- Mentre la Russia minaccia di chiudere i rubinetti, la compagnia presenta i risultati del primo trimestre e annuncia che è pronta a guadagnare ancora di più dal settore gas.
- I progetti di Eni sono la fotocopia dei viaggi con il ministro degli Esteri Luigi Di Maio (più quello in Egitto): da tutti i paesi il Cane a sei zampe è pronto a esportare. «È stato un trimestre di evidenti progressi nell'attuazione della nostra strategia» ha commentato Descalzi.
- Per il momento Eni non ha aperto conti in rubli per i pagamenti del gas: «Pagheremo il gas consegnato nel rigoroso rispetto delle condizioni contrattuali e delle sanzioni internazionali. La valuta del contratto e la fattura sarà in euro e non abbiamo aperto un conto in rubli» ma la compagnia «sta analizzando la situazione».
La guerra fa bene al Cane a sei zampe. Nel primo trimestre Eni ha conseguito ricavi per 5,19 miliardi, in crescita del 300 per cento rispetto al primo trimestre 2021. L’utile netto è stato di 3,27 miliardi di euro con una crescita di 3 miliardi rispetto allo stesso periodo ha reso noto il gruppo. Per quanto riguarda i contratti con la Russia per l’import di metano, sul meccanismo di pagamento del gas a Gazprom con un nuovo conto presso Gazprombank come previsto dal decreto di marzo di Vladimir Putin, Eni ha detto che ancora non si è mossa: «Non abbiamo aperto un conto in rubli» ma non esclude niente: «Sta analizzando la situazione in stretto coordinamento con le autorità europee e il governo», ha detto il Chief Financial Officer di Eni Francesco Gattei nella conference call con gli analisti sui conti trimestrali. Il problema restano i contratti: «Pagheremo il gas consegnato nel rigoroso rispetto delle condizioni contrattuali e delle sanzioni internazionali».
I ricavi
I prezzi altissimi del gas e del petrolio intanto hanno fatto il miracolo. I dati del primo trimestre 2022 sono stati «molto oltre le nostre stime e il consenso», hanno commentato gli analisti di Intesa Sanpaolo. La paura che la Russia chiuda i rubinetti ha fatto salire vertiginosamente i profitti dal metano «sostenuti dalla crescita del business internazionale del Gnl e dalla flessibilità del nostro portafoglio di approvvigionamento», ha spiegato Descalzi. Nello specifico, l’attività di approvvigionamento e vendita di gas naturale all’ingrosso via gasdotto, trasporto internazionale e acquisto e commercializzazione di Gnl ha portato ricavi per quasi un miliardo. Da sottolineare che alla crisi ucraina si è accompagnato il freddo invernale. La produzione di petrolio e metano – il segmento “exploration and production” - ha prodotto ricavi per 4,38 miliardi, e per buona misura si sono aggiunti anche i profitti dai prodotti raffinati, soprattutto il gasolio. In questo segmento, tra le motivazioni delle buone performance, si legge, anche «la significativa ripresa del margine di raffinazione dalla seconda metà del mese di marzo, trainato dal rafforzamento del gasolio, a causa di una scarsa disponibilità sul mercato».
La tournèe con Di Maio
Il futuro potrebbe andare per Eni ancora meglio, nonostante «l’attuale situazione di guerra in Ucraina e assumendo nessuna significativa interruzione nei flussi di gas dalla Russia». La strategia di Descalzi sta beneficiando delle mosse dell’Italia per affrancarsi dalla dipendenza dal colosso russo del metano Gazpom e dai prezzi all’ingrosso del gas che non accennano a scendere. «È stato un trimestre di evidenti progressi nell'attuazione della nostra strategia», ha detto l'ad. I piani seguono le tappe toccate con il ministro Luigi Di Maio per cercare di diversificare le fonti di approvvigionamento dell’Italia nel timore che Putin chiuda i rubinetti. «Marzo/aprile: facendo leva sulle consolidate relazioni con i paesi dell’Africa Settentrionale e Occidentale, sono stati definiti importanti accordi quadro con Algeria, Egitto e Congo» si legge (solo in Egitto Descalzi è andato da solo) e «sono previste ulteriori forniture dall’Angola».
Le quantità di metano previste sono quelle circolate in questi giorni. In base ai termini dell'accordo con l'Algeria, Eni prevede di aumentare gradualmente i volumi di gas esportati in Italia attraverso il gasdotto Transmed a partire dal prossimo anno termico (quindi dal prossimo primo ottobre) fino a 9 miliardi di metri cubi all’anno nel 2023-24. «In maniera incrementale», il che vuol dire che all’inizio i quantitativi saranno di meno. Come anticipato su queste pagine, serviranno «ulteriori riserve di gas a sostegno del maggiore export».
Per quanto riguarda l’Egitto, dove Eni estrae metano insieme alla compagnia russa Rosneft, il progetto è già delineato. Con la società di Stato egiziana "Egas" è stato concordato di valorizzare le riserve locali di gas incrementando le attività con l'obiettivo di incrementare la produzione e le esportazioni di gas verso l'Italia attraverso l'impianto di liquefazione di Damietta «sino ad un livello di 3 miliardi di metri cubi nel 2022».
Per la Repubblica del Congo prima saranno necessarie nuove infrastrutture. Attualmente è stata firmata una lettera d’intenti per l’aumento della produzione e dell’export di gas verso l’Italia tramite lo sviluppo di un progetto di gas naturale liquefatto con avvio previsto nel 2023 e capacità a regime di oltre 4,5 miliardi di metri cubi/anno. L’export di Gnl dipenderà oltre che dal nuovo liquefattore, dipenderà anche dalla produzione di gas eccedente la domanda interna congolese.
Di fronte a questa cooperazione con il governo italiano, Descalzi è pronto a fare ancora più incassi, e per quanto riguarda la vendita all’ingrosso del metano l’utile operativo atteso è a circa 1,2 miliardi di euro rispetto al precedente target di 900 milioni considerando l’evoluzione attesa del mercato.
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