La lista dei clienti di Pazzali e Gallo è sconfinata: decine di aziende strategiche e singole persone (come Ronzulli e Del Vecchio) hanno pagato la società d’intelligence. Numeri impressionanti: 15 terabyte di file scaricati, 800 mila spiati. Sotto la lente degli inquirenti anche alcuni dossier frutto di richieste «politiche»
Società energetiche strategiche come Eni o Erg. Aziende come Heineken, Barilla, l’ex Ilva o Gamenet del gruppo Lottomatica. Ma anche il Mossad, il Vaticano e pezzi dei servizi segreti italiani ancora senza un nome. E poi soggetti famosi che si sono mossi probabilmente a titolo individuale, come la senatrice di Forza Italia Licia Ronzulli o Leonardo Del Vecchio.
L’indagine della procura antimafia di Milano sugli hacker spioni guidati dal presidente (ora autosospeso) della Fondazione Fiera Milano Enrico Pazzali sta scoperchiando un sistema fatto di centinaia di clienti – tra aziende e singole persone – che hanno beneficiato dei servizi offerti da Equalize e dalle altre società di investigazione privata (Mercury Advisor e Develope and Go) accusate di aver ottenuto e diffuso informazioni riservate. Servizi che solo nel 2023 hanno fruttato 1,9 milioni di euro e che spaziavano dalle attività lecite – come le analisi reputazionali o la bonifica informatica di Trigoria fornita all’AS Roma – fino a quelle illegali, secondo i pm, il vero core business: ricerche in banche dati segrete e dossieraggi, oltre che politici, chiesti da aziende sul conto di propri «nemici» e propri dipendenti.
Un mercato da migliaia di dati
«Ricattare, estorcere, condizionare la vita politica e imprenditoriale» del Paese: così i pm descrivono la missione del gruppo di via Pattari 6 in cui è coinvolto anche il super poliziotto Carmine Gallo, ora ai domiciliari, che possiede Equalize insieme a Pazzali. I numeri sono impressionanti. Oltre 800 mila persone spiate tramite grazie ad accessi abusivi a banche dati dello Stato: il sistema del Viminale dove convergono le notizie sulle attività delle forza di polizia (lo Sdi: qui sono state fatte 350 mila intrusioni), la banca dati dell’Inps, il sistema informatico dell’Agenzia delle Entrate (Serpico), l’Anagrafe nazionale della popolazione residente (Anpr), il Sistema informativo valutario (Siva).
Eni, un «cliente strategico»
Eni è tra i nomi che compare di più tra le carte degli inquirenti, così tante volte che i rapporti con il gruppo di via Pattari saranno riepilogati «con una specifica nota a parte». Il suo potente capo degli Affari legali, Stefano Speroni, compare tra i 52 indagati. I carabinieri del Comando provinciale di Varese, nelle quasi quattromila pagine di informativa, descrivono la società partecipata dal governo e guidata da De Scalzi tra i «clienti strategici», spesso citata dagli altri soggetti coinvolti nell’inchiesta «come principale cliente del gruppo».
Tra marzo 2022 e ottobre 2023 Equalize ha incassato dal colosso energetico quasi 380 mila euro, anche se il nome di Eni, come quello di altri potenti clienti, non compare nel foglio clientela in possesso degli indagati. Le indagini serviranno anche a capire in che modo siano stati formalizzati i rapporti con la società sotto inchiesta, tra le altre cose, per «accesso abusivo a sistema informatico». Anche perché negli uffici dell’azienda di Pazzali e Gallo sono stati trovati documenti riservati della società di Stato.
Ma la vicenda più spinosa riguarda l’utilizzo dei servizi offerti da Equalize per indagini sui grandi accusatori dei processi in cui è stata coinvolta Eni. Su tutti, «il report fornito dal gruppo al cliente Eni Spa nei confronti di Mazzagatti, Amara e Armanna». Piero Amara è l’ex legale esterno di Eni rinviato a giudizio perché accusato di aver organizzato, insieme a Vincenzo Armanna (dirigente Eni in Nigeria), un depistaggio giudiziario per inquinare i processi per corruzione internazionale in Algeria e Nigeria. Francesco Mazzagatti, invece, è un imprenditore con cui il colosso energetico è in causa.
