Le sentenze contro il fondatore di FdI per canoni non versati rivelano uno schema. Il prontuario passa da ipoteche, sfratti e dichiarazioni fasulle, bocciate dai giudici
La saga immobiliare di Guido Crosetto restituisce un manuale pronto all’uso: una guida utile in caso si voglia insistere nel non pagare l’affitto della propria dimora di gran pregio. Come svelato da Domani, infatti, le avventure immobiliari del fondatore di Fratelli D’Italia, sono segnate da controversie legali, nelle cui pieghe si trova ogni sorta di escamotage o scappatoia: il danno d’immagine, i lavori di abbellimento, l’uso promiscuo dell’immobile e, perfino, l’accensione del riscaldamento.
Sentenza per sentenza, bisogna passare in rassegna ogni dettaglio, con la necessaria premessa che per affrontare simili sfide è fondamentale disporre di un avvocato di fama, di molto potere e tanta pazienza perché l’iter è lungo. Un’avvertenza: nel caso di specie Crosetto ha incassato solo sconfitte e alla fine il giudice lo ha condannato a pagare con gli interessi.
Ma i tentativi multipli usati dell’attuale ministro con lo scopo di non versare il dovuto ai proprietari delle case di lusso sono comunque notevoli e vanno studiati con attenzione, anche se in questi giorni il governo ha annunciato una nuova stretta agli occupanti di case e per loro il sottosegretario alla Giustizia, Andrea Delmastro Delle Vedove, aveva già evocato le maniere forti, «vanno presi per la pelle del culo». Per fortuna era solo una iperbole e non si riferiva agli amici di governo.
Il perfetto manuale dell’abusivo non può non partire dalle ipoteche relative alle due case principesche di via Margutta, a pochi passi dalla scalinata di piazza di Spagna.
Prima regola: la fiducia
L’attuale numero uno della Difesa ha un debole per quella strada, poco distante dal suo hotel preferito, il De Russie, il cinque stelle dove ha più volte soggiornato. All’epoca, a chi gli faceva notare la sua vita da nababbo, rispondeva: «Fumo e, poiché ho i giorni contati, voglio vivere decentemente».
I guai iniziano quando Crosetto decide di vivere in via Margutta. Qui è protagonista di due inciampi legali, sempre per lo stesso banale motivo: non pagava l’affitto. La prima casa è un appartamento di 130 metri quadri divisi in quattro vani.
La prima regola del manuale è, all’inizio, pagare tutto il dovuto ai proprietari. Dare fiducia. Solo dopo un po’, iniziare a non rispettare i contratti. La strategia non funziona: a Crosetto viene così notificato un decreto ingiuntivo al quale segue, un anno più tardi, l’ipoteca giudiziale di una porzione di un immobile intestato al ministro nella sua provincia di origine, Cuneo.
Il valore del pignoramento, tra canoni, spese e interessi, arriva a 160mila euro. L’ipoteca iscritta è stata cancellata solo due anni più tardi. Il 2016 è l’anno nel quale Crosetto viene anche condannato a pagare canoni di locazione e interessi per le peripezie gestionali e contabili in merito a un altro appartamento, sempre a via Margutta.
In questo caso la proprietà è di Albergo di Russia, la società che gestisce e possiede immobili di pregio in centro storico a Roma, proprietaria peraltro sia del celebre marchio Hotel de Russie sia delle mura dell’albergo più amato dal ministro.
Seconda regola: temporeggiare
Dalla sentenza traiamo altre regole dell’affittuario impenitente. Quando arriva l’ordinanza di sfratto per i mancati pagamenti dei canoni di locazione, Crosetto convince la proprietaria a non cacciarlo, firmando una scrittura privata e dilatando così i tempi di riconsegna di quattro mesi ed evitando la rogna dell’ufficiale giudiziario e di dover trovare in quattro e quattr’otto una nuova casa.
Arrivato alla scadenza, entra in scena la seconda regola: temporeggiare e posticipare. Infatti, alla fine resterà da abusivo sei mesi in più del tempo previsto.
Terza regola: contrattaccare
Quando il contenzioso giudiziario diventa inevitabile scatta la terza regola: negare la realtà. In questo caso più o meno suona così: «Non sono io che non ho pagato, è la controparte che vuole danneggiare la mia immagine».
Nella sentenza, infatti, si fa riferimento al tentativo dell’attuale ministro di addebitare danni d’immagine e di reputazione alla proprietà, tesi respinta dal giudice. Quando anche questa strada diventa non percorribile c’è la soluzione finale: i lavori di abbellimento. Migliorie per non pagare o diminuire il dovuto. Stesso esito: richiesta respinta dal giudice.
Quarta regola: l’uso promiscuo
Il manuale propone altre possibilità. Se ne trova conferma in un’altra sentenza integrale che Domani ha letto. Si tratta di un terzo immobile affittato da Crosetto in zona Ponte Milvio. La sentenza del tribunale di Roma risale al 2022 e lo condanna al pagamento di 68mila euro. Si tratta di un appartamento regale in una palazzina d’epoca con canone di locazione mensile di 5mila euro.
Anche in questo caso lo schema si ripete. Inizio tranquillo, poi i mancati pagamenti, l’avvio del contenzioso, la richiesta di sfratto per morosità. Dentro le pieghe della controversia giuridica si trovano tentativi dilatori, presunti danni patrimoniali, la carta dei lavori eseguiti, definiti «migliorie», pur di non pagare.
Tutte richieste, anche in questo caso, bocciate dalla giudice che scrive di un «grave inadempimento del conduttore» che non ha versato 12 mensilità ed è andato via solo all’emissione dell’ordinanza di rilascio decisa dal tribunale.
Nel pronunciamento, però, c’è anche un capitolo che sembra un romanzo fantasy. Crosetto e la sua difesa chiedono la nullità del contratto di affitto perché a uso promiscuo, ufficio e abitativo. Il ministro dice al giudice che lui, però, l’ha usato solo come abitazione. Un tentativo che non funziona.
La giudice scrive infatti: «In conclusione, il Crosetto ha realmente voluto, al momento dell’offerta e della sottoscrizione del contratto, destinare l’immobile a uso promiscuo con prevalenza a uso ufficio». Tra l’altro proprio in quella casa aveva sede legale la società di consulenza Csc, di Crosetto, del figlio e della compagna, poi chiusa nel 2023 per evitare polemiche su conflitti d’interessi.
Quinta regola: il gas
Ma il manuale non è concluso. Crosetto contestava i tempi di accensione del riscaldamento o i vizi strutturali dell’immobile tali da renderlo «inagibile». Un tentativo fallito come gli altri. La giudice riporta le parole contenute nel verbale d’immissione nel quale il locatore, Crosetto, dichiarava che «l’appartamento era in buono stato e di suo gradimento».
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