A scuola o in famiglia? Qual è il luogo migliore per insegnare alle giovani generazioni come e cosa cucinare? È una domanda a cui da sempre culture diverse hanno dato risposte diverse. Nei paesi mediterranei, per esempio, è a casa, all'interno della famiglia, che si impara a preparare il cibo. Fino a qualche decennio fa erano esclusivamente le madri a insegnare alle figlie i trucchi del mestiere.

Oggi per fortuna anche padri e figli maschi sono entrati in questo sistema educativo fai da te, che in sostanza vede la preparazione del cibo come un atto d’amore. Chi ha meno di quarant’anni, in Italia, cucina al di là della propria appartenenza di genere, e ci sono buone possibilità che qualcosa l'abbia imparata anche dal padre. Nei paesi anglosassoni, invece, la cucina quotidiana si è sempre insegnata nelle scuole, perché è vista come una tecnica, anche qui all’inizio puntando soprattutto sul target delle giovani donne, sulle cui spalle cadeva l’incombenza di portare avanti, tra le tante pratiche domestiche, anche quella della preparazione dei piatti.

Negli Stati Uniti, nello specifico, le prime scuole nacquero presso organizzazioni benefiche che volevano trovare lavoro domestico a giovani donne di famiglie povere o con problemi sociali. Nacquero così la New York cookery school fondata da Juliet Corson nel 1872 e la Boston cooking school, del 1879: fondata da Fannie Farmer, quest'ultima interpretava la cucina come un procedimento scientifico e replicabile all’infinito, intendendo ogni piatto come un format fisso, con scarsi spazi per l’interpretazione.

Il salto di qualità

All’opposto, il compito di formare cuochi in grado di cucinare pranzi o cene per molte persone era lasciato a chi aveva questa necessità, per esempio i gruppi religiosi o l'esercito. Cucinare fuori casa era ancora una pratica semplice e funzionale, che andava incontro alla necessità di sfamare e non di soddisfare un appetito.

Ma dopo la fine della Seconda guerra mondiale le cose cambiarono. Molti americani volevano dimenticare il passato e vivere diversamente. Uscire fuori a cena fu una delle abitudini che si diffusero maggiormente, e chi andava al ristorante voleva gustare piatti in qualche modo speciali, difficili da cucinare a casa.

Bisognava soddisfare l'appetito e non più, almeno per la classe media, la fame. Si ebbe allora il passaggio dalle scuole di cucina ordinaria a quelle di cucina professionale, per formare gli chef da ristorante che il mercato richiedeva. Molti uomini a questo punto aderirono con la speranza di diventare grandi chef e guadagnare bene. Ci si ispirava alla cucina francese, di cui Auguste Escoffier, anche se morto nel 1935, veniva considerato ancora l'esponente più alto.

La scuola a cui si guardava come esempio era invece il Cordon bleu di Parigi, e molti americani compivano una sorta di nuovo grand tour per frequentare i suoi corsi. Tra questi avventurieri gastronomici c'era una giovane californiana appassionata di cibo, Julia Child, che diventerà la stella assoluta della televisione sul cibo negli Usa. Dagli anni Sessanta agli Ottanta la sua è stata un'operazione interessantissima: nei suoi programmi TV e nei suoi libri di ricette, Child proponeva una popolarizzazione della cucina francese che non ha avuto eguali neanche negli anni successivi.

Piatti molto difficili e raffinatissimi venivano semplificati rispetto a quello che si faceva al Cordon bleu, dove Child aveva imparato le versioni originali. Ma quello che la conduttrice riusciva a salvare, e questo fu il segreto del suo successo, era l'aurea francese di quei piatti, quel tono di esclusività, classe ed eleganza, a volte totalmente costruito e contestato dagli esperti, che però faceva impazzire il pubblico della middle class Usa.

I corsi per casalinghe

Ma la popolarizzazione della cucina era già cominciata. Accanto alle scuole pensate per formare al lavoro domestico ragazze bisognose di trovare un lavoro, e a quelle per chef da ristorante, intorno alla metà del Novecento nacquero i corsi specificatamente studiati per formare casalinghe della classe media brave a cucinare per marito e figli. In questo ebbe un ruolo fondamentale la Cia, il Culinary Institute of America, nato nel 1946 per volere di Frances Roth, prima donna avvocata nel Connecticut che confessò candidamente di viaggiare molto per lavoro, amare il buon cibo ma non avere la minima idea di cosa si dovesse fare per cucinarlo. Roth restò alla guida della scuola fino al 1965, ma il progetto è andato avanti offrendo diplomi riconosciuti dal 1971, lauree dal 1993 e Master dal 2016, e aprendo una sede anche a Singapore.

Un ruolo determinante nella formazione delle nuove cuoche di casa lo ebbero i libri di ricette, scritti da autrici come Anna Barrows e Isabella Beeton. E da Betty Crocker, una donna che scrisse dei libri per ricette che divennero veri best seller. Peccato che lei non esisteva, era stata inventata dai dirigenti di un’azienda alimentare per rispondere ai quesiti delle consumatrici.

In realtà a rispondere erano impiegati maschi, ma le casalinghe americane non si sarebbero mai fidate di risposte su temi culinari scritte da uomini. Così venne inventata una figura femminile che divenne popolarissima, sfuggendo di mano ai suoi creatori e arrivando persino in radio, e richiedendo quindi la voce di un’attrice.

E si arriva ai nostri giorni, con le scuole americane per celebrity chef televisivi, cibo vegano e cucina fusion; la più famosa delle quali si chiama, guarda caso, Auguste Escoffier School of Culinary Arts. Insomma, nuove culture del cibo emergono e affascinano i consumatori di tutto il mondo, ma negli Stati Uniti ancora oggi, se si parla di cibo, nessuno ha l’ardire di mettere in dubbio la supremazia della cucina francese.


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