Donald Trump ha telefonato a Vladimir Putin oppure no? C’è stato davvero un contatto, magari indiretto, tra i due leader, oppure il Washington Post, il primo a rivelare la telefonata che sarebbe avvenuta domenica, è stato vittima di una polpetta avvelenata, o di un ballon d’essai? Una cosa è certa. La diplomazia trumpiana verso la Russia è iniziata con uno scivolone, e a Kiev, dopo giorni di preoccupazione seguiti alla vittoria elettorale del repubblicano, non possono esserne che felici.

Il voto di martedì scorso aveva fatto sudare freddo molti in Ucraina. Qui nessuno dimentica le promesse e i piani di Trump e del suo staff per far finire la guerra «in meno di 24 ore», che molti ucraini leggono come una capitolazione imposta dall’alto al loro paese, né le sue battute sul presidente Volodymyr Zelensky che, dopo ogni viaggio in Usa, torna a casa pieno di soldi dei contribuenti americani; il figlio di Trump ha condiviso in questi giorni un meme con la foto del presidente ucraino e la scritta: «Tra pochi giorni finisce la paghetta».

Senza aiuti militari americani, che almeno in apparenza sembrano destinati a finire relativamente presto, per Kiev sarà impossibile non solo contrattaccare, ma anche difendersi. Le truppe russe avanzano già oggi, con l’esercito ucraino sostenuto da Washington, e minacciano la testa di ponte di Kursk, dove, secondo fonti americane, si sarebbero radunati 50mila soldati russi pronti a un nuovo contrattacco.

Ma ogni incomprensione tra Putin e Trump significa una possibilità per Kiev: nella capitale ucraina, un’intesa perfetta tra i due presidenti fa paura quasi quanto le bombe del Cremlino. E la telefonata di questi giorni, reale o presunta, sembra in ogni caso uno scivolone che rivela come tra i due i rapporti non saranno semplici, e il risultato del loro dialogo non facile da prevedere.

Smentite continue

Ma cosa sappiamo davvero di questa telefonata? In campagna elettorale, Trump aveva promesso di concludere la guerra in Ucraina «in 24 ore», prima ancora del suo insediamento. Dopo la vittoria al voto di martedì, Putin si è subito detto disponibile a dialogare con il futuro inquilino della Casa Bianca, anche prima della sua entrata in carica ufficiale.

Arriviamo così a domenica, quando fonti vicine al presidente americano hanno rivelato al Washington Post la prima telefonata avvenuta tra i due. Ieri, però, a quasi 24 ore di distanza, il portavoce del Cremlino, Dimitri Peskov, ha completamente smentito la chiamata. «Pura invenzione», l’ha definita.

Che cosa sia avvenuto realmente rimane avvolto nel dubbio. Forse non c’è stata una telefonata diretta tra i due, ma messaggi sono passati attraverso intermediari. In ogni caso, è utile ricordare cosa Trump avrebbe detto a Putin.

Secondo le persone vicine al presidente eletto che con ogni probabilità hanno passato la notizia della telefonata al Washington Post, Trump avrebbe messo in guardia il presidente russo dal compiere «ulteriori escalation» in Ucraina, ricordando la «massiccia presenza di soldati Usa» in Europa, per poi ribadire di essere comunque pronto a dialogare per concludere il conflitto.

Un messaggio di apertura a negoziati, quindi, accompagnato però da minacce non tanto velate. Sembra, in altre parole, la classica strategia negoziale di Trump: impostare la trattativa con una dimostrazione di sicurezza e di forza. Un linguaggio che Putin comprende perfettamente.

La sua risposta è arrivata prima dell’alba di lunedì, con il decollo dei bombardieri pesanti russi diretti verso le posizioni di lancio da cui di solito partono i missili diretti in Ucraina. Era da oltre un mese che i russi non colpivano le città ucraine con lanci di massa di missili a lungo raggio, limitandosi ad attacchi di droni, più economici, ma anche meno efficaci.

A Kiev, si è temuto che la tregua missilistica fosse terminata, e la società energetica nazionale ha staccato la corrente da buona parte delle principali città ucraine, per proteggere i sistemi in caso di attacco. Ma i bombardieri sono tornati alla base senza lanciare i loro missili. Poche ore dopo questa dimostrazione di forza, è arrivata la smentita della telefonata. Il messaggio che il Cremlino vuole comunicare tramite questa sequenza di eventi sembra abbastanza chiaro: nessuno si può permettere di minacciare il presidente Putin.

La reazione ucraina

Dal lato di Kiev, l’intera faccenda delle telefonate tra i due leader si è rivelata un pasticcio quasi altrettanto grande. Prima, fonti diplomatiche ucraine hanno detto ai giornali di essere state informate della telefonata e di averla approvata. Poche ore dopo è arrivata la smentita ufficiale del ministero degli Esteri, secondo cui Kiev non era stata messa al corrente della conversazione e quindi non avrebbe potuto dare il suo via libera.

Questa confusione mostra con chiarezza le difficoltà in cui si dibatte il governo ucraino in queste ore. Da un lato non può che temere Trump e la sua disponibilità a trattare la sorte del paese senza consultarne la leadership. Dall’altro, l’imprevedibilità del presidente eletto e i suoi noti colpi di testa potrebbero fargli gioco. A proposito di Trump «sono più ottimista di quanto si possa pensare», ha detto ieri, in un’intervista al sito indipendente russo Meduza, Mikhailo Podolyak, spin doctor del presidente Zelensky.

Che si tratti di aspettative razionali o di tentativi di fare buon viso a cattivo gioco, la misteriosa telefonata sembra confermare le speranze di Podolyak e altri a Kiev.

Il messaggio che Trump ha voluto far passare era caratterizzato dalla fermezza. La risposta di Putin sembra un netto respingimento di questo atteggiamento. Kiev, in mezzo, pensa di poterci guadagnare.

© Riproduzione riservata