Poco più di un anno fa l’università di Teheran era l’epicentro delle proteste dei movimenti giovanili contro il regime iraniano scaturite dall’uccisione di Mahsa Amini da parte della polizia morale. Ieri, invece, migliaia di persone si sono riunite nell’ateneo insieme ad ayatollah e pasdaran per celebrare i funerali di Ismail Haniyeh, il capo dell’ufficio politico di Hamas assassinato nella notte di mercoledì nella capitale del paese.

I funerali sono iniziati con il presidente del parlamento iraniano, Mohammad Bagher Ghalibaf, e il funzionario di Hamas, Khalil al-Hayya, che hanno aizzato la folla mentre marciava al grido di «morte a Israele, morte all’America».

«È nostro dovere rispondere al momento giusto e nel posto giusto», ha detto alla massa Ghalibaf. Prima che il corteo funebre raggiungesse piazza Azadi, la guida suprema Ali Khamenei in persona ha officiato la preghiera, a sottolineare l’importanza di Haniyeh. Ma se ieri era il giorno del lutto, oggi, nella Striscia e nei territori occupati, è il giorno delle proteste.

Hamas ha invocato «marce della rabbia ruggenti» a partire da ogni moschea dopo la consueta preghiera del venerdì. Mentre a Doha, in Qatar, è prevista, nel quartiere Lusail, la sepoltura del leader politico dell’organizzazione palestinese, dopo un’altra cerimonia funebre alla quale parteciperanno diversi leader arabi e non solo.

Probabile la presenza del presidente turco Recep Tayyip Erdogan che ieri ha telefonato a papa Francesco per dirgli che i recenti attacchi israeliani «rappresentano minacce all’intera regione, al mondo e all’umanità». E di portare la pace per cristiani e musulmani nella regione.

La riunione di sicurezza

Dopo i funerali, la leadership politica e militare iraniana si è riunita con i suoi alleati (Houthi, Hezbollah e Hamas) per capire che tipo di risposta mandare a Israele. I colpi subiti a partire dalla seconda metà di luglio sono pesanti: dopo Haniyeh e l’uccisione del leader di Hezbollah Fuad Shukr, a Beirut con un’operazione militare israeliana martedì pomeriggio, ieri le Idf hanno confermato l’uccisione di Mohammed Deif, vertice dell’ala militare di Hamas. Sarebbe stato ucciso in un raid a Khan Younis lo scorso 13 luglio. «Deif sta bene e sente le affermazioni dell’occupazione sul suo assassinio», ha detto invece un funzionario dell’organizzazione ai media.

Indipendentemente della veridicità della notizia, il prossimo nome della lista è il comandante a Gaza Yahya Sinwar diventato l’ossessione numero uno del governo israeliano. In questi dieci mesi è scampato a numerosi attentati che hanno raso al suolo la Striscia.

A Teheran le guardie rivoluzionarie e i loro alleati hanno discusso per ore. Fonti libanesi, informate dell’incontro, hanno detto che sono stati palesati due scenari: il primo prevede un attacco simultaneo dall’Iran, Libano e dallo Yemen; il secondo prevede una risposta scaglionata per ogni parte. I prossimi giorni sono cruciali.

Dal canto loro le forze di intelligence israeliane hanno innalzato il livello di sicurezza del premier Benjamin Netanyahu e dei suoi ministri. Rafforzate anche le misure per gli atleti israeliani presenti a Parigi per le Olimpiadi e i cittadini che vivono all’estero. In serata Netanyahu ha avuto un colloquio con il presidente degli Stati Uniti Joe Biden, di fatto “sfiduciato” dal primo ministro israeliano che ha deciso di non avvertire la Casa Bianca prima dell’attentato ad Haniyeh. Ma il rapporto tra i due alleati non sembra in bilico. Secondo il Washington Post sono state schierate 12 navi da guerra americane tra il Golfo Persico e il Mediterraneo orientale.

Sintomo del sostegno alla difesa di Israele già annunciato nei giorni scorsi dal segretario Austin. Alle recenti tensioni si sommano due attacchi condotti ieri dalle Idf: a Gaza City sono morte 15 persone in un raid aereo, mentre nel sud del Libano una donna e i suoi tre figli (di 10, 12 e 20 anni) sono stati uccisi nel villaggio di Shamaa.

Nasrallah

Ieri era atteso anche il discorso del leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, in occasione dei funerali del suo consigliere militare Fuad Shukr. «Diversi paesi hanno chiesto a Hezbollah di non rispondere all’attacco israeliano alla periferia di Beirut», ha detto, aggiungendo che «l’Asse della Resistenza combatte con rabbia, saggezza e coraggio». Per Nasrallah siamo entrati in una nuova fase del conflitto, «stiamo cercando una risposta reale e molto calcolata».

Il capo del Partito di Dio è tornato anche sui fatti di Majdal Shams, dove un missile partito dal Libano ha ucciso 12 bambini. «La nostra indagine interna ha stabilito che non abbiamo nulla a che fare con quanto accaduto», ha detto, «Hezbollah lo avrebbe ammesso se avesse commesso un errore che ha portato alla morte di civili nel Golan».

Un attentato premeditato

Se confermati, i dettagli emersi dall’inchiesta del New York Times, dimostrerebbero che la decisione di uccidere Haniyeh è stata presa in primavera. Secondo sette funzionari citati, di cui due iraniani e uno statunitense, il leader di Hamas sarebbe stato assassinato da un ordigno esplosivo arrivato oltre due mesi fa nella residenza in cui alloggiava.

Sarebbe stato azionato a distanza da agenti del Mossad presenti in territorio iraniano. Israele sapeva che quella residenza a nord di Teheran, riservata a veterani di guerra, era quella usata abitualmente da Haniyeh durante le sue visite nella Repubblica islamica. Un’ulteriore dimostrazione delle falle nella sicurezza del regime di Teheran.

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