Sono le 17,56 minuti e 48 secondi del 23 maggio 1992 e gli strumenti dell’Istituto di Geofisica e di Vulcanologia, su a monte Erice, registrano «un piccolo evento sismico con epicentro fra i comuni di Isola delle Femmine e Capaci». Ma non è un terremoto, sono cinquecento chili di tritolo che fanno saltare in aria Giovanni Falcone...
Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie è incentrata sul giudice Giovanni Falcone e sulla strage di Capaci di trent’anni fa.
Sono le 17, 56 minuti e 48 secondi del 23 maggio 1992 e gli strumenti dell’Istituto di Geofisica e di Vulcanologia, su a monte Erice, registrano «un piccolo evento sismico con epicentro fra i comuni di Isola delle Femmine e Capaci». Ma non è un terremoto, sono cinquecento chili di tritolo che fanno saltare in aria Giovanni Falcone.
Il giudice è ancora vivo, lo spazio aereo chiuso, la prima auto blindata è scaraventata a oltre duecento metri di distanza e i tre poliziotti che lo seguono come ombre - Antonio Montinaro, Vito Schifani e Rocco Di Cillo - non ci sono più.
Muore anche Francesca Morvillo, la moglie di Giovanni Falcone e anche lei magistrato.
Sono feriti i poliziotti dell'altra blindata, Angelo Corbo, Paolo Capuzza e Gaspare Cervello.
E' sanguinante Giuseppe Costanza, l'autista. Sull'autostrada che corre dall'aeroporto di Punta Raisi a Palermo è l'inferno.
Dall'ospedale civico arriva la comunicazione ufficiale: Giovanni Falcone non respira più.
La notizia fa il giro del mondo. I sicari sono già lontani, ma non lo saranno per molto. Hanno lasciato tracce sulla collinetta che guarda l'autostrada. Palermo è un grande microfono, due boss parlano di un “attentantuni”, le cimici intercettano le loro voci. La caccia ai killer è appena cominciata. L'ordine della strage è partito da Totò Riina, il capo dei capi di Cosa Nostra. Sconosciuti, ancora oggi, quelli che vengono chiamati “i mandanti altri”.
Prima di quel 23 maggio che ha cambiato la storia della Sicilia e dell'Italia, già una volta avevano provato ad uccidere Giovanni Falcone. Nella borgata dell'Addaura nel giugno 1989, candelotti di dinamite e infamie, trame e isolamento. Delegittimato soprattutto dai suoi colleghi, i magistrati. Bocciato come consigliere istruttore a Palermo. Bocciato come candidato al Consiglio Superiore della Magistratura. Bocciato come Alto Commissario antimafia. Quasi bocciato anche come Procuratore Nazionale. L’hanno ucciso prima.
Dalla morte di Giovanni Falcone sono passati trentanni e questa serie del Blog Mafie la dedichiamo alla strage di Capaci pubblicando ampi stralci del libro “Uomini Soli” di Attilio Bolzoni, ripubblicato in queste settimane da Zolfo Editore.
Qui la lista con tutti gli articoli di questa serie:
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