È approdata in Consiglio dei ministri il 15 ottobre, in un clima blindato e senza bozze pubbliche, la legge di Bilancio 2025. Il governo ha accelerato l’esame del testo della manovra, che dovrebbe essere presentata alla Camera (da dove quest’anno parte la sessione di bilancio) entro il 22 ottobre. L’iter previsto porterà poi, entro il 31 dicembre, all’approvazione del ddl definitivo, per cui servono coperture per 28,5 miliardi.

Non tutte le risorse sono al loro posto ma una mano, come ogni anno, è arrivata dal decreto fiscale collegato alla manovra, che serve anche ad anticipare alcune spese – dall’adeguamento delle pensioni al bonus Natale – per liberare risorse. Dal Cdm è arrivato il via libera a questo testo e al Documento programmatico di bilancio (Dpb), la cornice della manovra già inviata alla Commissione europea.

Se lo scorso autunno i parlamentari di maggioranza avevano il mandato di non presentare emendamenti per non stravolgere l’impianto della legge, è difficile che lo schema si ripeta anche quest’anno, alla terza manovra del governo Meloni. Una legge che mantiene stabile il rapporto tra spesa sanitaria e Pil e fa qualche passo per l’assunzione di medici e infermieri, a cui saranno detassate le indennità specifiche.

Una guerra di numeri

Giorgia Meloni aveva promesso 3,5 miliardi per la sanità, ma per il 2025 il Dpb prevede uno stanziamento aggiuntivo di soli 900 milioni, con altri 3 miliardi in cantiere per l’anno successivo. Cifre lontane da quelle richieste dal ministro della Salute, Orazio Schillaci, che sia attendeva 4 miliardi per il 2025. Per questo l’opposizione e varie associazioni del settore sanitario hanno criticato il governo, con Pierino Di Silverio, segretario nazionale di Anaao Assomed (il sindacato dei medici ospedalieri), che ha parlato di «scandalosa mistificazione».

Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha poi chiarito che i 900 milioni indicati nel Dpb, corrispondenti allo 0,04 per cento del Pil, serviranno a finanziare «aumenti netti delle retribuzioni del personale medico», che al lordo arriveranno a 1,2 miliardi di euro. Sarebbe questa la cifra stanziata per il 2025, a cui va aggiunto – ha notato Carlo Canepa su Pagella Politica – anche il miliardo già previsto nella scorsa legge di Bilancio, per un totale di 2,3 miliardi aggiuntivi.

Il finanziamento del Fondo sanitario nazionale salirà così a 136,5 miliardi nel 2025. Un leggero incremento in termini nominali che però non cambia il rapporto tra spesa sanitaria e Pil – un indicatore più affidabile della spesa in sanità, ha notato anche la segretaria del Pd Elly Schlein – che resta del 6,3 per cento. È uno dei dati più bassi di tutti i paesi occidentali, inferiore di 0,6 punti rispetto alla media Ocse (6,9 per cento) e di 0,5 punti rispetto alla media europea (6,8 per cento).

Più medici e infermieri

I fondi per il 2025 serviranno soprattutto ad assumere medici e infermieri: in base alle risorse a disposizione, il prossimo anno dovrebbero essere circa 6mila, di cui 2mila medici e 4mila infermieri. Se le previsioni del Dpb saranno rispettate, i nuovi assunti saranno poi 30mila entro il 2027. Numeri che paiono insufficienti, considerando che «30mila dei 103mila medici ospedalieri andranno in pensione nei prossimi cinque anni e lo stesso accadrà con 21mila dei 264mila infermieri in servizio», ha ricordato Andrea Casadio su Domani.

Per tamponare l’attuale carenza, nelle scorse settimane Schillaci ha firmato un protocollo operativo per l’arrivo di infermieri dall’India. Professionisti che forniranno cure extra ospedaliere, cioè non urgenti o destinate a malati cronici. I dettagli dell’accordo sono stati definiti al G7 Salute del 10 ottobre: «Stiamo predisponendo delle piattaforme online per insegnare loro l’italiano. Abbiamo scelto infermieri indiani perché hanno diplomi di qualità che possono essere riconosciuti nel nostro sistema», ha precisato il ministro.

Il ritocco agli stipendi

Per rafforzare la sanità pubblica e convincere il personale a non lasciare l’Italia, attratto dagli stipendi di altri paesi europei, la manovra punta a defiscalizzare parte delle buste paga. È in cantiere una detassazione graduale dell’indennità di specificità medica (seguendo l’esempio della flat tax in vigore per gli straordinari): nel 2025 l’aliquota del 43 per cento verrà portata al 30 per cento e nel 2026 al 15 per cento. Questa misura, che solo per i medici costa 380 milioni, implicherà aumenti in busta paga di almeno 200 euro netti al mese.

Sono poi previsti incrementi per i contratti dei giovani medici, con un aumento del 5 per cento – circa 100 euro al mese – per tutti gli specializzandi e crescite più sostanziose per le specialità meno attrattive (come medicina d’emergenza e infettivologia), per cui si prevedono aumenti tra i 200 e i 400 euro. Secondo le stime Ocse, oggi i medici italiani guadagnano in media 105mila dollari l’anno, meno dei loro colleghi tedeschi (188mila) e francesi (120mila). Analogo discorso va fatto per gli infermieri, il cui stipendio si aggira sui 39mila dollari contro i 59mila percepiti in Germania e i 56mila dei colleghi spagnoli.

 

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