La questione potrebbe essere intrecciata (ma il condizionale è d’obbligo) al ritrovamento il 5 gennaio 2020 da parte di Speroni sotto lo zerbino di documenti bancari contro i «nemici» del colosso energetico, fatto recapitare a casa sua in maniera anonima. Uno degli hacker intercettati ricostruisce la nascita del rapporto con l’azienda partecipata: «Perché Eni ci chiama? Perché c’è Enrico Pezzali… e perché Samuele e Carmine (Gallo, ndr) fanno le indagini». Poi alcuni riferimenti espliciti allo zerbino: «Montiamo tutta la pantomima, non lo sapeva nessuno, solo… Descalzi (ad Eni, ndr) e Speroni. Speroni li trova sotto lo zerbino… te la ricordi tutta la cosa? Io posso vincere quasi il premio oscar quando mi metto a fare ‘ste cose… ti ho fatto un’indagine pilotata».
In una nota Eni ha ribadito «di non essere mai stata, e di non essere, in alcun modo al corrente di eventuali attività illecite condotte da Equalize».
Erg, Heineken, Barilla, Number1: dossieraggi sui dipendenti
Potenziali dossier sui «nemici», ma anche sui propri lavoratori. Tra i principali clienti di Equalize c’è Erg (non indagata), operatore genovese nell’energia rinnovabile, che nel 2023 ha sborsato 117 mila euro. I servizi degli hacker con base a Milano sono serviti per monitorare 14 lavoratori dell’area Energy Management dopo che una lettera anonima li aveva accusati di fare insider trading sfruttando informazioni interne.
Lo spionaggio è stato fatto con un trojan, stesso strumento usato anche nei confronti di alcuni dipendenti Heineken Italia. Lo scorso anno Heineken ha sborsato 25 mila euro a Equalize, mentre 17 mila euro sono stati versati da Barilla per scoprire le fonti di un giornalista di Milano Finanza sui cambi al vertice della società. Obiettivo poi raggiunto grazie alla collaborazione del responsabile sicurezza dell’azienda, che in un’intercettazione si congratulava per il lavoro fatto: «Lei è già arrivato all’obiettivo. Siete troppo forti».
Né Heineken né Barilla sono indagate, così come non è penalmente coinvolta Number1, società di logistica che nel 2023 ha dato alla creatura di Pazzali e Gallo 78 mila euro. Il denominatore comune è la ricerca di informazioni sul conto dei propri dipendenti. In questo caso, un dirigente sospettato di accordarsi con alcuni fornitori illegalmente, in cambio di soldi.
Fenice srl: un cliente che vale 1,1 milioni di euro
Sfogliando le 4 mila pagine dell’informativa dei carabinieri, nella parte relativa ai clienti di Equalize saltano all’occhio gli 1,1 milioni di euro versati da Fenice Benefit srl, che opera tra le altre cose nel settore delle ristrutturazioni, che fanno dell’azienda romana il principale cliente di Pazzali e Gallo. Il suo ad, Lorenzo Sbraccia, è indagato perché secondo gli inquirenti «voleva acquisire informazioni illecite per salvaguardare sé e i suoi affari».
Ex Ilva e Gamenet (gruppo Lottomatica)
Tra i clienti anche l’ex Ilva in amministrazione giudiziaria: «La società – si legge negli atti, con allegato un pagamento di quasi 18mila euro – diviene cliente del gruppo a seguito dei legami tessuti da Pazzali e dai suoi contatti con Claudio Picucci», direttore risorse umane del gruppo con un passato con lo stesso ruolo in Poste Italiane. Né il manager né Ilva risultano indagati.
Gamenet, primo operatore italiano del mercato del gioco legale del gruppo Lottomatica, insieme a Eni è definito nelle carte «tra i clienti strategici del gruppo di via Pattari». Tra il 2020 e il 2023 ha versato parcelle da 125.500 euro a Mercury Advisor, altra società di investigazione della galassia di Pazzali. In questo caso la richiesta è stata quella di «effettuare degli accertamenti su Red Slot srl».
La lista delle realtà economiche che si sono rivolte al gruppo di via Pattari, non necessariamente per i suoi servizi illeciti, è molto lunga. C’è Brt, leader delle consegne, e i suoi pagamenti per 120 mila euro. Non è indagata, così come non lo è Banca Profilo, che ha sborsato oltre 43 mila euro per un non meglio definito «mandato investigativo», o il gruppo Unipol, con parcelle da 50mila euro. L’elenco potrebbe continuare.
