Al di là dei proclami, la Cina vuole un ruolo più centrale nelle trattative per il cessate il fuoco. Putin: «Xi sarà ospite d’onore del V-Day a Mosca». E Trump si dice «frustrato» con il Cremlino
Kiev – L’abbraccio tra Cina e Russia rimane solido e la loro relazione improntata alla dottrina «Amici per sempre, mai nemici», come l’ha definita a Mosca il ministro degli Esteri cinese, Wang Yi. Al tempo stesso Pechino vuole anche una rapida pace in Ucraina e punta a svolgere un ruolo crescente nelle trattative per raggiungere il cessate il fuoco.
Questo, in sintesi, il succo del primo giorno della visita di Wang in Russia, che durerà fino a mercoledì. Significativamente, durante l’incontro con il capo della diplomazia cinese, lo stesso Vladimir Putin ha annunciato che il suo omologo cinese, Xi Jinping, sarà l’ospite d’onore alla parata del V-Day, ossia l’anniversario per ricordare gli 80 anni della vittoria sul nazifascismo, che si terrà a Mosca il 9 maggio.
Grande armonia
Insomma, grande armonia e nessuna possibilità di separare un paese dall’altro, risultato a cui punterebbe Washington con il suo corteggiamento del Cremlino e che Wang rigetta con una scrollata di spalle: si tratta di un’idea che arriva da una mentalità superata dei «blocchi».
Ma non sono tutte sviolinate quelle che Wang ha portato con sé. Pechino insiste affinché gli sforzi di pace in Ucraina non vengano abbandonati, anche se, ammette, i passi compiuti fino ad ora «non sono così significativi». Un segnale per Putin, che sa bene che è la sua diplomazia a rallentare le trattative in questa fase. L’intervento di Wang è stato visto da alcuni come un modo per ottenere un ruolo crescente nel processo di pace, nella speranza di accelerarlo e influenzarlo.
È da tempo che la diplomazia cinese cerca di avere un ruolo maggiore nella soluzione della crisi ucraina, ma fino ad ora con scarso successo. Un piano di pace elaborato l’anno scorso era stato bruscamente respinto dagli ucraini e silenziosamente accantonato dai russi. Ora che le prospettive di un cessate il fuoco si fanno più concrete, anche se ancora molto lontane, l’ipotesi dell’invio di un contingente internazionale in Ucraina a tutela della tregua ha riacceso l’attenzione su Pechino.
Da settimane circolano ipotesi su un possibile interesse cinese all’invio di truppe di pace in futuro, ma fino ad ora le notizie sono sempre state smentite da Pechino. Ad oggi il governo ucraino ha sempre trattato la Cina con circospezione, anche per evitare di irritare il potente alleato americano. Ma con i mari burrascosi che dividono Trump dal presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, a Kiev cresce il numero di quelli che suggeriscono un avvicinamento alla Cina come contrappeso alla Russia.
Proprio martedì, Trump è tornato a minacciare Zelensky di «gravi conseguenze» se non firmerà il nuovo accordo minerario, un documento che, secondo le bozze pubblicate dalla stampa, imporrebbe una sorte di protettorato economico sull’Ucraina, intesa respinta finora da Kiev come inaccettabile. Ma anche Putin sembra aver tirato la corda troppo a lungo con la Casa Bianca con le sue continue scuse per ritardare e limitare la messa in atto del cessate il fuoco richiesto da Trump.
Non a caso il presidente americano si è detto (per bocca della portavoce Karoline Leavitt) «molto frustrato» sia nei confronti di Putin, per le sue continue tattiche dilatorie (pochi giorni fa aveva minacciato nuove sanzioni sul petrolio russo), che nei confronti di Zelensky.
Gossip politici
Kiev intanto denuncia nuovi attacchi contro la sua rete energetica, in violazione della mini-tregua concessa da Putin. Nella città di Kherson, lungo il fiume Dnipro e molto vicino al fronte, bombe russe avrebbero interrotto la fornitura energetica a 45mila persone. Un altro episodio destinato a irritare Trump, che ha mediato personalmente con Putin l’accordo. Intanto, nella capitale ucraina si è tornato a parlare di elezioni, con retroscenisti, parlamentari e analisti politici che diffondono indiscrezioni sulla possibilità di un voto entro la fine dell’anno.
L’idea sarebbe accarezzata dallo stesso team di Zelensky, che ha preso fiducia da una serie di sondaggi recenti che hanno mostrato il gradimento del presidente tornare ai livelli dei primi mesi di guerra, in seguito agli attacchi di Trump.
La situazione militare
Nel frattempo, in Russia è iniziata l’annuale chiamata alle armi di primavera. Ci si attende il reclutamento di circa 160mila giovani russi tra i 18 e i 30 anni, che serviranno per un anno. Per legge non potranno essere inviati a combattere in Ucraina, una disposizione che fino ad oggi il Cremlino è sembrato in larga misura rispettare. Soldati di leva sono stati usati in alcune circostanze nella regione russa di Kursk, ma in seguito alla riconquista del territorio e al respingimento degli ucraini entro i loro confini, saranno probabilmente tenuti in gran parte lontani dai combattimenti.
E proprio la fine dell’offensiva di Kursk inizia a preoccupare gli ucraini. Con la fine dei combattimenti, i russi si trovano a disposizione di una riserva che possono impiegare in Donbass o per attaccare in un altro settore. L’allarme è stato lanciato, tra gli altri, dagli analisti di DeepState, un progetto ucraino semi-indipendente per monitorare l’andamento del fronte.
Secondo la loro ultima analisi, pubblicata martedì, nel mese di marzo le truppe russe hanno occupato 133 chilometri quadrati di territorio ucraino, la quantità più bassa dal giugno 2024. Nella seconda metà di marzo, però, diverse unità ucraine hanno segnalato una ripresa degli attacchi russi. L’arrivo del bel tempo e il trasferimento delle truppe russe impegnate a Kursk fanno temere l’inizio di una nuova offensiva da un giorno all’altro.
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