Centodieci droni russi contro l’Ucraina, più di 70 ucraini contro la Russia. È il bilancio dell’ultima notte di bombardamenti tra i due paesi in guerra, un bilancio divenuto ormai quotidiano. Gli attacchi con decine di droni suicidi sono divenuti la normalità di questo conflitto, e anche gli abitanti della capitale ucraina Kiev non ricordano più una notte senza allarmi aerei. Soltanto nel mese di ottobre, i russi avrebbero usato in Ucraina circa 2mila droni a lungo raggio, centinaia quelli ucraini lanciati in Russia; 34 quelli lanciati soltanto contro Mosca nel fine settimana, in quello che fino a oggi è stato il più massiccio attacco contro la capitale russa.

Droni e missili

I droni a lungo raggio che dominano i cieli ucraini e russi possono essere letali: cinque persone sono morte in un attacco avvenuto sabato notte contro la città di Mykolaiv, nel sud dell’Ucraina, mentre in Russia i droni ucraini hanno seriamente intaccato l’industria di raffinazione petrolifera, e un deposito di carburante nella regione di Belgorod era uno dei bersagli dell’attacco della scorsa notte. Ma sono comunque poca cosa rispetto ai massicci attacchi di missili a lungo raggio che l’aviazione russa ha sospeso da oltre un mese e che gli ucraini, per il momento, non sono autorizzati a compiere. Le cose, però, potrebbero presto cambiare.

A fine ottobre, il Financial Times ha rivelato trattative segrete in corso tra i due paesi per sospendere gli attacchi contro le reciproche infrastrutture energetiche. Da allora non ci sono più notizie riguardo al dialogo che sarebbe in corso in Qatar. Se le trattative si fossero arenate, potrebbe significare che presto la Russia lancerà un nuovo massiccio attacco missilistico contro le superstiti centrali energetiche ucraine. Nel paese è arrivato l’inverno, i riscaldamenti sono accesi da una settimana, e l’infrastruttura energetica, gravemente danneggiata questa primavera, è a un passo dal collasso.

L’incognita Trump

Se si arrivasse a questo punto, gli ucraini, però, potrebbero essere messi presto in condizioni di rispondere ad armi pari, o quasi. Almeno, questo è quello che alcuni a Kiev deducono dalle figure che il presidente eletto degli Stati Uniti, Donald Trump, ha indicato per due ruoli chiave del suo futuro gabinetto: il segretario di Stato, Marco Rubio, e il consigliere per la Sicurezza nazionale, Mike Waltz.

Entrambi sono Nato-scettici e critici sulle spese affrontate per l’Ucraina. Ma sono anche dei falchi favorevoli alla linea dura con gli avversari degli Stati Uniti. Waltz, in particolare, ha detto in un’intervista rilasciata una settimana fa che gli Stati Uniti hanno le «leve necessarie per portare Putin al tavolo delle trattative», ad esempio «lasciare mano libera agli ucraini con le armi a lungo raggio che gli forniamo» così da poter colpire la Russia in profondità, quello che Zelensky chiede da oltre un anno e che l’amministrazione Biden gli ha sempre negato.

Si tratta di un’idea in linea con lo slogan di Trump «Pace attraverso la forza», che Zelensky ha ripetuto e apprezzato nel suo messaggio di congratulazioni per la vittoria del candidato repubblicano. Esercitare maggiore pressione su Putin per costringerlo a trattare è da tempo la strategia di Kiev e, nel caso dovesse fallire, contribuirà in ogni caso ad allontanare le prospettive di una pace imposta che il governo non vede certo bene.

Più che di missili, però, l’esercito ucraino avrebbe bisogno di reclute. A Kursk, la regione russa parzialmente occupata lo scorso agosto, i circa diecimila difensori sostengono di aver respinto 50mila soldati russi (cifre da prendere con cautela: i russi sostengono di aver ucciso o ferito 32mila soldati ucraini in tre mesi nella stessa regione): una storia di una difesa eroica, ma che sottolinea la disperata situazione degli ucraini e la crescente superiorità numerica dei russi.

Problemi di reclutamento

Cifre a parte, gli analisti e gli stessi militari ucraini concordano sul fatto che al fronte mancano i soldati e che l’avanzata record delle truppe russe nelle ultime settimane è da imputare soprattutto ai risultati non soddisfacenti del reclutamento. Alla fine di ottobre, il presidente del Consiglio di sicurezza ucraino, Oleksandr Lytvynenko, ha detto al parlamento di Kiev che le forze armate hanno bisogno di almeno 160mila altri soldati.

Anche se le nuove leggi sulla mobilitazione approvate a maggio hanno contribuito ad aumentare il numero di reclute, la situazione rimane difficile. Nel tentativo di rendere il servizio militare più attraente, il governo ha approvato una modifica al regolamento che consente ai militari di chiedere il trasferimento a un’altra unità. In futuro, lo si potrà fare tramite l’app delle forze armate che dovrà fornire una risposta entro 72 ore.

Lo staff del presidente, intanto, ha organizzato un incontro tra il comandante dell’esercito, Oleksandr Syrsky, e alcuni blogger e volontari particolarmente popolari sui social ucraini. Tra loro c’era anche Serhiy Sternenko, un controverso influencer super patriottico, ma particolarmente critico con le forze armate e accusato di legami con l’estrema destra e il mondo criminale. Ultimamente Sternenko, i cui video vengono visti da milioni di ucraini, ha accusato Syrsky di avergli fatto inviare una lettera di mobilitazione per rappresaglia nei confronti delle sue critiche.

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