Stretta sulla cannabis light e niente codici identificativi per le forze dell’ordine, con l’okay solo alle body cam. Sono i principali risultati della seduta nelle commissioni Giustizia e Affari costituzionali della Camera per approvare gli emendamenti al ddl Sicurezza, che dovrebbe essere approvato la prossima settimana.

Per il governo Meloni la cannabis light va inserita tra le sostanze stupefacenti e non può dunque essere prodotta e commercializzata in Italia. Un comparto del made in Italy in crescita da anni si ritrova così fuori legge, con conseguenze nefaste per migliaia di lavoratori.

Inoltre il governo, che già più volte ha messo in discussione il reato di tortura, ha deciso di ignorare l’appello di associazioni e attivisti per introdurre i codici identificativi degli agenti, l’unico vero modo per individuare e punire i tanti, troppi abusi di potere in Italia.

Contro la cannabis light

È stata una seduta fiume quella delle commissioni Giustizia e Affari costituzionali della Camera per approvare gli emendamenti al ddl Sicurezza. Alcune proposte che avevano suscitato parecchie polemiche, come quelle sul reato di integralismo islamico, sulla castrazione chimica e sulle prediche in italiano nelle moschee, non sono passate. Ma su altre questioni, come la cannabis light, è arrivata la stretta del governo Meloni, che dal suo insediamento non ha mai smesso di introdurre nuovi reati e nuove forme di criminalizzazione.

La legge 242 del 2016 promuove gli utilizzi della cannabis per fini alimentari, tessili, cosmetici e bioedilizi, e il limite di tolleranza per il tetraidrocannabinolo (Thc), il principio attivo con effetti psicotropi, è dello 0,2 per cento (fino allo 0,6). Questo ha fatto sì che, accanto alla produzione industriale, negli ultimi anni in Italia sia nato e cresciuto un comparto di infiorescenze di cannabis light.

Cannabis senza principio attivo psicotropo, di fatto, che sin dall’inizio però è finita al centro della guerra alla droga delle destre, incapaci tanto di comprendere il fallimento del proibizionismo quanto, ancor più grave, di fare una distinzione tra quello che è droga e quello che non lo è.

Dal suo insediamento, a fine 2022, il governo Meloni è andato avanti a dichiarazioni nella sua guerra alla cannabis light. E ora, con il decreto Sicurezza, è passato ai fatti. Il governo nella notte del 31 luglio ha approvato l’emendamento che equipara la cannabis light a una droga, inserendola nel Testo unico degli stupefacenti.

Un comparto in ginocchio

Secondo il governo, la cannabis light può provocare «alterazioni dello stato psicofisico che mettono a rischio la sicurezza e l’incolumità pubblica e la sicurezza stradale». Una teoria totalmente priva di basi scientifiche ma che è stata sufficiente per decidere di mettere in ginocchio un comparto intero.

Con la stretta approvata nel ddl Sicurezza a rischio ora ci sono circa 800 aziende, per 11mila posti di lavoro e un giro d’affari che in Italia si stima in 500 milioni annui. Ma in realtà la stretta potrebbe essere ancora più ampia, perché, da come è scritto l’emendamento, sarebbe vietato il commercio di ogni prodotto derivato dalla pianta, dal momento che si vieta la produzione di infiorescenze.

E siccome ogni pianta di canapa produce il fiore, ogni pianta di canapa, anche quella usata per produrre mattoni, prodotti cosmetici, farine e quant’altro, diventerebbe illegale. La guerra alla droga del governo Meloni riguarda dunque non solo una droga che nelle sue forme di consumo ricreativo droga non è, ma anche prodotti che non c’entrano nulla con tutto questo e che riguardano altri settori.

«È una grave sconfitta per la libera impresa in Italia», ha denunciato Cristiano Fini, presidente di Cia-Agricoltori italiani, in coro con le altre associazioni agricole italiane. «Il governo Meloni, in preda alla furia ideologica, cancella una filiera tutta italiana. E pensano anche di aver fatto la lotta alla droga», ha tuonato il parlamentare Riccardo Magi (+Europa).

Le associazioni

Perché il divieto sulla cannabis light entri in vigore serve l’approvazione del ddl Sicurezza del parlamento. Vista l’importanza del pacchetto, è probabile che verrà posta la fiducia. Le associazioni di settore comunque hanno annunciato battaglia e presenteranno ricorso per bloccare l’emendamento.

Anche perché, come denunciano, il decreto non è stato ancora notificato al Technical Regulation Information System, il sistema dell’Unione europea che richiede agli stati membri di notificare le nuove regolamentazioni tecniche prima che vengano adottate. E questo potrebbe costituire una violazione delle procedure Ue.

Intanto nella seduta delle commissioni Giustizia e Affari costituzionali è stato bocciato un altro emendamento della Lega sul tema, che voleva vietare l’uso dell’immagine della pianta di canapa per fini pubblicitari. Un altro emendamento che è passato è invece quello che prevede l’uso delle bodycam per gli agenti di polizia. Attivisti e associazioni da anni chiedono ben altro, e cioè che si introducano i codici identificativi per gli agenti così da poter individuare in modo trasparente e sicuro i responsabili degli abusi in divisa.

Il governo però ha sottolineato che i codici sono «strumenti contro le forze di polizia», una frase che già era stata pronunciata riguardo al reato di tortura, che in molti a Palazzo Chigi vorrebbero abolire. L’approvazione delle bodycam suona quindi come un contentino, che non cambierà lo stato delle cose. Anche perché l’emendamento prevede un uso facoltativo, non obbligatorio. In definitiva, non cambierà nulla.

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