La denunciante, mai interrogata dagli inquirenti: «Non ho raccontato questa storia per vendetta o per avere un risarcimento, ma per dare voce a tutte le donne che subiscono violenza e per fare riforme. Chiesta l'archiviazione senza nemmeno voler sapere il nome, lo trovo triste, una brutta figura da parte della magistratura. Mi piacerebbe capire il processo decisionale»
La procura di Genova ha chiesto l'archiviazione per l'inchiesta sugli abusi sessuali da parte di un conoscente della sua famiglia denunciati dalla consigliera comunale Francesca Ghio durante una seduta del consiglio comunale nel novembre scorso. Il pm Federico Panichi, titolare del fascicolo, non ha ritenuto di procedere oltre perché il reato che denunciato dalla consigliera è di fatto prescritto. E non ha mai convocato la donna per interrogarla.
Il caso che aveva scosso l'Italia intera, tanto che la stessa presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, aveva telefonato a Ghio per esprimerle la sua solidarietà. La stessa procura aveva subito aperto un fascicolo d'indagine, ipotizzando il reato di violenza sessuale aggravata - essendo Ghio minore di 14 anni (ne aveva 12) all'epoca dei fatti denunciati – a carico di ignoti.
La consigliera, che come parte civile potrebbe anche opporsi alla richiesta di archiviazione, non ha intenzione di procedere per ottenere un risarcimento civile o una giustizia penale. La sua testimonianza pubblica, ha ribadito sul suo account Instagram, è stata fatta per «stimolare una riforma legislativa». Anche se, ha sottolineato, trovo triste e una brutta figura da parte della magistratura il fatto di non aver voluto sapere neanche il nome» dell’uomo da lei accusato degli abusi.
L'addebito di violenza sessuale su minorenne, secondo quanto previsto oggi dal codice di procedura penale, decadrebbe dopo 24 anni grazie a una apposita norma inserita per reati particolarmente gravi. Tale norma, però, è stata ratificata solo nel 2012, e per questo viene applicata esclusivamente ai fatti avvenuti dopo quell'anno. Gli episodi denunciati dalla consigliera Ghio risalirebbero invece al periodo tra il 2006 e il 2007: in questo caso verrebbe applicato il vecchio limite della prescrizione, ovvero 12 anni.
Se così fosse, il reato risulterebbe prescritto nel 2019.
Ghio: «Mi piacerebbe capire il processo decisionale»
Dopo aver appreso la notizia, la consigliera ha affidato la sua reazione alle storie di Instagram: «Non ho fatto quello che ho fatto per vendetta personale, ma attraverso un'azione politica, sia per dar voce a chi non ne ha, sia per puntare l'attenzione su quelle riforme che servono più che mai per darci gli strumenti che ci portino a scegliere l'amore rispetto alla violenza».
Ghio conferma di non essere stata sentita dalla procura: «Trovo curioso e triste che sia stato scelto di aprire un fascicolo per poi chiuderlo senza neanche verificare con la diretta interessata fatti e tempistiche (informazioni necessarie tra l'altro per l'archiviazione). La procura della Repubblica è impersonale, la decisione del singolo rappresenta l'intera istituzione. Ecco, a seguito del mio gesto e della scelta di espormi in questo modo, non penso sia una bellissima figura per l'intera istituzione. Quantomeno sembra coerente con una realtà in cui tutte le voci che chiedono aiuto, vengono spesso minimizzate e sminuite, aspettando di finire nella conta dei cadaveri. Massimo rispetto per il lavoro della magistratura. Mi piacerebbe solo capire il processo decisionale».
«L'uomo perde il pelo, ma non il vizio. Come ho già detto - conclude Ghio - il nominativo io lo avrei fatto solo alle autorità giudiziarie e sarebbe stato utile che la giustizia sapesse, perché potrebbero esserci state o esserci ancora altre Francesche che hanno subito o stanno subendo. Vado avanti per la mia strada, che mi piace ogni giorno di più. E sono molto grata della mia esposizione: ho avuto la possibilità di conoscere tanti cuori che hanno superato paure e sofferenze e che oggi vogliono impegnarsi per fare bene, e fare del bene».
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