Mossad e Vaticano
Insieme ai clienti «normali» ce ne sono altri più atipici e che spiegano bene il motivo per cui Nunzio Calamucci, l’hacker (arrestato) al centro delle attività di Equalize & Co. e con un passato in Anonymous, presentava i suoi soci come «mercenari dell’intelligence». Non a caso nell’ordinanza i pm scrivono che il gruppo degli indagati godrebbero di «appoggi di alto livello», anche «quello dei servizi segreti, pure stranieri».
Tra i clienti di Pazzali e Gallo c’è nientedimeno un gruppo di israeliani legati ai servizi segreti di Tel Aviv. Nelle carte non è specificato se siano del famigerato Mossad, ma certamente provengono dagli 007 di quello stato. Nelle carte vengono riportati alcuni incontri tra Calamucci e due spie israeliane. «Gli argomenti trattati sono numerosi – scrivono gli inquirenti – e vanno dal monitoraggio degli attacchi hacker condotti da organizzazioni vicine al governo russo al monitoraggio e contrasto del finanziamento alla società di mercenari “Wagner”, all’intercettazione di fondi e movimenti bancari legati agli interessi russi». L’hacker «a nome del gruppo mette a disposizione i dati esfiltrabili dalle Banche dati strategiche nazionali e si rende disponibile alle attività d’intelligence richieste previo pagamento».
Oltre a 40 mila euro già fruttati da questo rapporto, quando sono in corso queste intercettazioni (8 febbraio 2023) «in gioco vi è una commessa da un milione di euro». I rapporti con il Mossad sarebbero stati mediati da Vincenzo De Marzio, ex carabiniere del Ros con un passato nel Sismi. Gli investigatori scrivono che De Marzio è colui che «fornisce al gruppo contatti, intelligence straniere e clienti di altissimi profilo».
Gli israeliani propongono al gruppo anche «una partnership per trasferire a quest’ultimo le informazioni eventualmente di interesse per il cliente Eni. (…) Vengono incaricati di monitorare ed acquisire informazioni utili nei loro confronti di Amara e Mazzagatti a cui vengono illustrati i loro interessi con l’Iran». Tema che ingolosisce e non poco Pazzali e Gallo: concordano di parlarne con Speroni, braccio destro di Descalzi.
C’è poi il Vaticano, anche se qui non è ancora chiaro se alla fine un accordo ci sia stato e in cambio di quanti soldi. Certo è che nelle intercettazioni si ascolta Calamucci parlare di un non meglio definito «braccio destro di Putin (…). La Chiesa chiede quello – continua –. La aiutiamo la Chiesa contro la Russia o no? Ci darà un po’ di roba per l’anno prossimo?». E Gallo risponde: «Se ci paga… è sempre stato gratis».
Del Vecchio, Ronzulli e Arpe
Di questo «gigantesco mercato di informazioni personali» ha fatto parte, più a titolo personale che professionale, anche Leonardo Maria Del Vecchio, manager di Essilor Luxottica e figlio del fondatore del gruppo. Del Vecchio junior è indagato, si sarebbe rivolto ai servizi del trio Pazzali-Calamucci-Gallo in almeno due circostanze: per spiare con un trojan la sua futura moglie, la modella Jessica Serfaty, e per avere notizie sul fratello Claudio (Calamucci è indagato per aver creato un finto rapporto per offuscarne l’immagine) e in generale su tutti i familiari, nel bel mezzo dello scontro per l’eredità.
«Mi controlli un nominativo di una signora che mi ha girato Forza Italia?». La richiesta viene fatta di Pazzali a Gallo, la «signora di Forza Italia» è Licia Ronzulli, senatrice azzurra. «Mi arriva dalla Ronzulli, mi fa un po’ paura. Non vorrei che fosse da giovane una delle letterine, quelle robe lì», dice il manager intercettato. «No no, non ha mai fatto nulla da giovane, si è sempre occupata di comunicazione (…). Poi ti do tutto, non ti preoccupare», risponde Gallo. Dalle conversazioni sembrerebbe che sia stata la senatrice a chiedere il report, anche se nei giorni scorso Ronzulli ha smentito questa ricostruzione.
