Se l’Unione europea non avanzerà richieste di modifica al decreto attuativo, in estate arriverà anche nel nostro paese il dispositivo che impedisce l’accensione dell’auto in caso di tasso alcolemico superiore al limite. Il nostro paese si aggiungerebbe così alla lista di paesi europei dove è già utilizzato da anni, con modalità differenti
L’alcolock è quasi realtà. Nei giorni scorsi il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha notificato all’Unione europea il decreto attuativo con cui entrerà in vigore una delle misure più discusse del nuovo Codice della strada.
Il decreto sarà ora in visione per 90 giorni al termine dei quali, se non ci dovessero essere osservazioni o richieste di modifica, entrerà ufficialmente in vigore. Il termine scadrà dunque intorno alla metà di giugno.
Cos’è alcolock
Si tratta sostanzialmente di un dispositivo elettronico che funziona esattamente come un etilometro collegato al sistema di accensione dell’auto. Una volta a bordo il conducente soffia nello strumento che ne analizza in tempo reale il tasso alcolico e blocca l’avvio del motore in caso questo sfori i limiti di legge.
L’Italia potrebbe essere così tra i primi paesi europei a inserire nel proprio ordinamento l’obbligatorietà di questo strumento. L’alcolock dovrà infatti essere installato da tutti gli automobilisti e autotrasportatori condannati definitivamente perché trovati con un quantitativo di alcol nel sangue pari a 0,8 gr/l e dovrà restare in funzione per almeno due anni. La ratio, dunque, è combattere le recidive della guida in stato di ebbrezza.
Una mossa con cui il nostro paese prova ad anticipare le mosse dell’Unione europea, che punta a renderlo obbligatorio per tutti gli stati membri uniformando inoltre il limite di tolleranza sul tasso alcolico alla guida.
Quali problemi
Ma mentre ancora nulla è certo sulla sua effettiva entrata in vigore, intorno all’alcolock sono già iniziate le polemiche con vari osservatori che hanno fatto notare le storture di questa norma. Una prima criticità riguarda il prezzo del dispositivo: 2.000 euro per l’installazione, più i costi della manutenzione, interamente a carico del guidatore.
A questo si aggiunge un problema relativo alla concorrenza, visto che l’articolo 5 del decreto stabilisce che sia il fabbricante del mezzo a individuare gli installatori autorizzati al montaggio dei propri dispositivi. «Questo significa – ha denunciato Federcarrozzieri – che non tutte le autocarrozzerie, seppur in possesso dei requisiti di legge, potranno montare gli alcolock sulle vetture, ma solo quelle indicate dal produttore dell'apparecchio: un limite che da un lato viola le norme sulla concorrenza e dall'altro, riducendo il numero di operatori abilitati, determinerà una alterazione del mercato con conseguente aumento dei costi a carico degli automobilisti».
Dubbi sono poi emersi sul sigillo autodistruttivo che dovrebbe scongiurare manomissioni dell’apparecchio da parte del conducente, ma che potrebbe deteriorarsi o subire danni con conseguenze incerte. Su questo punto è intervenuta l’Aiped, l’Associazione italiana periti estimatori danni, che si interroga su cosa potrebbe succedere «se il sigillo si danneggia per cause accidentali o a seguito di incidente stradale? Chi garantisce che un sigillo danneggiato non implichi automaticamente un'accusa di manomissione?».
Vi è poi una questione meramente sociologica, sorta con frequenza nei paesi europei che hanno implementato il progetto su base volontaria. Molti soggetti hanno rifiutato di partecipare per la paura di essere stigmatizzati come alcolisti, soprattutto in contesti più piccoli.
Una preoccupazione che, per di più, colpisce l’intero nucleo familiare: se un soggetto all’interno della famiglia è costretto ad installare l’alcolock, questo dovrà essere utilizzato da tutti coloro che utilizzino l’auto. Lo strumento non è infatti legato al soggetto ma al veicolo, dal quale non può essere disinstallato temporaneamente.
Il resto d’Europa
L’arrivo dell’alcolock non è una novità in Europa. Da tempo, infatti, vari stati europei hanno previsto nel loro ordinamento l’utilizzo di questo strumento in varie forme, con l’obiettivo di rieducare i propri cittadini e ridurre la recidiva in caso di guida in stato di ebbrezza.
La prima a muoversi in tal senso è stata la Svezia, che già nel 1999 aveva avviato un progetto pilota per sperimentarne l’utilizzo. Dopo una lunga fase di test, il 1° gennaio 2012 il paese scandinavo ha inserito nel proprio ordinamento l’obbligatorietà per tutti i mezzi di trasporto pubblico e prevedendolo invece su base volontaria per chi viene trovato alla guida in stato di ebbrezza. Chiunque venga trovato con un tasso alcolemico compreso tra gli 0,2 e gli 0,9 g/L può decidere di installare per un anno alcolock sul proprio veicolo, mentre chi è recidivo o ha un tasso superiore allo 0,9 g/L può aderire volontariamente al programma biennale.
Seguendo l’esempio della Svezia, vari stati europei hanno introdotto la possibilità di installare lo strumento su base volontaria per tutti i guidatori trovati con un tasso alcolemico superiore al limite consentito. Nel 2008 è stata la Finlandia a prevederne l’utilizzo da uno a tre anni, seguita nel 2011 dalla Francia (dove ha carattere obbligatorio a partire dalla seconda sanzione), dal Belgio e dalla Lituania.
C’è chi, però, ha provato a fare un passo ulteriore inserendo al fianco di questo strumento percorsi di riabilitazione. In Danimarca, dove dal 2017 l’alcolock può essere scelta come pena alternativa alla sospensione della patente di guida, è previsto infatti che tutti i partecipanti al programma ricevano prima dell’installazione un supporto psicologico.
Pratica ben più diffusa e incentivata al di fuori dell’Unione europea: in Canada, ad esempio, chiunque utilizzi l’alcolock riceve varie forme di supporto che vanno dalla partecipazione a corsi di recupero fino a un’assistenza medica e psicologica specifica.
I risultati
Nei paesi in cui questo strumento è stato implementato da più tempo, i dati sembrano indicare la sua utilità nella prevenzione di incidenti e recidive. In Finlandia solo il 5,6 per cento dei soggetti che partecipano al programma si è rimesso alla guida in stato di ebbrezza a fronte di cifre superiori al 30 per cento per i soggetti che, una volta commessa l’infrazione, hanno deciso di non prendervi parte.
Sempre nel paese scandinavo, i dati diffusi a cinque anni dall’implementazione del progetto (quindi dati del 2013) mostravano come in 12.000 casi l’alcolock abbia impedito alla vettura di accendersi, impedendo così a una media di 2.400 persone l’anno di mettersi al volante in stato di ebbrezza.
In Svezia il numero di decessi in incidenti stradali è invece drasticamente calato dai 591 del 2000, all’inizio della fase di test, ai 259 del 2015. Un dimezzamento del numero dei decessi su cui ha certamente influito anche l’implementazione del progetto divenuto definitivo nel 2012.
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