Nelle ultime 48 ore ci sono stati 21 sbarchi, per un totale di oltre 900 migranti. Tra loro, donne, bambini e alcune persone disabili. Il ddl Sicurezza potrebbe rendere più difficili i soccorsi
A Lampedusa fa ancora molto caldo, sembra quasi che sull’isola l’estate non finisca mai. In questi giorni il mare è stato calmo ed è proprio per questo che decine di barconi sono salpati dalle coste del nord Africa e sono arrivati sull’isola.
Nelle ultime 48 ore ci sono stati 21 sbarchi, per un totale di oltre 900 migranti. Tra loro donne, tanti bambini e alcune persone con problemi di disabilità. L’hotspot di contrada Imbriacola, gestito dalla Croce Rossa, si è riempito dopo settimane in cui le presenze sono state limitate, ma già mercoledì mattina 264 migranti sono stati traferiti sulla terraferma.
Gli altri sono al sicuro con medici e psicologi, per affrontare gli orrori che hanno vissuto prima ancora della traversata nel Mediterraneo.
«Intanto – dicono i soccorritori – ringraziano di essere vivi, perché sanno che tanti non ce l’hanno fatta». Tanti sono morti in mare qualche giorno fa al largo della Tunisia, quando una barca di lamiera è affondata e ha causato la morte di 15 persone. «I dispersi sono almeno 10», dice Flavio Di Giacomo dell’Oim, l’organizzazione internazionale delle migrazioni.
«Nonostante il calo degli arrivi, il numero dei morti in mare resta altissimo – dice ancora – a dimostrazione del fatto che il sistema di soccorso in mare è insufficiente». Da gennaio 2024 si contano quasi 1.500 vittime accertate mentre il numero dei dispersi è incalcolabile.
Nel Mediterraneo si continua a morire. E questo è uno dei messaggi che verrà lanciato proprio giovedì 3 in occasione della commemorazione delle vittime del terribile naufragio avvenuto la notte tra il 2 e il 3 ottobre 2013 davanti alle coste di Lampedusa. Sono passati undici anni da quella notte in cui, in una delle peggiori tragedie avvenute davanti le coste italiane, morirono 368 persone.
Quella data è diventata un appuntamento fisso per Lampedusa, non solo per onorare le vittime ma anche per celebrare coloro che quella notte sfidarono il pericolo pur di salvare esseri umani. Nella giornata di oggi il comune di Lampedusa e il Comitato 3 ottobre hanno in programma molti appuntamenti, alla presenza di alcuni familiari delle vittime, di alcuni superstiti e di tantissimi ospiti, tra cui 500 studenti provenienti da sei differenti paesi.
In occasione di questa giornata, la fondazione Gariwo inaugura un nuovo giardino dei Giusti, allestito nel centro storico, in una piazzetta affacciata sul porto. Questa volta è dedicato ai pescatori e alle famiglie di Lampedusa che, allora come oggi, sfidano il pericolo pur di salvare vite umane e aprono le loro porte, quando è necessario. Proprio com’è accaduto a settembre dell’anno scorso, quando migliaia di migranti trovarono riparo nelle strade e nella chiesa dell’isola. «Lampedusa accoglie, lo abbiamo sempre fatto e lo faremo sempre.
E anche i turisti che vengono a trovarci, in caso di necessità, si prodigano per la salvezza», dice don Carmelo, che guida la parrocchia. E infatti, qualche settimana fa alcuni turisti in barca si sono trovati di fronte a un barchino che stava per affondare e hanno cercato di salvare quante più persone possibile. Ma, sgomenti, hanno visto anche morire qualcuno, tra cui dei bambini.
Le partenze non si fermano
Quando il 3 ottobre del 2013 si contarono le vittime, si pensò che mai più ci sarebbe stata un’altra tragedia simile. E invece è accaduto ancora tante volte, come a Cutro la notte del 25 febbraio dell’anno scorso, quando ad annegare furono in 94. «Dal 2014 sono più di 30mila i morti nel Mediterraneo – dice Valeria Taurino, direttrice generale della ong Sos Mediterranee – ma ce ne saranno sempre di più se non si cambieranno queste politiche ciniche e mortali».
Anche perché le partenze dal nord Africa non si fermeranno. Gli accordi che il governo Meloni ha siglato con la Tunisia hanno indubbiamente fatto diminuire il numero di barchini diretti verso l’Italia, ma di fatto quei soldi contribuiscono anche ad alimentare il business dei contrabbandieri. «La polizia di frontiera viene pagata per imprigionare i migranti e deportarli nel deserto – spiega un’attivista che lavora a Sfax – ma poi prende le tangenti per far passare qualcuno, così da non bloccare il traffico».
Lo stesso accade in Libia, dove negli ultimi tempi la rete dei trafficanti si è concentrata sulle coste della Cirenaica. Con la guerra in corso in Libano, poi, circa 150mila rifugiati si stanno spostando ai confini con la Siria, aspettando di capire se attraversare la frontiera o attendere la fine dei bombardamenti al sud. «I trafficanti stanno preparando le partenze dal porto siriano di Tartous», spiega il giornalista libanese Hani.
Nelle prossime settimane, dunque, potrebbero esserci nuovi arrivi dalla rotta siriana o nuovi naufragi, dal momento che il tragitto verso l’Italia è lungo e insidioso e il soccorso in mare sempre più limitato. Il decreto sicurezza in discussione in queste ore in Parlamento potrebbe inasprire le regole per il soccorso in mare. «Siamo preoccupati – spiega ancora Valeria Taurino di Sos Mediterranee – perché il decreto potrebbe ancora di più criminalizzare le ong, confermando le attuali politiche che scaricano su paesi terzi come Libia e Tunisia le responsabilità dei soccorsi in mare. Nonostante non siano paesi sicuri».
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