Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ha proseguito ieri il suo intenso tour europeo. Dopo aver visitato Regno Unito e Francia e dopo l’incontro di giovedì sera con la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ieri mattina si è recato in Vaticano da papa Francesco per poi volare a Berlino per incontrare il cancelliere tedesco Olaf Scholz.

Ma mentre i suoi alleati, più o meno riluttanti, lo accoglievano con grandi onori, in patria Zelensky è finito al centro di un nuovo scandalo. Il giornale online Ukrainska Pravda ha pubblicato un durissimo editoriale contro le pressioni sempre più intense che da un anno sta ricevendo dall’ufficio di Zelensky. Fondata dal giornalista Georgiy Gongadze, assassinato nel 2000, Ukrainska Pravda è una rispettata autorità nel panorama mediatico del paese. La direttrice, Sevgil Musaieva, ha raccontato a Domani cosa sta accadendo.

Qual è la situazione che Ukrainska Pravda si trova davanti?

Da almeno tutto l’anno scorso i portavoce del governo ci hanno bloccato, limitando il nostro accesso alle informazioni. Sappiamo che persone che fanno parte dell’ufficio del presidente hanno chiamato ministri, sindaci di grandi città e agenzie di sicurezza chiedendo di evitare ogni comunicazione con noi. Hanno chiamato aziende ucraine chiedendo di non fare inserzioni sul nostro giornale. Sappiamo che alcune pubblicità sono state ritirate in seguito a questa pressione. Fronteggiamo questa situazione da oltre un anno e abbiamo deciso di renderla pubblica perché sta peggiorando ulteriormente, il blocco nei nostri confronti è diventato globale. Abbiamo pubblicato un articolo in cui descriviamo la situazione perché non possiamo più stare in silenzio. Non possiamo continuare a lavorare così e il nostro lavoro è importante per tutti i nostri lettori.

Nell’editoriale citate un caso particolare avvenuto in una recente conferenza stampa.

Sì, lo scorso settembre il nostro giornalista, Roman Krevets, ha fatto una domanda al presidente, chiedendo se alcune nomine all’interno del suo staff fossero state fatte sulla base della professionalità o della lealtà. Il presidente si è arrabbiato e ha iniziato ad accusarci di lavorare per partiti e altre forze politiche. È stato un momento molto emotivo. Zelensky ci ha accusati di essere dei temnyk, una parola carica di significato per la storia ucraina degli ultimi decenni )il termine indica giornalisti o commentatori segretamente al servizio di interessi politici o gruppi oligarchici, ndr). Io nego questa accusa folle. Ukrainska Pravda combatte i temnyk da 25 anni.

Perché l’ufficio del presidente è così arrabbiato con voi?

Perché portiamo avanti una copertura critica di quello che accade in diverse sfere. Abbiamo pubblicato diverse inchieste sulla corruzione e sulle circostanze in cui viene condotta la guerra. E loro non sono felici di questo.

La vostra è una situazione comune nella stampa ucraina o un caso isolato?

Dall’inizio dell’anno sono molti i colleghi che si trovano in condizioni simili. Alla fine del 2023 c’è stato il caso di Bihus.info, un portale investigativo i cui giornalisti sono stati sottoposti a sorveglianza da parte dei servizi di sicurezza domestici. L’Sbu li ha spiati mentre usavano droghe ricreative durante un party privato in un hotel lo scorso 27 dicembre, installando telecamere nelle stanze che avevano prenotato per la festa. Altri colleghi hanno ricevuto diverse forme di pressione. Alla fine dello scorso gennaio, gli ambasciatori dei paesi del G7 hanno convocato una riunione con alcuni famosi giornalisti ucraini e lì abbiamo capito che molti fronteggiavano le nostre stesse pressioni. Alcuni, come noi, le hanno denunciate pubblicamente, altri hanno scelto di non farlo per paura di ripercussioni.

Come stanno reagendo i partner dell’Ucraina, i media di Europa e Stati Uniti vi danno solidarietà?

Sì, abbiamo ricevuto molto supporto. Il Comitato per la protezione dei giornalisti ha pubblicato un comunicato, così Reporter senza frontiere. Siamo in attesa della pubblicazione di altri attestati di sostegno. Abbiamo ricevuto molto supporto e sentiamo la solidarietà dei colleghi ucraini e di quelli internazionali.

Questa questione sembra doppiamente importante poiché il governo ucraino sostiene che la guerra in corso viene combattuta anche per difendere i valori della democrazia.

Esatto, noi ucraini combattiamo per il diritto di essere una democrazia europea e uno dei principali valori di una democrazia è la libertà di parola. Come giornalisti siamo responsabili che questo valore venga protetto. Questa è la ragione per cui abbiamo deciso di denunciare pubblicamente questa situazione. Temevamo che senza una denuncia pubblica le cose sarebbero peggiorate ulteriormente. Per noi è importante che l’Ucraina resti una democrazia anche nelle circostanze di una guerra. Il nostro paese ha pagato un prezzo altissimo per il diritto ad esistere e ad essere una democrazia. La guerra si combatte anche su questo: sulla democrazia, sulla libertà e non possiamo dimenticarci perché stiamo lottando.

Quando parliamo di pressioni sulla stampa non possiamo dimenticare che nel corso del conflitto la Russia ha preso di mira diversi giornalisti. È di questi giorni la notizia della morte in un carcere russo di una reporter ucraina, Victoria Roshchyna.

Era una nostra freelance. Negli ultimi giorni sapevamo che eravamo vicino alla sua liberazione tramite uno scambio di prigionieri. Aspettavamo che tornasse, ma quando era il momento non è arrivata. Non avevamo di cosa fosse successo e poi giovedì suo padre ha ricevuto una lettera del ministero della Difesa russa in cui lo avvertivano che sua figlia era morta. Siamo sicuri al cento per cento che sia stata torturata. Era in sciopero della fame e aveva perso molto peso negli ultimi mesi. L’hanno uccisa forse perché temevano cosa avrebbe raccontato dopo il rilascio. Victoria avrebbe di sicuro scritto cosa accade nelle prigioni russe, dove si tortura e uccide la gente. Ma in generale sono in molti i giornalisti che sono stati uccisi in prima linea e anche per questo è importante prestare attenzione a cosa accade alla libertà di stampa in Ucraina. Io personalmente spero che qualcosa cambi e che il governo e l’ufficio presidenziale cambino atteggiamento.

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