La rete di contatti trasversali di Enrico Pazzali, costruita giocando di sponda tra politica e business. Così il manager a capo della Fiera anche adesso riesce a limitare i danni dell’inchiesta dei pm
Che gran Milano la Milano di Zio Bello: sbirri e spioni, preti e top manager, politici, ultras e magistrati. Un palcoscenico pieno zeppo di casi umani, tra alleanze e tradimenti. Una giostra messa in moto da Enrico Pazzali, alias Zio Bello, irridente soprannome inventato dai suoi sodali, il poliziotto pluridecorato Carmine Gallo e Samuele Calamucci, geometra chiacchierone che amava travestirsi da 007. Pazzali, 60 anni, è un manager di lungo corso, capace per un paio di decenni di costruire relazioni ad altissimo livello, un rampante ben inserito in quel mondo di mezzo che usa la politica per fare affari e viceversa, anche se ora gli amici dei salotti cittadini, a parte rare eccezioni, fingono di ricordarsi a malapena la sua faccia.
Vuoti di memoria che certo si spiegano con il gran botto di Equalize, la società di investigazioni che Pazzali tentò di trasformare nel trampolino della sua ascesa e invece è diventata un vaso di Pandora colmo di imbarazzanti rivelazioni. Da settimane, l’inchiesta penale della procura di Milano sulla squadra di presunte spie col marchio Equalize alimenta sui media un diluvio di notizie vere e presunte che a volte si reggono solo sulle parole, tutte da verificare, dell’esercito di personaggi, indagati e non, finiti nel gran calderone delle intercettazioni. Ne esce un racconto che illumina il retrobottega della Milano efficiente e soddisfatta di sé, la Milano dei milioni e dei mattoni. Una storia che in gran parte, ma non solo, ruota attorno alla Fiera di Milano.
Amici bipartisan
Per una decina d’anni, con incarichi diversi, Pazzali ha diretto il traffico in questo crocevia decisivo per gli affari della città e ha costruito fondamenta così solide al suo potere che in questi giorni, nel pieno della bufera dell’inchiesta, se l’è fin qui cavata con un semplice passo di lato, ovvero l’autosospensione dalla carica di presidente di Fondazione Fiera.
Niente dimissioni: né la Regione Lombardia né il comune di Milano che d’intesa tra loro, a norma di statuto, scelgono il vertice dell’ente, hanno finora ritenuto opportuno esercitare la loro moral suasion per permettere all’illustre indagato di difendersi al meglio, come si dice in questi casi.
Anzi, il governatore Attilio Fontana ha voluto ribadire la sua stima nei confronti del manager.
Atteggiamento sorprendente, ma fino a un certo punto, se si considera che Pazzali e Fontana hanno a lungo condiviso lo stesso percorso. Entrambi sono entrati nel consiglio di amministrazione di Fiera spa quotata in Borsa, controllata dall’omonima Fondazione, nell’aprile del 2009. Pazzali, ben introdotto in Regione grazie anche all’appoggio di Ignazio la Russa, venne promosso da direttore generale ad amministratore delegato, mentre l’avvocato leghista, allora sindaco di Varese, conquistò la poltrona di vicepresidente con stipendio annuo da 130 mila euro.
La coppia si è divisa solo nell’aprile del 2015, quando il capoazienda lasciò l’incarico dopo che nei due anni precedenti la Fiera aveva accumulato 35 milioni di perdite. Un brutto colpo per Pazzali, che comunque riuscì a incassare un “incentivo all’esodo” di 400mila euro, in aggiunta ai 500mila euro di compensi del 2014. Fontana invece, eletto governatore lombardo nel 2018, l’anno dopo scelse proprio Pazzali come presidente della Fondazione Fiera, un dirigente di cui evidentemente aveva apprezzato le doti manageriali nonostante i bilanci in rosso di Fiera spa.
Per dare via libera alla nomina serviva anche l’approvazione di Beppe Sala, il sindaco milanese di centrosinistra, approvazione che puntualmente arrivò. Stesso copione anche nel 2022. Grazie un’intesa bipartisan, Pazzali ottiene la riconferma al vertice dell’ente, ma non gli basta, punta più in alto. Nel frattempo, a novembre del 2018, viene costituita Equalize ed è troppo forte la tentazione di usarla per farsi largo verso nuovi prestigiosi incarichi.
