A due settimane di distanza dagli arresti disposti dalla Dda di Milano nei confronti della presunta associazione a delinquere di via Pattari 6, non mancano le prime crepe nel gruppo di “spioni” che avrebbe violato le banche strategiche nazionali con l’obiettivo di “ricattare, estorcere, condizionare la vita politica e imprenditoriale” di un intero Paese.

C’è, di fatto, un “anello debole” all’interno della centrale che agiva negli uffici situati a pochi metri dal Duomo di Milano attraverso Equalize, la società controllata al 95 per cento dal presidente della Fondazione Fiera Milano, Enrico Pazzali, e al 5 dall’ex poliziotto Carmine Gallo.

Questo “anello debole”, oggi temutissimo dal resto del gruppo, è Massimiliano Camponovo, classe 1972, di Bollate, nell’hinterland milanese. Nei giorni scorsi Camponovo, arrestato nell’ambito dell’inchiesta per associazione a delinquere e concorso in accesso abusivo a sistemi informativi insieme a Gallo, Samuele Calamucci e Giulio Cornelli, ha reso dichiarazioni spontanee davanti al gip, Fabrizio Filice.

«Temo per me e per l’incolumità della mia famiglia», aveva detto l’uomo al giudice. Aggiungendo un particolare di non poco conto. «Una mano oscura - aveva appunto detto - muoveva l’intero sistema». A cosa si riferisse non è chiaro, sta di fatto che martedì mattina Camponovo è tornato davanti ai magistrati, chiedendo di essere interrogato.

Assistito dall’avvocato Roberto Pezzi, Camponovo ha risposto, in un luogo “protetto” e dunque non all’interno del palazzo di giustizia, alle domande del pubblico ministero della Dda, Francesco De Tommasi. Le sue parole potrebbero contribuire a chiarire il modus operandi della centrale di via Pattari e aiutare gli investigatori a rispondere alle tante domande che aleggiano su questa vicenda, fatta di hacker, manager legati a filo doppio alla politica, ex ispettori di polizia e rampolli milionari.

Crocevia di segreti

Camponovo, socio di maggioranza e amministratore unico della Mercury advisor srls, ricopriva il ruolo di “tecnico addetto - si legge in una delle informative dei carabinieri di Varese - alla illecita esfiltrazione e gestione delle informazioni SDI e al loroinserimento, di norma "mimetizzato”, nei report di Equalize srl, report che anche lui redigeva e/o contribuiva a redigere”.

In altre parole, Camponovo viene ritenuto da chi indaga “uomo di stretta fiducia” di Gallo e Calamucci. “Lavorava - scrivono ancora gli inquirenti nelle carte giudiziarie - all’interno di quello che era il cuore pulsante dell’associazione, ossia gli uffici di via Pattari 6”. Sarebbe, dunque, in grado di rivelare dettagli su quanto avveniva all’interno del gruppo guidato da Gallo e Calamucci, un gruppo che secondo quanto emerso finora avrebbe allacciato anche rapporti con i servizi segreti.

Un segno segnale della volontà di collaborare, Camponovo lo aveva mostrato anche mentre collaborava con gli hacker di via Pattari. Si chiedeva se il gioco valesse la candela, mettendo sul tavolo i rischi e i pericoli a cui stava andando incontro.

«Tavaroli con Pirelli e le intercettazioni ne hanno fatto di porcate… cioè è finito pure in carcere però ne è uscito e ha i milioni di euro, noi lo facciamo per quattro noccioline», dice guarda caso Camponovo al resto del gruppo confrontando la propria attività con quella di Giuliano Tavaroli, l’ex sottufficiale dei carabinieri di Milano ed ex responsabile della sicurezza di Pirelli prima e Telecom poi, coinvolto nello scandalo Telecom-Sismi, per cui ha patteggiato una pena di quattro anni e mezzo.

Nuove rivelazioni

Ma Camponovo non è l’unico a parlare coi giudici. Lo ha già fatto il poliziotto, ormai sospeso, Marco Malerba che nel corso del suo interrogatorio, la scorsa settimana, ha ammesso di aver effettuato accessi abusivi allo Sdi in cambio di favori con Carmine Gallo.

E lo ha fatto ieri pomeriggio (4 novembre, ndc) Samuele Angelo Abbadessa, il tecnico informatico, libero ma indagato, e al quale si contestano condotte che vanno dalle intercettazioni telematiche abusive fino all’inoculazione del trojan e alla gestione abusiva delle informazioni presenti nelle banche dati dell’Anagrafe nazionale e dello Sdi delle forze dell’ordine con un “apporto determinante nella stesure di report e dossier contenenti dati acquisti in modo illecito”.

Mercoledì 6 novembre è invece previsto l’interrogatorio di Cornelli, difeso dal penalista Giovanni Tarquini. Anche Cornelli, rendendo dichiarazioni spontanee davanti al gip, aveva affermato di voler chiarire la propria posizione. I piani del gruppo di via Pattari sembrano quindi crollare. Come fa un castello di carte quando arriva troppo in alto.

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