Il giorno in cui i mercati rimbalzano, le tensioni commerciali non accennano a placarsi. «La Cina vuole l’accordo sui dazi ma non sa come farlo partire. Aspetto la loro telefonata», ha detto Donald Trump dopo aver annunciato di aver parlato con il presidente eletto della Corea del Sud, pronto con il Giappone a fare concessioni a Washington per alleggerire il peso dei dazi. Il presidente americano sembra aver ascoltato il segretario al Tesoro, Scott Bessent, volato in Florida domenica per convincerlo a cambiare il messaggio sui dazi focalizzandolo sulla possibilità di raggiungere accordi commerciali favorevoli al fine di evitare ulteriori drammatici crolli di Wall Street.

Anche alcuni senatori repubblicani hanno esortato l'amministrazione a chiarire gli obiettivi dei dazi e ad avviare negoziati con i partner internazionali, esprimendo il crescente desiderio di uno stop alla guerra commerciale in corso.

«Accordi su misura»

Forse anche per questo la Casa Bianca ha voluto sottolineare che il presidente ha incaricato il suo team commerciale di stipulare accordi commerciali «su misura» con i paesi che desiderano negoziare. «L'intera amministrazione ha sempre detto che il presidente Trump è disposto a prendere il telefono e parlare», ha specificato la portavoce Karoline Leavitt. Che ha tenuto anche a sottolineare che «già 70 paesi hanno chiesto di negoziare».

In precedenza però la Cina di Xi Jinping aveva respinto «il ricatto» americano. Se gli Usa dovessero «insistere nell'iniziare una guerra tariffaria o commerciale, la Cina combatterà fino alla fine». Il portavoce del ministero degli Esteri Lin Jian, sulla minaccia del presidente americano Trump di imporre dazi aggiuntivi del 50 per cento nel caso la Cina non abbandoni le sue contromisure, ha assicurato che «adotteremo misure risolute a tutela dei nostri diritti».

Nel caso di un incremento ulteriore del 50 per cento si arriverebbe a una tariffa del 104 per cento, che scatteranno mercoledì 9 aprile (come confermato dalla stessa Casa Bianca). Pechino ha condannato il vicepresidente americano J.D. Vance, definito «ignorante e maleducato», per il riferimento al fatto che Washington ha preso in prestito denaro dai «contadini cinesi».

Ursula chiama Pechino

La presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, nel tentativo di non estendere la guerra commerciale, martedì ha telefonato al premier cinese Li Qiang per discutere delle relazioni Ue-Cina in vista del 50mo anniversario dei rapporti diplomatici nel 2025. L’obiettivo di Von der Leyen è di impedire che le merci colpite dai dazi di Trump invadano l’Europa scatenando così nuove tensioni.

«I due leader hanno avuto un dibattito durante il quale hanno fatto il punto sulle questioni globali», fa sapere l'esecutivo Ue, indicando che «la presidente ha sottolineato l'importanza della stabilità per l'economia globale» e, «in risposta alla diffusa interruzione causata dai dazi Usa, ha sottolineato la responsabilità dell'Europa e della Cina, di sostenere un forte sistema commerciale riformato, libero, equo».

La Ue, il gigante economico stanco di essere un “nano” politico, non vuole restare passiva di fronte ai dazi di Trump. I controdazi europei per rispondere all'offensiva commerciale di Donald Trump scatteranno in tre fasi: il 15 aprile, il 16 maggio e il primo dicembre. È quanto si legge nella bozza del documento che è messo al voto mercoledì dai paesi membri in sede di comitato tecnico in seno alla Commissione europea, una sorta di cabina di regia dove i rappresentanti tecnici dei governi nazionali esaminano l'attuazione delle norme da parte dell'esecutivo Ue. A seguito del voto, Bruxelles notificherà entro il 15 aprile la decisione alla Wto.

«Sia chiaro, il bazooka è ancora sul tavolo, ma speriamo di non doverlo usare, agli Usa diciamo che vogliamo parlare». Lo ha detto un portavoce della Commissione europea a proposito dello strumento di anti-coercizione economica, che darebbe all'Ue un ventaglio più ampio e rapido di misure di risposta ai dazi di Trump (e per questo viene anche soprannominato l'opzione nucleare).

In generale, la Commissione ha indicato che illustrerà agli Stati membri la possibile risposta ai «dazi reciproci» Usa «la prossima settimana».

Il fronte digitale

Intanto sulle Big Tech: «La conformità al Digital Markets Act è il nostro obiettivo principale. Avremo un dialogo costruttivo con i gatekeeper, come abbiamo fatto finora per trovare soluzioni praticabili, come nelle decisioni relative ad Apple. Ma se non vediamo la volontà di cooperare, non esiteremo a imporre le sanzioni». Lo ha detto la vicepresidente della Commissione europea per la transizione, Teresa Ribera, in audizione nella commissione Econ del Parlamento europeo. Ribera ha ricordato che la «legge sui mercati digitali nasce dalla preoccupazione che l'economia delle piattaforme digitali sia controllata da un ristretto gruppo di attori».

È necessario «proteggere gli utenti e le imprese che operano in Europa» e il Dma «si applica in modo non discriminatorio», ha concluso.

Giravolte di Elon

Nel fine settimana Elon Musk, come rivela il Washington Post, ha cercato personalmente di convincere Donald Trump a revocare i dazi, anche quelli sulla Cina. Ma il tentativo non ha finora avuto successo. La rottura di Musk con Trump sulle tariffe, priorità dell'amministrazione, rappresenta il disaccordo più clamoroso tra il presidente e uno dei suoi principali consiglieri.

Musk ha definito il consigliere al commercio Peter Navarro «stupido come un sacco di mattoni». Nervosismo facilmente spiegabile: Tesla ha visto le vendite trimestrali crollare drasticamente.

© Riproduzione riservata