Calderon è imputato per l’assassinio del narco ultras Fabrizio Piscitelli. I legali chiedono l’inutilizzabilità delle chat che hanno portato alle dimissioni del portavoce di Lollobrigida
Per sette mesi gli uomini della squadra mobile di Roma hanno avuto un obiettivo: individuare, tra gli scooter di tutta la provincia di Roma, quello su cui il 7 agosto del 2019, viaggiava l’uomo che, nell’agguato di matrice mafiosa, freddò Fabrizio “Diabolik” Piscitelli, il narco ultrà a capo degli Irriducibili della Lazio del cui omicidio è oggi accusato l’argentino Raul Esteban Calderon.
«Viaggiando per l’Europa, quando mi imbatto in uno scooter Piaggio Beverly 300 nero cosmo mi avvicino sempre ad osservarlo», dice Stefano Signoretti, dirigente della squadra mobile della Capitale nel corso dell’udienza in cui è testimone.
L’udienza, quella celebrata ieri martedì 25 giugno davanti alla terza corte d’Assise di Roma, inizia con grande ritardo. Problemi di video collegamento dal carcere in cui è recluso l’imputato accusato di essere l’esecutore materiale dell’omicidio di Diabolik e che, per l’occasione, viene trasferito nella casa circondariale di Campobasso.
«Dal primo gennaio 2019 al 7 agosto 2019 sono state portate avanti le ricerche sullo scooter», dice Signoretti. Dall’attività di indagine due sono i motorini che vengono attenzionati perché compatibili col modello utilizzato per l’omicidio Piscitelli. Due mezzi dunque, entrambi rubati, di cui uno trovato bruciato pochi giorni dopo l’agguato.Per corroborare la compatibilità tra gli scooter rinvenuti con quello usato il 7 agosto di quattro anni fa, il capo della mobile di Roma esibisce il carteggio sulle caratteristiche degli scooter con tecnici esperti.
Per l’avvocata di Calderon, Eleonora Nicla Moiraghi, quella prodotta è «un’esibizione documentale disordinata». Il pm Mario Palizzi replica: «Alla prossima udienza entrerò in aula con un Beverly».Per approfondire la compatibilità tra lo scooter, in particolare il mezzo bruciato, e quello del 7 agosto 2019 viene sentito anche il proprietario del primo, chiamato a testimoniare. «Dai frame del video (quello in cui si vedrebbe l’assassino fuggire, ndc) che mi è stato mostrato dalla polizia giudiziaria emerge la similitudine tra quel mezzo e il mio”, dice Giancarlo Caselli. «Lei è esperto di tutti i modelli di Beverly?», incalza in ultimo la difesa.
E non solo motorini. C’è anche un cellulare, quello di Fabrizio Piscitelli, al centro dell’udienza. È quello già notissimo alle cronache - da febbraio noto alle parti - per le chat razziste e antisemite tra Diabolik e Paolo Signorelli, ormai ex portavoce del ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida.
Per le parti civili in particolare, gli avvocati Luca Ranalli e Tiziana Siano, quello smartphone non si deve utilizzare. Irrilevante ai fini del processo, con conversazioni private, per i legali sarebbe pertanto inutile per stabilire la verità. La risposta della corte sull’utilizzabilità arriverà l’11 luglio.
E sempre a proposito di chat, nella scorsa udienza del 6 giugno, invece, s’è fatto riferimento alle conversazioni attribuite a Piscitelli e a Peppe Molisso, re dei narcos di Tor Bella Monaca e braccio destro del boss Michele Senese. La difesa osservava che le chat erano datate al tempo in cui lo stesso Molisso si trovava in carcere. Palazzi oggi chiarisce: «Dagli accertamenti effettuati Molisso era in permesso premio».
Tra i teste sentiti sul tema della decriptazione di alcune chat acquisite, Maurilio Grasso, all'epoca dei fatti alla guida del pool di investigatori che si occupò dell'assassinio di Fabrizio Piscitelli: «Le chat le abbiamo ricevute dai carabinieri, noi abbiamo solo cercato di capire se fossero utili alle indagini». Il primo luglio intanto verranno sentiti due collaboratori di giustizia, i fratelli Capogna.
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