La missione che il cardinale Matteo Zuppi ha svolto negli ultimi giorni a Mosca, dal 14 al 16 ottobre, quale inviato del papa per la crisi ucraina, resta un’impresa particolarmente difficile da portare a termine al di là delle dichiarazioni di facciata.

L’obiettivo umanitario del viaggio del presidente della Cei – la liberazione dei bambini deportati in Russia e lo scambio di prigionieri – ribadito dal Vaticano alla vigilia della partenza dell’arcivescovo di Bologna per la capitale russa e ripetuto come un mantra da tutte le autorità russe e Ucraina che hanno seguito la missione, non è un fatto scontato.

Tanto più che, nella prospettiva immaginata dalla Santa sede, nel caso in cui si apra un canale di comunicazione permanente, questo potrebbe essere d’aiuto all’avvio di un negoziato diretto fra le parti dopo quasi tre anni di guerra.

Bambini rieducati

D’altro canto, il compito del card. Zuppi è assai arduo se si tiene conto del fatto che almeno 20mila sono i bambini ucraini deportati in Russia secondo la documentazione fornita dalle autorità di Kiev; e, se questa è la cifra cui si fa riferimento per descrivere il fenomeno, il sospetto è che i casi siano molto più numerosi. Quel che sembra certo, in ogni modo, è che i minori rapiti sono sottoposti a una sorta di campagna di “rieducazione” che ha lo scopo di assimilarli alla lor nuova “patria” cancellando ogni traccia dell’identità ucraina.

Per queste ragioni, fra l’altro, la Corte penale internazionale, dopo aver raccolto la documentazione necessaria, ha emesso, nel marzo del 2023, un ordine di arresto per il presidente russo Vladimir Putin e per la commissaria presso la presidenza russa per i Diritti dei bambini, Maria Lvova-Belova, considerati responsabili di aver commesso crimini di guerra.

Tuttavia, la mediazione del Vaticano qualche risultato lo deve aver ottenuto se, come afferma, «un piccolo gruppo si è già ricongiunto alle proprie famiglie»; ragion per cui le autorità ucraine hanno ringraziato la Santa sede per l’impegno che sta profondendo e anzi hanno chiesto aiuto proprio su questo fronte della crisi. Basti ricordare la visita in Vaticano lo scorso 10 luglio della vicepresidente del parlamento ucraino Olena Kondratiuk, la quale sottolineava l’importanza «degli sforzi della Santa sede per il ritorno dei prigionieri di guerra ucraini e dei bambini deportati». Kondriatuk, fra l’altro, nell’occasione, vedeva anche il card. Zuppi.

Diplomazia e cardinali

Da ultimo, a parlarne, è stato il presidente Volodymyr Zelensky, che ha incontrato il papa in Vaticano lo scorso 11 ottobre. Subito dopo ha visto anche il segretario di Stato, card. Pietro Parolin.

Il giorno prima, era stato il capo della Chiesa greco-cattolica di Kiev, l’arcivescovo Sviatoslav Schevchuk, a essere ricevuto in udienza da Francesco. Un modo per preparare la visita di Zuppi a Mosca senza destare irritazioni e malcontento da parte ucraina. In questo senso non va dimenticata la visita compiuta dal card. Parolin a Kiev nel luglio scorso in rappresentanza del papa.

E, del resto, che il ruolo della Santa sede nell’intera vicenda sia almeno un po’ cresciuto è testimoniato dal fatto che, in questa sua seconda visita a Mosca, Zuppi sia riuscito ad avere un colloquio col ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov, cosa che non era avvenuta durante il primo viaggio dell’inviato del papa in Russia nel giugno 2023.

Così, un comunicato del ministero degli Esteri russo spiegava che «durante il colloquio le parti hanno discusso della cooperazione in ambito umanitario nel contesto del conflitto in Ucraina e hanno toccato una serie di questioni di attualità nell’agenda bilaterale e internazionale».

La stessa commissaria per i Diritti dei bambini, Maria Lvova-Belova, ha fatto sapere dopo l’incontro con Zuppi che la Russia e il Vaticano continueranno a «lavorare insieme» per il ricongiungimento dei bambini e delle famiglie russe e ucraine, sottolineando che «la collaborazione con l’inviato del papa e la nunziatura apostolica nella Federazione Russa va avanti da più di un anno», cioè dalla precedente visita di Zuppi a Mosca.

Se tutto questo lavoro diplomatico otterrà qualche risultato concreto si vedrà, il primo appuntamento è la conferenza internazionale sulla guerra in Ucraina del 30 e 31 ottobre, in Canada, dedicata appunto al ritorno dei bambini e delle persone rapite o fatte prigioniere durante il conflitto.

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