La marcetta su Bologna delle nuove camicie nere è stata organizzata dalla ormai nota CasaPound e dal meno conosciuto Movimento nazionale - La rete dei patrioti. Dietro le sigle più o meno ripulite dalle nostalgie del Ventennio, alla fine ci sono sempre loro: i neofascisti. Da tempo hanno scelto una strategia di inabissamento, con un continuo mutamento di nomi, simboli e volti.

Ma, per quanto cambino, i programmi e le azioni restano i medesimi. Fascisti sotto mentite spoglie per non mettere in imbarazzo la destra istituzionale con cui flirtano, seppure senza ostentazioni. I gradi di separazione tra la destra istituzionale e le frange estreme extraparlamentari sono ridotti al minimo. In alcuni casi pari allo zero, come a Firenze nella sede di Casaggì, centro sociale attraversato da vari movimenti neri dove ha avuto la sede Fratelli d’Italia fino a poco tempo fa. E ci sono personaggi come i “colonnelli” al seguito del generale leghista Roberto Vannacci che fanno da cerniera di questi mondi solo in apparenza lontani.

A Bologna, città medaglia d’oro nella Resistenza e teatro della strage nera alla stazione, è andata in scena la marcetta di un manipolo di camicie nere, o meglio di felpe scure armate di bandiere tricolori. Un gruppo esiguo proveniente da più parti d’Italia. Una sparuta minoranza, insignificante dal punto di vista del consenso, e dunque non degna di attenzione, secondo alcuni.

Eppure quando il sindaco di Bologna, Matteo Lepore, dice al governo «ci avete mandato qui 300 camicie nere» esprime una preoccupazione reale.

Perché quando si tratta di neofascismo non conta solo la rappresentanza che esprime la galassia pulviscolare di sigle e associazioni note o sconosciute. Conta soprattutto il lavoro sporco sul territorio: fomentare la rabbia su questioni che poi l’estrema destra istituzionale al governo promette di risolvere. Vasi comunicanti, insomma. Sul tema immigrazione, per esempio, o case popolari, non c’è distanza di vedute tra Fratelli d’Italia, Lega e neofascisti. E non è raro trovare saldature tra parlamentari italiani o europei e i movimenti che rivendicano sui loro social l’essere fascisti. Di certo esiste una rete tra le varie organizzazioni, che, al di là dell’apparente distanza, marciano nella stessa direzione.

Generali, colonnelli, patrioti

La parola è ormai patrimonio del lessico governativo. Giorgia Meloni è una patriota, i suoi Fratelli d’Italia sono il partito dei patrioti. L’arrivo del generale Roberto Vannacci nella Lega ha sdoganato definitivamente il termine all’interno della Lega: il militare eletto con mezzo milioni di voti all’Europarlamento divide il mondo tra patrioti, cioè lui e i suoi seguaci, e gli altri, intesi “i traditori”.

Il sostantivo è però anche negli slogan dei fascisti del terzo millennio di CasaPound ed è centrale nel Movimento nazionale - La rete dei patrioti, che sono stati gli animatori del raduno di Bologna di sabato autorizzato dalla prefettura nonostante i dubbi durante il vertice sull’ordine e la sicurezza pubblica che lo ha preceduto.

La Rete dei patrioti opera in sinergia con CasaPound, si tratta di fuoriusciti da Forza nuova, il partito fondato dall’ex leader dell’eversione nera Roberto Fiore. La Rete dei patrioti non è un movimento, piuttosto vuole essere un contenitore di “comunità” neofasciste. Ha già un giornale online di riferimento: il “Due di picche”, che fa capo a una società con sede a piazza Aspromonte a Milano, dove ha sede il “Presidio”, storico ritrovo di Forza nuova ora orientato al nuovo movimento di patrioti.

La società dietro la testata Due di picche ha tra gli azionisti un 28enne, Luca Bolis: la questura di Milano nel 2019 aveva chiesto la sorveglianza speciale sulla base di un lungo elenco di azioni da militante fascista di razza: croci celtiche disegnate sui muri, saluti romani, aggressioni e violenze. Il tribunale aveva però rigettato la richiesta.

Il Presidio organizza eventi culturali e strizza l’occhio alla destra di palazzo. Il 12 settembre scorso, per esempio, hanno invitato Corrado Corradi e Fabio Filomeni, ufficiali dell’esercito, legati a Vannacci. Filomeni è il braccio destro del generale europarlamentare. Animatore delle associazioni Il mondo al contrario, nate per sostenere Vannacci nel suo percorso politico dentro e fuori la Lega di Salvini. In questo caso il grado di separazione tra neofascisti dichiarati e destra di governo è pari a zero: neppure un mese più tardi l’evento al Presidio, il fedelissimo del generale sfilava all’evento annuale della Lega. Era lì a fare da scorta a Vannacci, lo seguiva a ogni passo, come farebbe ogni consigliere politico.

Filomeni è di casa anche tra i neofascisti di Rinascita nazionale. Per capire i personaggi: sul profilo social del gruppo campeggia il manifesto “Commemorazione anniversario Marcia su Roma”, che si è tenuta a Predappio, dove è sepolto Benito Mussolini. Il fedelissimo di Vannacci è sulla loro lunghezza d’onda. Sui social scrive cose del tipo: «Il 25 aprile vorrei festeggiare la fine dell’antifascismo»; o anche che l’armistizio dell’8 settembre 1943 «ha spaccato un popolo». Rinascita nazionale dove i vannacciani sono a casa fa parte di questa nuova rete indistinta di gruppi patriottici, ma sempre neofascisti.

Acca Larentia

Da Milano a Roma fino a Bologna come nei giorni scorsi, dunque, l’osmosi tra le anime della destra sociale ed estrema si manifesta in eventi, manifestazioni, battaglie comuni combattute da posizioni diverse. C’è chi sta al governo e chi nelle strade, nelle sedi che sono riferimento di tutta questa galassia nera e di quella più istituzionale, come Fratelli d’Italia. Acca Larentia è il simbolo di questa sintesi di volti e storie. Monumento alla storia politica da cui provengono le sorelle Meloni e anche i leader di CasaPound o della Rete dei patrioti, gli organizzatori della manifestazione di Bologna.

Nella vecchia sezione del Movimento sociale italiano ogni 7 gennaio si commemorano “i camerati” uccisi. Di recente è stata acquistata da un’associazione connessa a CasaPound. Comprata, ha svelato Domani, grazie a 30mila euro regalati dalla fondazione nel cui board siede la sorella della premier nonché capa del partito di governo. A proposito, appunto, dei gradi di separazione tra le «camicie nere» scese in piazza a Bologna e chi avrebbe dovuto impedire quella manifestazione, organizzata da chi nega la matrice fascista della carneficina del 2 agosto 1980. Negazionisti che ritroviamo anche in gran quantità tra i banchi della maggioranza che guida il paese.

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