Francesco sarà il grande assente a Parigi per la riapertura della cattedrale. Arriveranno invece nella capitale francese decine di capi di stato e di governo, fra i quali anche Sergio Mattarella, e diversi sovrani. Francesco intanto volerà in Corsica il prossimo 15 dicembre dove proseguirà li suo pellegrinaggio nelle periferie e nelle terre di frontiera del continente
Il 7 dicembre verrà inaugurata la cattedrale di Notre Dame, a Parigi, rimasta chiusa negli ultimi cinque anni per gli importanti lavori di restauro e ricostruzione seguiti all’incendio che, nell’aprile del 2019, ha causato il crollo del tetto con danni gravi alla struttura.
Il presidente francese Emmanuel Macron, che sta vivendo un momento politicamente difficile, ha puntato molto su questo appuntamento per mostrare il volto di un paese capace di fare le cose in grande, di rimettere in piedi – in tempi rapidi – uno dei monumenti più rappresentativi della capitale francese a livello mondiale; l’inaugurazione della “nuova” Notre Dame, doveva essere insomma, secondo l’idea di Macron, il momento perfetto per restituire al mondo un momento di grandeur e orgoglio francese.
E così in parte certamente sarà, visto il parterre de rois composto da capi di stato e di governo che prenderanno parte alla cerimonia di apertura che si svolgerà nell’arco di due giorni: sabato 7 e domenica 8 dicembre.
L’operazione ha avuto un certo successo se si considera, in particolare, l’arrivo a Parigi di Donald Trump (presente anche l’attuale first lady, Jill Biden). Quello di Trump è il primo viaggio all’estero da quando è stato eletto lo scorso 5 novembre. Un modo per “abbreviare” i tempi dell’insediamento, previsto per il prossimo 20 gennaio, anche in considerazione dell’importanza diplomatica che sta assumendo l’appuntamento parigino.
Nella capitale francese dovrebbero ritrovarsi anche il presidente Sergio Mattarella, quello ucraino Volodymyr Zelensky, il presidente brasiliano Lula, i capi di stato di Germania e Grecia; non mancheranno poi le teste coronate: dal re del Regno Unito, Carlo III a Filippo VI di Spagna, dal re del Marocco Mohammed VI a quello di Giordania Abdallah II.
Un’assenza pesante
In tutto questo, però, c’è un grande assente: papa Francesco. Che, nonostante fosse stato invitato, non ci sarà. Data l’importanza simbolica di Notre Dame per il cattolicesimo francese e universale, l’assenza del pontefice è uno smacco per Macron.
Certo, non mancherà una folta rappresentanza del clero: su invito dell’arcivescovo di Parigi, monsignor Laurent Ulrich, parteciperanno alla celebrazione quasi 170 vescovi provenienti dalla Francia e da tutto il mondo, così come un prete per ciascuna delle 106 parrocchie della diocesi di Parigi.
La cerimonia di riapertura, presieduta dall'arcivescovo di Parigi, avrà luogo nel tardo pomeriggio del 7 dicembre alla presenza di Macron, che parlerà davanti ai numerosi capi di stato e di governo. La messa inaugurale, con la consacrazione dell'altare maggiore, si svolgerà invece la mattina dell’8 dicembre. Il papa dovrebbe comunque mandare un messaggio.
Il viaggio in Corsica
Bergoglio non ama la fede ostentata, la chiesa che diventa, di fatto, strumento del potere laico e politico. Ma c’è dell’altro. Il 15 dicembre Francesco sarà in Corsica, ad Ajaccio, per partecipare a un Congresso sulla religiosità popolare nel Mediterraneo.
Un viaggio lampo in una terra francese periferica. Qui avrà un rapido colloquio con Macron all’aeroporto, nel pomeriggio, prima di ripartire per Roma. Quella in Corsica sarà la terza volta che Francesco va in Francia dall’inizio del pontificato dopo le visite a Strasburgo nel 2014, al parlamento europeo, e a Marsiglia nel 2023.
In tutti i casi ha valorizzato l’aspetto locale dei viaggi. «Sono andato a Strasburgo, andrò a Marsiglia, ma in Francia no. C’è un problema che a me preoccupa, che è il problema Mediterraneo. Per questo vado in Francia», ha detto nell’agosto del 2023 per spiegare la questione affrontando il tema delle migrazioni e dell’urgenza di coltivare l’incontro fra culture e popoli diversi.
Oltre a ciò, il papa ha chiarito che dell’Europa gli interessano le periferie, i paesi più piccoli, le regioni e le terre di frontiera, da Lampedusa a Malta, da Lesbo alla Sardegna alla Corsica. Meno bene è andata, forse non a caso, quando Francesco si è recato di recente in Belgio, o in Irlanda nel 2018, paesi in cui non sono mancate le critiche al capo della chiesa cattolica.
Divisi da aborto e eutanasia
Infine non si può dimenticare che ad accentuare una certa freddezza della Santa sede verso il presidente Macron, sono state alcune scelte politiche su questioni bioetiche. Nel marzo scorso, il parlamento francese, a camere riunite, ha votato a favore dell’introduzione del diritto all’aborto nella Costituzione.
E ora è in discussione una legge che permetterebbe l’eutanasia. Su entrambe le questioni c’è la netta contrarietà del Vaticano. Così, ad alcuni parlamentari francesi, ricevuti in udienza lo scorso 30 novembre, il papa ha chiesto che «il dibattito sulla questione essenziale della fine della vita possa essere condotto nella verità. Si tratta di accompagnare la vita al suo termine naturale attraverso uno sviluppo più ampio delle cure palliative».
Francesco, nell’occasione, ha anche sottolineato come, «pur essendo distinte, politica e religione hanno interessi comuni e condivisi, e a diverso titolo siamo tutti consapevoli del ruolo che dobbiamo svolgere per il bene comune».
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