte arrivano proprio dalla Bay Area.
Fra i suoi sostenitori uno dei più entusiasti è Reed Hastings, co-fondatore e amministratore delegato di Netflix e fino al 2019 membro del consiglio d’amministrazione di Facebook. Ha già donato 7 milioni di dollari, sperticandosi in lodi del tipo: «È emozionante avere una leader così giovane».
E in effetti la campagna democratica sta puntando molto sulla verve giovanile di Harris, e non potrebbe fare diversamente in una campagna elettorale che finora si è giocata molto sull’età dei candidati. Dopo il passo indietro di Biden, è facile notare come le sorti si siano ribaltate. Ora i 78 anni di Trump possono essere uno svantaggio per i repubblicani, rispetto ai 59 di Harris.
È sicuramente così per la Generazione Z, che ha iniziato a sfornare meme e contenuti ironici, soprattutto su TikTok. Anche con l’endorsement di pop star come l’inglese Charli XCX (che non sarà Taylor Swift, ma ha comunque una grande presa sui giovanissimi). La sfida di chi guida la campagna elettorale di Harris è di trasformare anche questa viralità in voti.
A cento giorni dal voto è difficile dire se l’estate californiana di Kamala Harris le permetterà davvero di conquistare la Casa bianca. C’è però chi ricorda che ancora nel 2010, quando si candidò per la prima volta a procuratrice generale della California, fece un discorso nel campus di Google. «Tengo molto ai legami con voi», disse, parlando a una folla di dirigenti del settore tecnologico. «E farò di tutto per coltivare questi legami».
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