Il presidente ucraino arriva nella capitale e incontra subito Meloni, poi vedrà Mattarella. Obiettivo: trovare una strada per non perdere il sostegno americano dopo la fine della presidenza Biden: «Sto facendo tutto il possibile per porre fine a questa guerra con dignità per l’Ucraina e per tutta l’Europa quest’anno»
Volodymyr Zelensky è arrivato a Roma nella serata di giovedì. Si è diretto a palazzo Chigi dove ha incontrato la premier Giorgia Meloni. Venerdì mattina è atteso al Quirinale da Sergio Mattarella, poi lascerà la capitale. La guerra in Ucraina ha superato i 1.050 giorni. A febbraio saranno tre gli anni tondi dall'inizio del conflitto scatenato da Mosca che ha ridotto allo stremo il suo paese.
Mentre l'esercito russo continua ad avanzare sul campo conquistando terreno a est, sta per lasciare la Casa Bianca a Washington il miglior amico di Kiev. Durante la presidenza di Joe Biden, gli aiuti militari per gli ucraini (dal febbraio 2022) hanno sforato i 65 miliardi di dollari.
In Italia Zelensky avrebbe dovuto incontrare anche lui, l’omologo statunitense, trattenuto invece in patria dagli incendi che stanno divorando Los Angeles. Il presidente ucraino sa che sta per iniziare per lui, per Kiev, per l’Ue una nuova èra e lo ha anche detto al vertice che ha riunito gli alleati in Germania: «Tra soli 11 giorni inizierà un nuovo capitolo per l’Europa e per il mondo intero».
Quel capitolo lo scriverà Donald Trump, la sua squadra repubblicana, che ha criticato, prima, durante e dopo la campagna elettorale, quella marea di fondi che il democratico ha spedito agli ucraini, incontrando infine anche blocchi e reticenze del suo Congresso.
La fine della guerra
«Sto facendo tutto il possibile per porre fine a questa guerra con dignità per l’Ucraina e per tutta l’Europa quest’anno» ha detto Zelensky al 25esimo incontro del Gruppo di contatto riunito a Ramstein. Il primo è stato organizzato 61 giorni dopo l'invasione, questo potrebbe rivelarsi il definitivo.
È di certo l'ultimo sotto guida dell’amministrazione Biden e ora molti si chiedono se non sia stato l’ultimo anche per il presidente ucraino, accolto però da un coro europeo di sostegno immutato.
La Gran Bretagna ha promesso all'Ucraina 30mila droni nel 2025 – i finanziamenti sono anche di Danimarca, Paesi Bassi, Lettonia e Svezia. «Non possiamo mollare», Lloyd J. Austin, segretario alla Difesa statunitense, ha annunciato un nuovo pacchetto di aiuti da 500 milioni. Ma missili e munizioni forse questa volta non basteranno: più degli armamenti, aiuterebbero gli uomini. «Truppe occidentali costringerebbero la Russia alla pace» ha detto Zelensky.
L’Alta rappresentante per la politica estera Ue, Kaja Kallas, ha dichiarato che nemmeno gli statunitensi hanno interesse a far diventare la Russia «la potenza più forte del mondo», l’Ue è pronta a prendere posto di Washington nel sostegno a Kiev, ma ha messo a tacere «le speculazioni» sul sostegno Usa dei giornalisti. Le speculazioni però si ammucchiano e a essere immersi in una coltre di dubbi da cui non usciranno presto sono soprattutto gli ucraini.
L’arrivo di Trump
A Kiev si interrogano sull’arrivo di Trump alla Casa Bianca e vedono avvicinarsi la soglia del baratro e dei depositi vuoti con la potenziale interruzione del sostegno a stelle strisce. Zelensky, da icona della resistenza ucraina, rischia di diventare simbolo della sua sconfitta, se cesserà del tutto il supporto di Washington e collasserà la difesa.
Anche agli analisti più affezionati alla causa appare chiaro che l'esercito di Zelensky può ripartire, ma non risorgere e riconquistare i territori perduti. Come Biden, anche il presidente ucraino, al momento, è circondato da fuochi. Quello amico dei critici in patria; quelli di Zaporizhzhia – dove ieri droni iraniani Shahed spediti dai russi hanno ucciso 13 civili; quello dei suoi uomini che procedono a Kursk. (E perfino dai fuochi californiani. Il figlio di Trump ha trovato il modo per accusare gli ucraini dei roghi americani: sui social ha puntato l’indice contro il dipartimento dei vigili del fuoco della contea di Los Angeles che hanno donato rifornimenti a Kiev. È vero, ma è accaduto nel 2022).
Orizzonte Italia
A Roma per Zelensky non c’è il presidente americano con cui avrebbe di certo discusso di future strategie prima dell’addio definitivo, ma la premier alla quale l’ucraino ha dedicato, nell’ultimo giorno del 2024, parole inequivocabili: «Ringrazio l’Italia per la straordinaria presidenza del G7. La leadership italiana è esempio di unità, forza e determinazione». Zelensky cerca, a Roma e da Roma, una strada verso Washington, un ponte verso gli Usa e Meloni può rivelarsi la chiave per aprire quella porta che l’amministrazione Trump ha promesso di serrare.
Il legame Meloni-Musk-Trump appariva ben consolidato anche prima dell'ultima visita lampo della premier a Mar-a-lago. La tappa in Florida – tenuta nascosta fino all'ultimo – non è stata che una conferma delle relazione del trio. Meloni, dall’operazione Sala di cui ancora non si conoscono tutti i dettagli, e dall’acrobazia diplomatica e d’intelligence per favorire la liberazione della giornalista, è uscita con aura rafforzata sulla scacchiera internazionale.
Il giorno dopo quei 90 minuti d’incontro con il presidente degli Stati Uniti – blitz irrituale dimostratosi fruttuoso per il rimpatrio della reporter e per il plauso incassato dal suo governo – i titoli dei giornali parlavano dell'affare Starlink: quello dei satelliti di Elon Musk, che orbitano già nei cieli ucraini.
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