Dalla famiglia Milosevic all’ex presidente ucraino Yanukovic, passando per vari oligarchi ricercati. Il Cremlino non molla quasi mai i suoi fedelissimi: lasciarli in balia dei collassi dei loro Stati potrebbe scoraggiare i futuri alleati della Federazione
È triste, solitario e final. È Bashar al Assad, fuggito dalla sua Damasco assediata, in Russia. Nella caricatura – tra le più virali degli ultimi giorni sul web - l'ormai ex presidente siriano fissa il vuoto accasciato intorno a un tavolo. A fargli compagnia un particolare compagno di bevute e di tristezza: l'ex presidente ucraino Viktor Yanukovic.
Affogano insieme dispiaceri nella vodka, sono affranti e sono a Mosca, la città del presidente che ha salvato entrambi: Vladimir Putin. Il Cremlino non molla quasi mai i suoi fedelissimi: lasciarli in balia dei collassi dei loro Stati, potrebbe scoraggiare i futuri, prossimi alleati della Federazione. Adesso Mosca è un presepe di caudilli ricercati, transfughi miliardari, famiglie di ex capi di Stato finiti alla Corte di giustizia internazionale.
Dopo mezzo secolo la dinastia Assad è finita, ma non l'agio dorato del presidente che aveva ereditato il potere da suo padre nel 2000. Bashar condurrà la sua seconda vita da esiliato tra i grattacieli specchiati del distretto finanziario della Capitare russa, nella zona tirata su nei 2000 quando gas e petrolio pompavano miliardi di rubli nelle casse, e dove dai primi anni della crisi del suo regime, l'ex numero uno di Damasco aveva cominciato a comprare decine di appartamenti per decine di milioni di dollari.
Uno dei suoi figli, Hafez, si è laureato in matematica a Mosca, dove abita anche un altro fuggitivo che, più che dittatore, è stato chiamato più volte marionetta di Putin.
Il buon ritiro di Yanukovich
Quando le fiamme e le proteste della rivoluzione di Maidan hanno dissolto il suo governo nel febbraio 2014, si è rifugiato nella Federazione anche Viktor Yanukovich, l'ex presidente ucraino costretto alla fuga dai manifestanti.
Fonti accreditate lo vogliono residente della Rublyovka, quartiere sfarzosissimo ed inavvicinabile dell'élite russa, in una dimora non certo ciclopica come quella che possedeva in Ucraina, ma costata 50 milioni di dollari.
Secondo la procura di Kiev nei dintorni ci sono anche i vertici del suo Partito delle Regioni. L'ucraino Oleksandr Yakymeko, ex direttore dei servizi di sicurezza Sbu fuggito con quindici alti gradi, si nasconde invece in Crimea, la penisola che ha accolto anche Pavlo Lebedyev, ex ministro della Difesa ucraina.
La famiglia Milosevic
Se a certi moscoviti può capitare di avere per vicino di casa un dittatore, a certi altri può capitare di avere alla porta accanto il figlio di Slobodan Milosevic. La “Lady Macbeth dei Balcani”, Mirjana, moglie dell'ex presidente yugoslavo accusato di genocidio e morto all'Aja nel 2006, è deceduta a 76 anni nel 2019, ma a Mosca è rimasto suo figlio Marko.
Riuscito a rimanere fantasma invisibile per decenni, è riemerso circa un anno fa durante una cerimonia organizzata da Aleksandr Zaldastanov, fondatore dei Night Wolves, i “lupi della notte” in motocicletta, ultranazionalisti che amano – e sono ricambiati - il presidente russo. L'occasione imponeva al serbo di uscire dall'oscurità: veniva inaugurato un bronzo di due metri in onore di suo padre, prima “vittima della Nato”.
Alcuni media vogliono Milosevic junior oggi sposato con la figlia dell'ex presidente della Corte costituzionale e ormai cittadino russo. (Lo è diventato anche un altro figlio di papà ad ottobre 2024: Oleksandr, il figlio maggiore di Yanukovich).
Quando l'onda delle prime proteste ha cominciato a percorrere e scuotere la mappa dell'ex Unione Sovietica, il Cremlino ha cominciato ad accogliere chi veniva spodestato dalle rivoluzioni dei fiori negli Stati che prima orbitavano nel suo universo comunista.
Gli altri fuggiaschi
Mosca ha aperto le sue porte a Askar Akayev, primo presidente del Kirghisistan, rovesciato durante la rivoluzione dei tulipani nel 2005. Poi ha fatto fuggire anche il secondo, Kurmanbek Sali Bakiyev, riparatosi infine nello Stato di Lukashenko, in Bielorussia. Da qualche parte in Russia c'è anche Aslan Abashidze, ex leader della regione autonoma Agiaria, Georgia: prima di lasciarla per sempre, ha rubato milioni di dollari ed è stato condannato in contumacia dalla Corte di Tblisi.
Non tutte le canaglie che il Cremlino nutre e coltiva riescono a salvarsi. Anzi, alcune, pure quando raggiungono Mosca, non riescono a restarci a lungo.
In Russia era scappato anche Ilja Kyva, deputato, ucraino e filorusso, che aveva chiesto a Putin l'asilo politico nel 2022, nel primo anno di guerra. Nel secondo già non era più vivo: in uno dei centri abitati del distretto Odintsovo, regione della Capitale, è stato raggiunto dalle forze speciali ucraine che l'hanno ammazzato.
Kyva era un allineato dell'ex oligarca ucraino filorusso Viktor Medvedchuk. In uno scambio prigionieri il tycoon amico di Putin è stato ceduto in cambio di duecento ucraini nel settembre 2022 e adesso anche lui è a Mosca. In qualche variante delle caricature satiriche apparse in questi giorni c'è anche lui: sta insieme a Bashar e Vikor, una troika di uomini che dal vertice del potere, sono finiti dietro una finestra russa ad apprezzare il panorama della Federazione. Che è la più estesa al mondo, ma dalla quale non potranno uscire mai più.
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