L’Italia ha ufficialmente battuto un altro colpo sulla liberazione di Cecilia Sala di fronte alle reticenze del regime iraniano. Nella giornata di ieri ha consegnato la richiesta ufficiale di liberazione della giornalista, di 29 anni, detenuta nella prigione di Evin, nella capitale Teheran. La diplomazia italiana ha quindi chiesto un chiarimento sulle condizioni di detenzione della cronista. Emergono infatti dettagli preoccupanti: la collaboratrice del Foglio e di Chora Media è in isolamento, in una stanza stretta, senza nemmeno un letto su cui appoggiarsi.

Per dormire ha solo due coperte, una da sistemare sul pavimento e un’altra da mettersi addosso per ripararsi dal freddo. Sala ha riavuto il permesso di parlare con la propria famiglia solo nella giornata di ieri. Ma le telefonate sono ascoltate dai carcerieri. Ed è sottoposta alla cosiddetta tortura bianca, ossia una luce accesa 24 ore al giorno per evitare di far capire se sia giorno o notte. 

La mossa è stata ratificata dall’ambasciatrice italiana in Iran, Paola Amadei, che aveva già chiesto un nuovo incontro con Sala. È stata quindi lei ad aver affidato alle autorità della Repubblica islamica una nota in cui «chiede nuovamente il rilascio immediato della cittadina italiana Cecilia Sala», ribadendo inoltre la «possibilità di fornire generi di conforto» con la «garanzia che questi vengano effettivamente consegnati» davvero alla giornalista.

L’annuncio di Tajani

Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, aveva già annunciato un’iniziativa formale per ottenere qualche risposta dall’Iran. Dopo poche ore, poi, sono arrivate le parole del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, durante il discorso di fine anno al Quirinale: «Interpreto, in queste ore, l’angoscia di tutti per la detenzione di Cecilia Sala. Le siamo vicini in attesa di rivederla al più presto in Italia».

Un appello che ha ribadito la vicinanza al lavoro dei cronisti impegnati a fare il proprio lavoro nei teatri più complicati: «Quanto avviene segnala ancora una volta il valore della libera informazione», ha sottolineato il capo dello Stato.

Insomma, un’azione congiunta ai piani più alti delle istituzioni che segnala un aumento della pressione della diplomazia italiana. «I tempi e le modalità di detenzione della cittadina italiana Cecilia Sala saranno un’indicazione univoca delle reali intenzioni e dell’atteggiamento del sistema iraniano nei confronti della Repubblica italiana», hanno fatto sapere dalla Farnesina. Tajani aveva già auspicato il secondo incontro tra l’ambasciatrice Amidei e la 29enne giornalista. «Stiamo lavorando con grande discrezione per risolvere questo intricatissimo problema. Ce la stiamo mettendo tutta, siamo in contatto con la famiglia costantemente», ha dichiarato il vicepremier.

Nel governo il dossier è nelle mani principalmente di Tajani, ma in asse con la premier Giorgia Meloni e il sottosegretario alla presidenza, Alfredo Mantovano, titolare della delega ai servizi.

Anche il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, rientra nel gruppo ristretto che, all’interno dell’esecutivo, sta portando avanti la strategia per arrivare alla liberazione di Sala, in carcere dallo scorso 19 dicembre e che a breve potrà ricevere assistenza legale. Solo qualche giorno fa le autorità iraniane hanno reso noto che l’arresto è avvenuto per una generica «violazione delle leggi della repubblica Islamica».

Una motivazione che conferma come l’arresto di Sala sia il mezzo per raggiungere l'obiettivo di uno scambio con Mohammad Abedini Najafabadi, il cittadino arrestato a Malpensa il 19 dicembre scorso su richiesta degli Stati Uniti.

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