Un rimbalzo? Macché. La Borse europee provano a reagire ma alla fine, a parte Londra, tutte le piazze maggiori archiviano un‘altra giornata in rosso, la quarta consecutiva. Wall Street recupera qualcosa, all’incirca un punto percentuali, mentre Tokyo mette a segno un rialzo del 10 per cento che cancella in parte il crollo del lunedì nero, meno 12 per cento.

I prossimi giorni diranno se quello che oggi può apparire come un temporale d’agosto sia in realtà l’inizio di un cambiamento, in peggio, del clima economico globale. Certo è che sui mercati finanziari la tensione resta alta, amplificata dai programmi di trading gestiti dagli algoritmi, che amplificano ogni movimento, al rialzo o al ribasso, dei listini.

Milano, in particolare, fa più fatica degli altri mercati continentali a lasciarsi alle spalle il temporale estivo. L’indice Ftse Mib, che nel corso della seduta è sceso più volte sotto la soglia dei 31 mila punti (non accadeva dai primi di febbraio), è vicino ad azzerare i guadagni dall’inizio dell’anno. Con il ribasso di martedì, meno 0,6 per cento, il calo dai massimi di metà aprile supera il 12 per cento.

Il sole sul Monte

In un listino dove abbondano le quotazioni in rosso, c’è l’eccezione vistosa del Monte dei Paschi di Siena che ha fatto un balzo addirittura dell’8,7 per cento. L’impennata si spiega con i conti semestrali presentati martedì. Conti in deciso miglioramento con profitti per 1,15 miliardi in crescita dell’87 per cento rispetto ai primi sei mesi del 2023 grazie anche a poste fiscali attive per 453 milioni. Anche senza questo contributo straordinario, però, i profitti operativi sono aumentati del 22 per cento a 897 milioni.

Il rilancio del Monte è seguito con grande interesse dal governo, in vista dell’uscita definitiva dal capitale della banca entro la fine del 2024, come concordato con la Commissione Ue. Con una quota del 26,7 per cento, il ministero dell’Economia resta il primo socio di Mps, dopo aver ceduto nei mesi scorsi il 37,5 per cento. Nell’arco di un anno, anche dopo i ribassi delle ultime settimane, l’istituto senese ha messo a segno un rialzo dell’86 per cento, numeri che ovviamente contribuiscono a facilitare la ricerca di un compratore.

La rimonta di Mps però è l’unica notizia positiva che arriva dalla Borsa in questi giorni complicati. I timori di un prossimo rallentamento dell’economia, addirittura di una recessione secondo i pessimisti, oltre a innescare la flessione delle Borse, rappresentano un’incognita supplementare anche per Palazzo Chigi, in vista di una manovra di settembre ad alto tasso di difficoltà.

Incognita crescita

I segnali che in questi giorni arrivano dall’economia reale non sono positivi. L’indice dei servizi Hcob, che misura l’andamento del settore terziario, nel mese di luglio ha fatto segnare una flessione da 53,7 a 51,7. Numeri che suggeriscono quantomeno prudenza agli analisti che confidano nel traino dei servizi, cioè in sostanza del turismo, per consolidare la crescita del Pil nei prossimi mesi, mentre l’industria resta debole, come confermano i dati più recenti dell’Istat sul secondo trimestre 2024.

Un rallentamento della crescita rispetto alle stime di governo (più 1 per cento nel 2024, più 1,2 per cento nel 2025) complicherebbe di molto il lavoro del ministro dell’economia, Giancarlo Giorgetti. Infatti, se Pil cresce meno del previsto, aumenta in proporzione anche il rapporto con il deficit (7,4 per cento del Pil a fine 2023)

In base agli accordi con Bruxelles il disavanzo andrà ridotto dello 0,5 per cento del Pil ogni anno per i prossimi sette. Il taglio al momento ammonterebbe a circa 12 miliardi. Una somma che andrebbe ad aggiungersi ai fondi indispensabili per confermare le misure in scadenza a fine 2024, una su tutte, la riduzione del cuneo fiscale che assorbirebbe un’altra dozzina di miliardi.

In base alle regole del Patto di stabilità il governo di Roma non potrà far quadrare i conti ricorrendo a deficit supplementare (il cosiddetto extradeficit), come invece è successo l’anno scorso quando la manovra fu finanziata per 15 miliardi circa aumentando il disavanzo pubblico. Per chiudere il cerchio si dovrà agire soprattutto sul fronte delle entrate, visto che i margini di manovra per il taglio delle spese appaiono limitati.

Favori fiscali

Escludendo aumenti delle imposte, il governo può contare sull’incremento del gettito tributario rispetto a quanto preventivato a inizio anno. Un aumento sorprendente, pari a circa 16 miliardi, se si considera che nei mesi scorsi la crescita dell’attività economica è stata assai ridotta, come confermano le statistiche sull’andamento del Pil.

In compenso rischia di rivelarsi un fiasco il concordato preventivo biennale su cui molto puntava il viceministro dell’Economia, Maurizio Leo. Al momento le adesioni a questa forma di accordo con il fisco studiata su misura per una platea di oltre 4 milioni di lavoratori autonomi sono molto inferiori alle attese. A tal punto che con un decreto correttivo pubblicato in questi giorni il governo offre nuovi incentivi, sotto forma di sconti d’imposta supplementari, alle partite Iva che accetteranno di concordare con l’erario le tasse da pagare per il prossimo biennio.

Le agevolazioni extra hanno tutta l’aria di una manovra disperata per evitare il flop. Si vedrà nelle prossime settimane se questa correzione in corsa sortirà l’effetto sperato.

A questo punto, però, difficilmente il fisco amico predicato da Leo darà un contributo decisivo ai conti pubblici. In compenso, i lavoratori autonomi che si aggrapperanno al salvagente dell’ultima versione del concordato fiscale avranno uno sconto in più, a cominciare da quelli con la pagella fiscale più bassa, cioè i presunti evasori.

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