I primi missili di fabbricazione Usa hanno colpito bersagli dell’esercito russo a ottanta chilometri dal confine ucraino. Secondo il ministero della Difesa russo e fonti dei media ucraini, almeno sei missili Atacms sono stati usati per colpire un deposito di munizioni nella regione russa di Bryansk. Cinque sarebbero stati abbattuti, sostiene Mosca, e il sesto avrebbe raggiunto il suo bersaglio senza causare danni. «Ora abbiamo armi a lungo raggio, e non soltanto una. Intendiamo usarle tutte», ha commentato il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky.

L’attacco di è il primo compiuto dalle forze armate di Kiev da quando, la settimana scorsa, hanno ricevuto dalla Casa Bianca l’autorizzazione a usare armi americane a lungo raggio per colpire bersagli situati a grande distanza dal confine. Secondo le prime informazioni, il deposito di munizioni colpito si troverebbe a circa 80 chilometri dal territorio ucraino. Gli Atacms, con una gittata fino a 300 chilometri, sono alcune delle munizioni più avanzate fornite dagli Usa all’Ucraina. Fino a oggi erano state utilizzate esclusivamente nei territori ucraini occupati dalla Russia, come Crimea e Donbass.

L’attacco è circondato anche da un piccolo giallo. Secondo media statunitensi, la Casa Bianca aveva autorizzato l’utilizzo dei missili soltanto nella regione di Kursk, per aiutare gli ucraini a difendere il territorio che hanno occupato ad agosto e limitare i rischi di escalation. L’attacco, però, è avvenuto nella regione di Bryansk, a circa duecento chilometri da Kursk.

La risposta di Mosca

«È chiaro che l’occidente vuole l’escalation», ha commentato l’attacco il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, mentre si trovava in Brasile per il G20. Lavrov ha ricordato quanto già detto dal presidente Vladimir Putin, ossia che l’utilizzo di queste armi richiede la collaborazione delle forze armate dei paesi produttori e costituisce quindi un nuovo livello di coinvolgimento dei paesi Nato nel corso del conflitto in Ucraina. Dopo la notizia dell’autorizzazione a colpire, il Cremlino aveva promesso una risposta alla nuova minaccia.

Al momento, però, da Mosca arriva soltanto la notizia della firma di Putin sul decreto che modifica la dottrina nucleare russa, un documento approvato lo scorso settembre e che regola l’impiego delle armi atomiche russe. La nuova versione aggiornata della dottrina prevede una risposta nucleare anche in caso di attacchi da parte di stati privi di armi atomiche, se sostenuti da potenze che ne sono dotate. Un chiaro riferimento all’Ucraina di oggi e ai suoi alleati. Sembra improbabile, però, che la nuova dottrina sarà immediatamente applicata alla lettera. Nelle ultime settimane, nessuno stato di allerta particolare è stato rilevato tra le forze nucleari russe.

Secondo i media americani, gli Stati Uniti al momento non hanno intenzione di rispondere alla Russia con una mossa equivalente. L’Unione europea ha definito irresponsabili le parole di Lavrov. «Il fatto che abbiano annunciato questo aggiornamento della loro dottrina nucleare, in coincidenza con i mille giorni di guerra della Russia contro l’Ucraina, ha qualcosa di simbolico», ha detto l’Alto rappresentante per la politica estera, Josep Borrell.

Gli appelli di Zelensky

L’attacco missilistico ucraino è arrivato mentre in Ucraina si ricordavano i mille giorni dall’inizio dell’invasione su larga scala. Questa mattina, Zelensky si è collegato con il parlamento europeo a cui ha ripetuto la sua intenzione di concludere la guerra entro il 2025 e ha chiesto agli alleati di «fare di più» per mettere il Cremlino sotto pressione e costringerlo a trattare. Il presidente ucraino chiede nuove sanzioni, in particolare contro gas e petrolio, un percorso rapido di avvicinamento dell’Ucraina all’Unione europea, e un via libera agli attacchi in Russia come quello già arrivato da Washington.

Diversi paesi europei, però, continuano a segnalare che sono arrivati vicini al limite del supporto che per ora sono disposti a concedere all’Ucraina. La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha detto dal Brasile, dove si trova per il G20, che l’Italia non consentirà a Kiev di usare le sue armi in territorio russo. «L’Italia ha fatto un’altra scelta, siamo concentrati da sempre sul tema della difesa antiaerea», ha detto Meloni, pur ribadendo che il sostegno italiano durerà «fino a che ci sarà la guerra». Stessa posizione anche dalla cancelleria tedesca, mentre il Regno Unito sembra pronto a fornire il suo via libera agli attacchi, ma, nel frattempo, avrebbe quasi esaurito i missili da consegnare agli ucraini.

Zelensky ha poi parlato anche alla Rada, il parlamento ucraino. «Prima raggiungiamo una pace giusta, poi terremo elezioni», ha annunciato. Il suo mandato presidenziale, infatti, è scaduto a maggio, ma la legge marziale in vigore in Ucraina vieta di tenere elezioni durante un conflitto, il che ha portato alla proroga automatica dei suoi poteri. Ai deputati ucraini, Zelensky ha anche illustrato il suo nuovo “piano di resilienza", un manifesto di obiettivi per assicurare che il paese possa continuare a combattere nel 2025. Alcuni degli obiettivi presentati sono ambiziosi e rivelatori della strategia con cui a Kiev pensano di uscire dall’attuale situazione di difficoltà: per l’anno prossimo, ad esempio, Zelensky ha fissato il traguardo di produrre almeno 30mila droni e 3mila missili a lungo raggio, così da essere in grado di bombardare la Russia anche senza il sostegno degli alleati. Un altro obiettivo del piano prevede nuovi sforzi per il reintegro dei veterani nella vita civile e l’aumento del sostegno alle loro famiglie, con l’obiettivo di rendere più attraenti le forze armate e contrastare le difficoltà dei centri di reclutamento nel trovare abbastanza soldati.

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