Quattro mesi fa, la Nazionale di calcio usciva in maniera ingloriosa e precoce dagli Europei in Germania. Oggi, un campionato segnato dall’equilibrio al vertice ha già offerto nove nomi nuovi al cittì, atteso da Belgio e Francia negli ultimi due turni del girone di Nations League. Con un punto si passa il turno
Cosa ci dicono le lunghe conferenze stampa di Luciano Spalletti, ormai patinatissime, piene di compliments, meraviglia e speranza? Che se non altro l’Italia è nella sua (nuova) fase rinascimentale, e tutto va bene. Lo dicono i punti, le classifiche, gli slanci di ottimismo. Esempio: per farsi un giro nei quarti di finale di Nations League agli azzurri basta un punto contro il Belgio (giovedì 14) o contro la Francia (domenica 17). Ma, ha messo le mani avanti il ct, «non giochiamo per fare un punto».
Più ancora lo dicono gli elogi al campionato («La serie A è bellissima»), diventato nuovamente un atelier per campioncini, una bottega per tirare su talenti. Chi l'avrebbe detto. E però c'è del vero: lo dimostrano i tanti nuovi convocati che Spalletti s’inventa a ogni giro di Nazionale. Nove negli ultimi tre raduni. Qualcuno a sorpresa, qualcuno sacrosanto, qualcuno che sì va beh ci sta.
Per la partita di giovedì 14 novembre contro i Diavoli rossi l’osservato speciale è Pietro Comuzzo, 19 anni, difensore della Fiorentina, uno da cui, ha detto ancora Spalletti, «traspare personalità nonostante sia giovanissimo». Non c’è solo lui. A questa tornata Spalletti si è portato dietro anche Nicolò Rovella (Lazio) e Nicolò Savona (Juventus), altre novità assolute della sua Italia. «Ci piacciono i giocatori che si mettono in mostra, non dobbiamo assolutamente appiattire il talento. E il talento non è solo dei numeri dieci».
Addio ai brutti ricordi
Quanto sembra lontano l’apocalittico Euro2024, quando nessuno ma proprio nessuno all’Italia e al suo potenziale ci credeva più. Spalletti is the new profeta. Forse. Con le sue convocazioni che sembrano aria fresca e che nessuno riusciva più a vedere. Addirittura nessuno poteva immaginarsele.
Il ct prima di lui, Roberto Mancini, si dovette giocare il jolly dell’oriundo per risolvere il problema del bomber vero. Non proprio una novità (vedi gli anni Cinquanta), ma una riedizione di un calcio passato, quando si andavano cercando avi partiti da un’Italia antica e documenti, attestazioni, fogli, passaporti per poter tesserare giovani salvatori del calcio azzurro. Mancini chiuse il suo ciclo con Mateo Retegui, argentino, ma non tutti la presero bene.
Il ct difese la sua scelta: «Quella sugli oriundi in Nazionale è una polemica senza logica. Avete mai provato a fare una lista di attaccanti italiani convocabili in azzurro? I giocatori non ci devono rimanere male, devono giocare e fare gol, se li fanno e fanno bene noi li chiamiamo. Per noi non è più semplice chiamare un giocatore dall'altra parte del mondo. Tutte le nazionali lo fanno, se noi abbiamo la possibilità di chiamare giocatori che giocano in Italia siamo contenti».
L’età abbassata
Spalletti li ha trovati. Le tre novità di questo scorcio di Nations League vanno nel segno della continuità. «Il gruppo è più giovane rispetto al passato? Il ricambio generazionale lo avevo annunciato nella conferenza contro la Svizzera, dopo aver detto che sarei rimasto».
I primi volti nuovi dopo l’Europeo erano stati il difensore del Leicester Caleb Okoli, già convocato nel 2022 per un paio di stage, e il centrocampista dell'Atalanta Marco Brescianini. «Avevo detto che avrei abbassato l'età della Nazionale: pensavo di farlo e l'ho fatto. Se uno decide di andare in avanti, qualche idea bisogna averla e portarla fino in fondo».
Risultati positivi, in effetti, ne sono arrivati. In questi mesi l’Italia ha ritrovato gioco e gol: tre successi e un pari marcano la differenza con l’Europeo. Adesso sì, «il calcio italiano sta facendo giocare i giovani e dobbiamo andare avanti così», ha detto ancora Spalletti.
Dall’azzurro sono passati il portiere Michele Di Gregorio, il difensore del Milan Matteo Gabbia, il centrocampista della Roma Niccolò Pisilli, l’attaccante del Monza Daniel Maldini. Nella nuova Italia formato giovani c’è spazio per tutti.
La scoperta
Erano sempre stati lì? Bisognava solo vederli, farli giocare? La Serie A è la stessa di un anno fa, ma Spalletti ha avuto l’abilità di scovare ragazzi nuovi, potenziali giocatori da nazionale. Si capisce anche dai paragoni, quelli sono come un termometro. Comuzzo lo hanno già accostato a Vierchowod.
Spalletti predica calma, calma, «nel nome gli assomiglia, nelle scorribande gli auguro di diventarlo, dobbiamo stare attenti a non farli diventare presuntuosi, serve fare attenzione». Ma è innegabile: sta nascendo un’Italia diversa. «L’indice di pericolosità ci racconta che l’Italia è cambiata dopo Euro 2024. Siamo più pericolosi. Tiriamo di più e siamo rimasti più vicini all’area di rigore avversaria. Abbiamo triplicato le riaggressioni e il recupero sulle seconde palle».
Non è più un paese per vecchi. Non nel calcio, Spalletti ha saputo trovare volti nuovi, dargli un senso, un’intesa, una collocazione. «C’è una crescita del nostro calcio e noi ne traiamo vantaggio». L’esperienza insegna che si procede per cicli: dopo il grande fallimento della competizione in Germania si sta assistendo a una rinascita, c'è un nuovo modo di guardare ai ragazzi. Capire quanto durerà è la vera sfida.
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