La procura aveva chiesto 4 anni e mezzo, ma sono state escluse due aggravanti. I maltrattamenti sarebbero durati tre anni. I difensori pronti a fare appello. L’ex compagna: «Le vittime di violenza continuano a pagare il prezzo di una carenza nell'educazione sentimentale e di una cultura permeata di pregiudizi»
Il filosofo Leonardo Caffo, imputato per maltrattamenti aggravati e lesioni gravi nei confronti della sua ex compagna, è stato condannato a 4 anni in primo grado. Lo ha deciso la quinta sezione penale del Tribunale di Milano, presieduta da Alessandra Clemente, al termine del processo. La procura aveva chiesto quattro anni e mezzo di reclusione e di non riconoscere le attenuanti generiche.
«Va bene colpirle uno per educarne mille, speriamo educhino gli altri mille. Io sono stato uno», ha detto Caffo reagendo alla sentenza di condanna. «Tutto quello che ho fatto, l'ho fatto per cercare di stare con mia figlia e ho senz'altro fallito - prosegue, rispondendo alle domande dei giornalisti -. Tornando indietro, se dovessi cambiare la cosa che andava cambiata non sarebbe nata mia figlia e sono felice che sia in vita. Auguro a lei e alla madre tutto il bene possibile perché il bene non si cancella». Il filosofo si dichiara «pronto» ad accettare le conseguenze della sentenza: «Non sono belligerante, non lo ero prima e non lo sarò dopo, ho un'enorme capacità di incassare merda e continuerò a incassarla».
I giudici hanno anche disposto una provvisionale di 45mila euro e l'interdizione dai pubblici uffici per 5 anni. Hanno escluso due aggravanti tra quelle contestate. I presunti maltrattamenti, al centro del processo con rito immediato che ha preso il via il 20 dicembre 2022, sarebbero cominciati nell'estate 2019 e sarebbero andati avanti fino all'estate del 2022, quando la giovane donna, ai tempi non ancora trentenne, decise di lasciarlo e di sporgere denuncia.
L’ex compagna: «Cultura permeata da pregiudizi»
«Questa sentenza è solo la superficie di un problema più ampio e radicato. Le vittime di violenza continuano a pagare il prezzo di una carenza nell'educazione sentimentale e di una cultura permeata di pregiudizi», ha affermato Carola, parte offesa ed ex compagna di Leonardo Caffo. La donna ha aggiunto che «è fondamentale che questa vicenda serva da spunto per riflettere su quanto ci sia ancora da fare per prevenire e contrastare realmente la violenza».
«Questa sentenza - ha continuato - conferma una verità che per questi due anni ho cercato di fare emergere, affrontando numerose difficoltà sul piano personale, legale e mediatico». Difficoltà che «non sono un caso isolato. Chiunque denunci una situazione simile si scontra con un sistema che troppo spesso manca di strumenti adeguati per supportare le vittime».
Le accuse
Nel capo di imputazione sono riportati molti episodi di minacce, insulti - anche nei confronti dei famigliari di lei - e violenze verbali e fisiche. Tra questi un litigio, che sarebbe avvenuto ad agosto 2020 a Catania, dove la coppia si trovava per le vacanze: lui, secondo la ricostruzione dell'accusa, le avrebbe afferrato «violentemente la mano destra contorcendogliela» e provocandole una frattura «scomposta» con «accorciamento del dito» e che nell'immediatezza era stata addebitata a una caduta sotto la doccia. Per i periti nominati dal collegio della quinta sezione penale la malattia è «perdurata per un periodo di tempo superiore ai 40 giorni».
I difensori del filosofo, ora 36enne, durante la loro arringa hanno ammesso che la relazione tra i due era diventata conflittuale ma hanno negato le violenze e le aggressioni denunciate dalla ex. Nei confronti di Caffo, nell'agosto di due anni fa, l'allora gip Ileana Ramundo, aveva disposto la misura cautelare dell'allontanamento da nucleo familiare, con divieto di avvicinamento, che è stato revocato dal tribunale lo scorso settembre, poco prima della scadenza dei termini.
Soddisfatta la difesa della parte civile, rappresentata da Elena Tomayer, così come alcune rappresentanti di un'associazione femminista che, prima dell'udienza, hanno mostrato all'ingresso del Palazzo di giustizia lo striscione “Sorella, io ti credo”. I difensori di Caffo sono pronti invece a fare appello.
A causa del processo, Caffo aveva rinunciato a partecipare al festival Più libri più liberi diretto da Chiara Valerio a Roma.
I problemi alla fiera
Il filosofo avrebbe dovuto presentare il suo ultimo libro “Anarchia” insieme alla curatrice Chiara Valerio. Ma, in un’edizione dedicata a Giulia Cecchettin, vittima di femminicidio, non si poteva non notare che Caffo fosse a processo.
Dopo le prime polemiche Caffo ha rinunciato alla sua partecipazione: «Se la mia sola presenza rovina una fiera così importante, per la cultura italiana e dedicata a un così alto ideale, credo sia necessario come intellettuale fare un passo indietro». Ma Valerio ha rilanciato, annunciando che sarebbe stata lei stessa a parlare di “Anarchia”, e nel suo intervento ha richiamato i concetti di «presunzione di innocenza» e di «diritto di parola». «La fiera – ha detto – si chiama Più Libri Più Liberi e il programma vive di questa libertà di dialogo e dissenso. Capire e giudicare non sono sinonimi».
Un intervento giudicato problematico, tanto che sono arrivate le disdette degli autori. Per esempio quella della vignettista Fumettibrutti, Josephine Yole Signorelli: «Ho deciso di non presenziare a Plpl quest'anno. Ci penso da giorni a come scrivere queste parole, mi aspettavo delle scuse e un cambio di rotta nelle intenzioni che purtroppo, ad oggi, non è arrivato». L’hanno seguita in tanti, tra cui Roberto Recchioni, Pietro Turano e Zerocalcare.
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