A Cutro, in Calabria, hanno commemorato i morti del naufragio di due anni fa, con la fiaccolata di questa notte sulla spiaggia. Una liturgia laica utile non solo a non dimenticare. Necessaria per fare in modo che non una strage del genere non si ripeta mai più. Intanto, a migliaia di chilometri da quella spiaggia del ricordo, al confine tra Macedonia del Nord e Grecia, un gruppo di quattro ragazzi si nasconde tra la boscaglia. Siamo a poca distanza fuori dalla cittadina di Gevgelija.

In qualche modo sono riusciti ad oltrepassare la recinzione che il governo di Skopje ha fatto costruire nel 2016 e che tuttora, per 37 chilometri, percorre il confine tra i due Paesi. Sono sbarcati su una delle spiagge della zona di Nea Moudania, poi si sono diretti a Salonicco e poi sono risaliti su, fino a Idomeni. Di lì hanno trovato un passaggio sicuro nella rete per entrare in Macedonia e ora sono pronti a imboccare la rotta balcanica.

Il confine

La polizia di frontiera macedone pattuglia il confine, soprattutto di notte, ma – ci dicono i cittadini del posto – le ronde sulle strade laterali sono ormai rare. La Macedonia del Nord, infatti, non è più un luogo frequente di passaggio come lo è stato tra il 2015 e il 2016. Gli stessi ragazzi ci sono capitati per caso. Due di loro sono marocchini e parlano inglese.

«Siamo arrivati a Istanbul con l’aereo», racconta Halim. «Una volta a terra abbiamo notato un gruppetto con gli zaini e ci siamo avvicinati. Abbiamo scoperto che avevano già il contatto con un mediatore per il viaggio e allora ci siamo accodati. All’uscita dell’aeroporto ci attendeva un minibus e poco dietro ce n’era anche un altro già pieno, pronto a partire».

I ragazzi spiegano che l’uomo ad attenderli era egiziano. «A bordo della navetta si è fatto pagare, noi gli abbiamo dato 1.000 euro, e poi ci ha portati a mangiare in un ristorante nel centro di Istanbul. Io e Zouhir, indica l’amico, eravamo confusi». Dopo cena il mediatore egiziano aveva portato il suo gruppo in una casa alla periferia di Istanbul e li aveva lasciati all’ingresso.

«A gestire l’appartamento c’era un uomo siriano molto aggressivo che ci aveva fatto entrare in una delle stanze», spiega ancora Halim. I ragazzi marocchini raccontano di essere entrati in una stanza in cui erano stipati in 30 in pochi metri quadri. Gli altri due migranti, tunisini annuiscono con la testa e confermano che nella casa c’erano altre due camere in ognuna della quali, divisi approssimativamente per nazionalità, erano rinchiuse altre 60 persone. In tutto, nella casa c’erano poco meno di 100. «Quando dopo tre ore, nel mezzo della notte, ci hanno chiesto chi volesse partire, noi abbiamo accettato subito – dice Halim – Non sapevamo per dove». 

I quattro spiegano di essere stati aggiunti a un gruppo in partenza e di essere saliti su un altro bus. Questa volta alla guida ci sono due turchi, dicono. «Abbiamo viaggiato per tre ore e quasi alla spiaggia – racconta ancora Halim – ci ha fermato una macchina della polizia. L’autista ha parcheggiato il bus, si è messo a parlare con gli agenti e quelli poco dopo ci hanno lasciati andare, li hanno pagati. A quel punto siamo saliti su un gommone. Uno dei turchi mi ha chiesto se volessi guidare la barca in cambio di un parziale rimborso dei miei soldi – aggiunge Halim – ma io ho rifiutato. Non volevo avere sulla coscienza dei morti, se fossimo affondati».

Le partenze di aprile

Il piano dei quattro ragazzi era quello di arrivare direttamente in Italia, ma hanno pensato che fosse meglio cogliere l’occasione al volo per lasciare la Turchia. E così ora sono a due ore di viaggio dalla prossima meta, Tabanovce, a 7 km dalla serba Kumanovo.

Gli arrivi dalla Turchia alla Grecia, in particolare sulle isole dell’Egeo, sono aumentati di molto nelle ultime settimane, mentre le partenze dei barconi diretti verso le coste italiane ultimamente sono più rari. «Non riusciamo a monitorare il movimento – spiega Hikmet Kara, che lavora con una Ong a Smirne – ma sappiamo che in questo periodo dell’anno non sono programmati viaggi a lunga percorrenza. La notizia della strage di Cutro – dice ancora Hikmet – ha messo in allarme trafficanti e mediatori, per cui, anche se ci sono richieste specifiche per l’Italia, le hanno rimandate da aprile in poi».

L’ultima partenza, ci dicono le nostre fonti in Turchia, risale a dicembre ed è, infatti, l’ultimo sbarco registrato dalla Croce Rossa Riviera dei Gelsomini a Roccella Jonica. «Ma in primavera il business riprenderà per certo – spiega ancora Hikmet – nonostante noi cerchiamo di scoraggiare e di sottolineare l’estrema pericolosità del viaggio». Ma la comunicazione che la rete del traffico riesce a realizzare è troppo capillare e, in qualche modo, accattivante, per i migranti che, nella maggioranza dei casi, arrivano da situazioni drammatiche. Sono per lo più afgani, iraniani e siriani, ma non solo.

Di recente, infatti, la rotta turca e quella balcanica si sono affollate di sub-sahariani e nord africani, terrorizzati di finire sepolti vivi nel deserto tra Libia e Algeria o di essere torturati nei lager o di essere venduti come schiavi. In Turchia, nonostante alla fine del 2024 l’Ue abbia elargito a Recep Tayyip Erdogan ancora un miliardo, ufficialmente per l'assistenza sanitaria dei rifugiati e per la gestione della migrazione e delle frontiere, il business del traffico è molto attivo. «I turchi sono assolutamente coinvolti – spiega Tareke, un giornalista siriano che vive da anni a Smirne – per cui, fa comodo prendere i soldi da un lato e prenderne altri dall’altro. E nelle prossime settimane ci saranno molte partenze».

Intanto, a Cutro, associazioni e cittadini hanno commemorato le vittime del naufragio che due anni fa, nella notte tra il 25 e il 26 febbraio, spezzò la vita a 94 persone, tra cui 35 bambini, a soli 50 metri dalla riva. Partiti a bordo di un caicco proprio da Smirne.

Anche in questo secondo anniversario la Rete 26 febbraio (più di 400 fra associazioni ed attivisti) ha organizzato molti eventi per non dimenticare una delle stragi più tremende avvenute davanti le coste italiane. Nella notte di ieri, ci si è trovati proprio sulla spiaggia di Steccato di Cutro per una fiaccolata. Per ricordare le vittime e sperare che non accada ancora.

© Riproduzione riservata