La parola magica è allineamento. E spunta al termine di una giornata di voci e polemiche nate dalla lettura di un passaggio del Piano strutturale di bilancio (Psb) appena presentato dal governo al Parlamento che contiene l’ipotesi di portare sullo stesso livello le accise che oggi gravano sui carburanti: più basse quelle per il gasolio rispetto al prelievo sulla benzina.

Nel tardo pomeriggio il ministero dell’Economia con una nota ha chiarito che è allo studio, in effetti, un meccanismo di allineamento tra i livelli delle rispettive accise, ma «l’intervento», specifica la nota «non si tradurrà nella scelta semplicistica dell’innalzamento delle accise sul gasolio al livello di quelle della benzina, bensì in una rimodulazione delle due».

Ipotesi allineamento

Il Piano sui conti pubblici per i prossimi sette anni che Palazzo Chigi invierà a Bruxelles, vale a dire il documento che segna l’avvio dell’iter per la predisposizione della manovra, infatti prospetta che le intenzioni dell’esecutivo sarebbero quelle di mettere mano al riordino delle spese fiscali, cioè le cosiddette tax expenditures, per completare l’attuazione della riforma fiscale anche attraverso «l’allineamento delle aliquote delle accise per diesel e benzina e/o politiche di riordino delle agevolazioni presenti in materia energetica».

Se a essere allineate fossero le accise sul gasolio rispetto a quelle della benzina, si tratterebbe di fatto di un aumento dell’imposta fissa che incide sul prezzo del carburante. Ciò significherebbe che le accise sul diesel che al momento è di circa 62 centesimi aumenterebbe a circa 73 centesimi al litro.

«Per il settore dell’autotrasporto, lo stop allo sconto sulle accise del gasolio si traduce in una stangata da oltre 350 milioni di euro l’anno», commenta Claudio Donati, segretario generale di Assotir che annuncia subito che è pronta a dare battaglia all’aumento sconsiderato delle accise sul gasolio. «Sarebbe un salasso ingiustificato, del tutto iniquo» continua Donati, «ma oltretutto non possiamo fare a meno di ricordare che alla vigilia elettorale le forze dell’attuale maggioranza avevano addirittura promesso di ridurre il costo delle accise».

Meloni in retromarcia

E in effetti, se così fosse, se cioè nella legge di bilancio ci fosse un aumento delle accise sul diesel, la premier Giorgia Meloni ritratterebbe impegni e promesse fatte agli italiani, a partire dal video della campagna elettorale per le europee del 2019 in cui si vede Meloni ferma a fare benzina e dire: «Noi pretendiamo che le accise vengano progressivamente abolite, perché è uno scandalo che le tasse dello Stato italiano compromettano così la nostra economia». Fino alle dichiarazioni del gennaio 2023, quando la premier ha dichiarato: «Sono fortemente speranzosa della possibilità che prima o poi riusciremo a fare un taglio strutturale, non temporaneo delle accise».

Sulla questione, il vicepremier e segretario di Forza Italia, Antonio Tajani, rispondendo a una domanda sull’ipotesi di aumento delle accise sul gasolio, prima della nota del Mef, si era limitato a una laconica chiosa: «Poi vediamo quando vengono approvate le norme in Consiglio dei ministri».

Oltre alle associazioni dei consumatori hanno espresso preoccupazione e tuonato contro il governo anche le opposizioni. Tra queste la leader del Pd Elly Schlein. «Aumentare le accise sul diesel equivale a introdurre una nuova tassa che tutti i giorni le italiane e gli italiani pagheranno», ha detto Schlein.

Poi la leader dei Dem ha attaccato Meloni «Dato che saranno gli italiani a metterci i soldi- ha detto – lei almeno ci metta la faccia e spieghi al Paese la tassa Meloni, dopo anni di roboanti annunci di tagli sulle accise».

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