In questo filone è indagato anche il banchiere Matteo Arpe, con alle spalle ruoli di primo piano da Mediobanca a Capitalia, condannato in passato anche per il caso Ciappazzi-Parmalat. Insieme al fratello Fabio, il nome di Matteo Arpe è finito nelle carte dell’inchiesta per la richiesta di acquisire, da una filiale di Alessandria, «dati informativi coperti dal segreto d’ufficio», in particolare «informazioni bancarie» sui conti correnti di una donna.
I dossier per la politica
Report in cambio di soldi – questa la spina dorsale dell’inchiesta – ma anche dossier per la politica. Il grande sponsor di Pezzali è il leghista governatore della Lombardia Attilio Fontana, oltre che esponenti di Fratelli d’Italia, del calibro del presidente del Senato Ignazio la Russia e della ministra del Turismo Daniela Santanché.
Dopo la fine della sua esperienza di ad di Fiera Milano Spa, anche a causa del caso Nolostand che rivelò infiltrazioni mafiose tra i fornitori della Fiera e il suo trasferimento a Eur Roma Spa, Pezzali è stato nominato nel 2019 a presidente della Fondazione Fiera Milano: nomina per cui è stato necessario il consenso della Regione guidata da Fontana, oltre che del sindaco di Milano Sala.
Nell’inchiesta è emerso un interessamento di Pezzali su persone legate a Letizia Moratti, che a fine 2022 si è candidata per sfidare Fontana alla guida del Pirellone. «Scusami, ti ho girato un sito, è quello nuovo della Moratti per lanciarsi contro Fontana», scrive il manager indagato a Gallo. Nei mesi precedenti le elezioni poi vinte dal leghista, Pezzali aveva approcciato Tiziano Mariani, grande consigliere di Moratti, «per ottenere informazioni sulla campagna elettorale» portata avanti dai competitor di Fontana. Poi il manager ne discuteva con Paolo Sensale, portavoce del governatore del Carroccio. A fine ottobre 2022 Pezzali chiedeva al super poliziotto di verificare se nella lista Moratti ci fossero personaggi interessanti da monitorare.
I dossier sono stati iniziativa del manager e del suo team oppure le richieste venivano direttamente da ambienti politici? Nell’agosto Pazzali chiede a Gallo se ci siano «cose in corso». Per gli inquirenti erano interessati a «informazioni compromettenti che possano escludere Paolo Scaroni (…) dalla corsa verso la nomina di ad della società Milano-Cortina 2026». Gli accertamenti, scrive chi indaga, «sarebbero stati commissionati dal presidente della Regione». A rivelarlo è lo stesso manager al suo socio: «Fontana di chiede se Scaroni ha cose in corso». Ipotesi che vanno ancora verificate e che, per ora, sono solo nelle parole del principale indagato.
Gli spiati sono 800 mila
I numeri sono impressionanti, se è vero che gli spiati sarebbero stati più di 800 mila. Chi in maniera lecita, chi meno. Nomi comuni, dipendenti, ma anche – come si è visto – volti noti dell’imprenditoria e della politica.
Il gruppo avrebbe addirittura intercettato «un indirizzo mail del presidente della Repubblica Sergio Mattarella», riuscendo «a utilizzare abusivamente o a clonare l’account del presidente». Dal capo dello Stato alla seconda carica della Repubblica: tra le vittime anche il presidente del Senato Ignazio la Russa e suo figlio Geronimo. Ma anche Matteo Renzi. Quando si parla dell’ex premier il super poliziotto Gallo si dice «scioccato». Timore confermato anche dall’hacker Calamucci: «Ci incula… ci manda qua la finanza, i servizi, i contro servizi».
La lista è sconfinata. Intercettazioni illecite sono stati commissionate sull’oro olimpico di Tokyo Marcel Jacobs e sul suo staff su richiesta di un avvocato padovano in corso di identificazione. Su Carlo Sangalli, presidente di Confcommercio e della Camera di commercio Milano Monza Brianza Lodi. Sul presidente di Cassa Depositi e Prestiti Giovanni Gorno Tempini. Sui giornalisti Guido Rivolta, su Gianni Dragoni del Sole 24 Ore, su Giovanni Pons di Repubblica.
E così via. Tutti tasselli di un complesso puzzle di informazioni riservate ottenute illecitamente che da giorni sta dominando il dibattito pubblico.
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