Bersagli
I rivali veri e presunti del capo della Fondazione vengono spiati, pedinati e all’occorrenza si tenta di colpirne la reputazione. Dalle carte giudiziarie emergono i nomi di numerosi bersagli. Nell’agosto del 2022, Paolo Scaroni, presidente del Milan e ora anche dell’Enel, viene tirato in ballo dai giornali come candidato forte per il vertice di Milano Cortina 2026, l’ente organizzatore delle prossime Olimpiadi invernali. Una poltrona ambita anche da Pazzali, che si rivolge a Gallo per trovare notizie compromettenti sul presunto concorrente. Non se ne fa niente, se non altro perché la candidatura di Scaroni tramonta nel giro di pochi giorni.
La squadra di Equalize parte all’attacco anche di Giovanni Gorno Tempini, il presidente di Cassa Depositi e prestiti. Pazzali, secondo quanto emerge dalle carte, negli ultimi mesi dell’anno scorso puntava a una poltrona in Cdp, possibilmente quella di amministratore delegato, e considerava Gorno Tempini un ostacolo alle sue ambizioni, che in quelle settimane rimbalzano anche su giornali e siti internet.
Anche in questo caso non succede nulla. Nella primavera scorsa il governo ha confermato Dario Scannapieco al vertice di Cdp. Poco male. Per un manager che cura in modo spasmodico la propria immagine, l’importante è che il suo nome venga associato dai media a cariche di grande prestigio, anche se poi tutto resta sulla carta. A volte però le voci possono trasformarsi in un boomerang e allora bisogna giocare in difesa.
Dalle carte d’indagine emerge un episodio illuminante in proposito. A gennaio di quest’anno, Pazzali contatta Adrio De Carolis, l’amministratore delegato della società demoscopica Swg e intercettato al telefono dagli investigatori gli chiede notizie su un sondaggio a proposito del sindaco di Milano. De Carolis rivela al presidente di Fondazione Fiera che Urbano Cairo, l’editore del Corriere della Sera, gli ha chiesto di inserire anche il suo nome nella rosa degli ipotetici primi cittadini. Pazzali la prende malissimo, teme che il risultato dell’indagine venga strumentalizzato ai suoi danni e arriva a chiedere a De Carolis di truccare i risultati. Anche Gallo e Calamucci a volte cambiano le carte in tavola per non scatenare la curiosità del loro capo, sempre alla ricerca di informazioni riservate che possano tornargli utili.
«Gliel’abbiamo lasciato in mano cinque minuti e ha fatto duecento interrogazioni», si lamentano i due spioni di Equalize in una conversazione captata dagli investigatori parlando di “Zio Bello”. Nella lista dei bersagli compaiono per esempio Beniamino Lo Presti, vicino ai La Russa, a capo della società autostradale Milano Serravalle, Carlo Sangalli, vicepresidente di Fondazione Fiera e Letizia Moratti, candidata alla guida della Lombardia nel 2023.
Voci e indagini
La giostra dei dossier prende sempre più velocità. Nella seconda metà dell’anno scorso, però, Pazzali e soci inciampano nelle voci che li vogliono al centro di un’indagine della procura di Milano. Il capo di Equalize in passato aveva già incrociato Paolo Storari, il pm milanese che nel 2014 aveva avviato le indagini sulle infiltrazioni della criminalità organizzata in Fiera spa, all’epoca guidata da Pazzali. Quella stessa indagine che nel 2016 portò al commissariamento della società.
«Mi faccia arrestare, quando esco poi gli tiro un pugno in faccia», dice Pazzali parlando di Storari ad agosto del 2022. E a giugno dell’anno dopo il manager si agita moltissimo quando viene a sapere che ancora Storari avrebbe avviato accertamenti su 200mila euro versati nel 2021 da Banca Intesa a Pazzali come compenso per una prestazione professionale legata al progetto Bergamo-Brescia capitale della cultura 2023.
L’agitazione è massima a fine novembre quando la squadra di Equalize viene a sapere che il manager Giuseppe Biesuz, in passato a capo di Trenord, starebbe spargendo la notizia di un’inchiesta a carico di Pazzali. Il quale il primo dicembre si precipita a Palazzo di Giustizia a Milano, dove non gli mancano i contatti anche ai massimi livelli. E infatti, dagli atti d’indagine emerge un incontro con Marcello Viola, a capo della procura ambrosiana.
Dieci mesi dopo sono i magistrati coordinati dallo stesso Viola a ottenere dal tribunale i provvedimenti che azzerano il sistema degli spioni. Gallo e Calamucci vanno agli arresti domiciliari. Pazzali invece, secondo il gip il presidente e socio di comando di Equalize avrebbe rivestito un ruolo “visibilmente più marginale nell’organizzazione”. E quindi resta indagato, ma a piede libero.
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