Un voto dalla portata storica destinato potenzialmente a tracciare la rotta del futuro di un intero popolo. Capita poche volte che i risultati delle urne promettano di avere un tale impatto sulla vita politica, ma oggi la Moldavia si trova davvero davanti al più classico degli aut aut. A Chișinău e in tutto il paese, comprese le regioni separatiste della Transnistria e della Gagauzia, ci si recherà al voto per le elezioni presidenziali e per il referendum sull’inserimento della prospettiva di adesione all’Unione europea all’interno della Costituzione.

«Se il referendum passerà, rafforzerebbe l’impegno della Moldavia verso l’integrazione europea a livello costituzionale, rendendo più difficile per i futuri governi invertire la rotta e rafforzando la posizione della Moldavia nei futuri negoziati», spiega Carolina Ungureanu, direttrice dell’Idsi – Institute for Development and Social Initiatives “Viitorul” di Chișinău. «Inoltre, invierebbe un segnale chiaro sia all’Unione europea sia alla Russia sulla direzione futura della Moldavia».

Nel dicembre 2023, infatti, Bruxelles aveva avviato contestualmente i negoziati per l’adesione di Moldavia e Ucraina. Il necessario processo di allineamento giuridico e istituzionale si basava sui progressi nel campo di riforme in settori determinanti come lo stato di diritto, la corruzione, la riforma della pubblica amministrazione e lo sviluppo economico. Il voto di oggi determinerà se e con quale vigore il paese vorrà procedere in questa direzione: l’attuale presidente Maia Sandu, schierata contro gli sfidanti Alexandr Stoianoglo e Renato Usatii, è vista dai sondaggi intorno al 35 per cento, e una sua rielezione promette di imprimere un’accelerazione decisiva al percorso di adesione, mentre in caso contrario si prospetta un ritorno sotto la sfera d’influenza russa.

Interferenze

«Modificare la Costituzione e includere l’intenzione di aderire all’Ue formalizzerebbe l’obiettivo strategico del paese di integrare l’Europa a livello legale più alto e diventerebbe una dichiarazione chiara della direzione della Moldavia in termini di politica estera», dice Ungureanu. Già lo scorso giugno più di 56mila cittadini moldavi con passaporto rumeno hanno votato per le elezioni europee nei 52 seggi allestiti a Chișinău e nel resto del paese.

Segno di una volontà diffusa che, però, in questi mesi di campagna elettorale è stata minata da una serie di iniziative come attacchi informatici, campagne di disinformazione, pressioni economiche e manipolazione energetica: si tratta, in sintesi, della cosiddetta “guerra ibrida” messa in campo «da attori esterni, in particolare dalla Russia, per minare la stabilità politica, la coesione sociale e l’allineamento della Moldavia con le istituzioni occidentali».

Il target principale della propaganda antieuropea, del valore stimato di quasi 100 milioni di euro, sono state la minoranza russofona e la popolazione delle aree rurali, infarcita di messaggi sulla difesa dei valori tradizionali e sulla rappresentazione della Russia come protettrice dalle minacce occidentali. «Gli oligarchi Ilan Shor e Veaceslav Platon, noti per il loro coinvolgimento in scandali di corruzione di alto profilo e per i loro legami con interessi pro russi, hanno utilizzato i media e le campagne politiche per plasmare narrazioni che minassero il percorso europeo della Moldavia», spiega la direttrice dell’Idsi.

Fattore povertà

Se l’adesione è il futuro auspicato da una buona parte della popolazione moldava, con in testa la presidente Sandu, d’altro canto vanno sottolineate le forti criticità che insistono sul secondo paese più povero d’Europa, schiacciato da un tasso di disoccupazione del 7 per cento, un alto grado di corruzione e numerosi problemi legati al separatismo regionale. «Nonostante le promesse di Sandu sull’integrazione europea, spesso associata a un miglioramento della governance, degli investimenti e della crescita economica, molti cittadini sono concentrati sulle proprie difficoltà immediate», continua Ungureanu. Tra ampie fasce di popolazione costrette a vivere di sussistenza e la costante fuga di cervelli che impatta principalmente i più giovani, la presenza di due entità fortemente coese dietro il sentimento filorusso e antieuropeista rende difficile la reale unificazione del paese.

A Tiraspol, capoluogo della Transnistria, contingenti russi sono posti a difesa di infrastrutture militari strategiche per l’esercito di Mosca, mentre Comrat, la prima città della Gagauzia, intrattiene costanti relazioni economiche e politiche con il Cremlino per mezzo della governatrice Evghenia Gutul, sanzionata dagli Stati Uniti a giugno per via della sua vicinanza a Shor, che avrebbe trasferito 15 milioni di dollari in Moldavia per tentare di orientare il voto di oltre 130mila elettori.

Un’integrazione possibile

Il referendum per l’inserimento della volontà di adesione europea all’interno della carta costituzionale rappresenta un appuntamento decisivo tanto per i destini della Moldavia quanto per tutti gli stati un tempo inseriti nell’orbita sovietica. Fra questi spicca senz’altro la Georgia: dopo le proteste contro la cosiddetta legge sugli Agenti stranieri, caldeggiata negli scorsi mesi dal partito di governo Sogno georgiano con la motivazione di difendere il paese dalla propaganda occidentale, il prossimo 26 ottobre anche i cittadini di Tbilisi saranno chiamati alle urne per eleggere il nuovo parlamento.

«Sia la Moldavia che la Georgia condividono una lotta comune contro l’influenza russa, e gli esiti di questi voti potrebbero influenzare i loro percorsi verso l’integrazione europea. Una vittoria del fronte europeista in Moldavia, dopo un esito simile in Georgia, isolerebbe ulteriormente la Russia a livello geopolitico e indebolirebbe la sua influenza regionale, incoraggiando l’Ucraina nella sua lotta per la sovranità e il suo futuro europeo».

Il referendum di oggi, dunque, si configura come un test definitivo della volontà della Moldavia di andare verso l’integrazione europea e del suo desiderio di smarcarsi dall’influenza del Cremlino, delineando un orientamento geopolitico che in linea di principio potrebbe avere un forte impatto anche sull’universo postsovietico. Perché se anche altri paesi ex satelliti dell’Urss dovessero cominciare a muovere passi in direzione contraria rispetto a Mosca questo dimostrerebbe, con un’enorme portata simbolica, che l’integrazione europea è tutt’altro che un miraggio.

© Riproduzione riservata