Nel 2023, su 3mila madri under 19, il 65 per cento era meridionale. La psicoterapeuta: «Dove si verifica di più c’è un problema con l’educazione alla riproduttività». Influiscono fattori culturali e infrastrutturali, tra educazione sessuo-affettiva affidata alle iniziative delle singole scuole e una disomogenea distribuzione dei consultori che comporta uno scarso accesso alla contraccezione. I rischi delle gravidanze premature
Nel 1975 Ispica, un paese a trenta chilometri dall'estrema punta meridionale della Sicilia, aveva la percentuale di spose e madri minorenni più alta d’Italia: venti matrimoni su cento riguardavano ragazze di 15, 13 e 12 anni. In quello stesso anno, i registri dello Stato civile contavano un matrimonio adolescenziale su mille a Milano e cinque su mille a Roma.
Cinquant’anni dopo, nonostante il fenomeno della maternità precoce si faccia sparuto sul territorio nazionale, i numeri dimostrano ancora un forte squilibrio tra le regioni del Nord e quelle del Sud.
Oggi l’Italia ha un tasso di maternità adolescenziale tra i più bassi d’Europa. Secondo gli ultimi dati raccolti dall’Istat, nel 2023 sono stati registrati 2.928 bambini nati da donne italiane di massimo 19 anni. Ma di queste quasi 3mila giovani madri, il 65 per cento è meridionale, rispetto al 24 per cento di settentrionali e appena l’11 per cento di donne del centro Italia.
L’educazione alla sessualità
Numerosi studi demografici e sociologici mostrano come le gravidanze adolescenziali derivano da una combinazione di fattori culturali e infrastrutturali, complessi e interconnessi. «I diritti riproduttivi, il proprio piacere e consenso, hanno tantissime sfaccettature. Ed è importante che i ragazzi ne siano consapevoli», dice Pina Salinitro, psicoterapeuta e fondatrice dell'Associazione italiana per l'educazione demografica.
Secondo la dottoressa proprio la mancanza di una formazione sessuale e affettiva strutturata aumenta il rischio di abusi sessuali e rapporti non protetti. «La sessualità rappresenta tutte le relazioni che abbiamo e con esse il rispetto per sé e per gli altri. La maternità precoce, per quanto circoscritta, dimostra che dove essa si verifica c’è un problema con l’educazione alla riproduttività», dice Salinitro.
In Italia, uno degli ultimi paesi europei a non aver ancora disposto un curriculum scolastico nazionale e obbligatorio di educazione alla sessuo-affettività, l'insegnamento di questi temi è lasciato all'autonomia delle istituzioni scolastiche e spesso dipende da singoli docenti o associazioni esterne. E queste poche iniziative vengono lanciate più frequentemente fuori dal meridione e dalle isole: nell’82,6 per cento dei casi nelle scuole del Centro e Nord Italia e solo per il 17,4 per cento a Sud.
«Non si ammette che i ragazzi le informazioni sulla genitalità le cercano comunque, ma soprattutto sul web o raramente dai genitori, che spesso non hanno competenze. E magari, essendo stati loro stessi vittime di un'educazione sessuale inadeguata a casa, reiterano quelle stesse concezioni scorrette», dice Salinitro.
Accesso a consultori e contraccezione
Secondo Salinitro, il fatto che la scuola non fornisca nozioni di base di salute sessuale e riproduttiva contribuisce ad allontanare ancora di più da tutti quegli enti che se ne occupano, con il 78 per cento delle persone che dichiara di prendere parte a eventi educativi sul tema provenienti dal Nord e solo il 33 per cento del Sud.
«Chi sono infatti le poche persone che si rivolgono ai consultori? Quelle che sanno già che esistono e quali sono i loro servizi. Tutte le altre rimangono sole. Questo è un problema atavico e il nostro dovere, come operatrici e operatori, è quello di coinvolgere prioritariamente proprio chi è meno informato», aggiunge Salinitro, che spiega come anche i consultori familiari, già pochi e poco finanziati rispetto ai bisogni della popolazione, al Sud stanno vivendo un progressivo declino in termini di numeri e accessibilità.
Secondo quanto riportato dall’unica ricerca sul tema svolta dall’Istituto superiore di sanità (nel 2019), la copertura dei consultori, misurata in termini di utenti serviti per numero di residenti, è più elevata nelle regioni settentrionali rispetto a quelle meridionali. I centri socio sanitari del Nord sono anche meglio integrati con gli altri servizi: al contrario, al Sud si riscontrano maggiori difficoltà nel collaborare con scuole e terzo settore, limitando la capacità di raggiungere e supportare gli adolescenti.
Persino l’accesso gratuito ai contraccettivi tramite i consultori o altre strutture sanitarie pubbliche, che dipende dai diversi piani adottati dai consigli regionali, è disomogeneo sul territorio nazionale, a vantaggio delle regioni del Nord (a eccezione della Puglia, la prima a sperimentare già nel 2008 la contraccezione gratuita per gli under 26).
E con meno prevenzione, tra educazione e contraccettivi, si hanno più rapporti a rischio, spiega Salinitro. «E abortire per una minorenne, una procedura che necessiterebbe particolare snellimento, in Italia prevede un processo lento e farraginoso se non c’è consenso dei genitori. Non mi stupisce che a Sud, dove c’è anche un tasso di obiettori altissimo, ci siano anche più aborti clandestini», dice Salinitro.
Se già le associazioni denunciano che la relazione annuale sull'interruzione volontaria di gravidanza (Ivg) da parte del governo venga pubblicata con ritardo e lacune, è ancora più complesso determinare la distribuzione geografica degli aborti clandestini, data la natura sommersa dell’attività.
Le statistiche, però, indicano che i casi di aborto illegale stanno aumentando sempre di più nelle regioni del sud e nelle isole rispetto al resto di Italia, quando storicamente era il settentrione a registrare la maggior parte dei procedimenti penali relativi a ivg illegale. L’ultima stima, pubblicata a gennaio dal ministero della Salute, mostra infatti che nel 2024 è stato il meridione a registrarne il 42,9 per cento, rispetto a Nord (36,5 per cento) e centro (20,6 per cento).
Rischi delle gravidanze precoci
Anche a prescindere dal fatto che l'Ivg venga effettuata al di fuori dei canali sanitari legali e sicuri, la maternità adolescenziale presenta di per sé una probabilità più alta di incorrere in complicazioni patologiche. «E questo perché l’'organismo di una ragazza di quell’età non ha le potenzialità per una gestazione», dice Leonardo Caforio, medico specializzato in medicina fetale e perinatale e responsabile dell’ambulatorio di ginecologia dell'adolescenza e della fase evolutiva presso l'ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma.
I bambini nati da madri adolescenti sono infatti esposti a «un rischio più alto di nascere prematuri, sottopeso o di non sopravvivere al parto». Tra i rischi per le mamme ci sono problematiche ostetriche, come eclampsia, anemia, infezioni, ma anche più alti tassi di depressione post partum.
«Dobbiamo pensare alla pubertà come una fase delicata di formazione e alla gravidanza come un momento assoluto psicofisicamente: come una tempesta che si infrange su un villaggio in costruzione, non ancora pronto a difendersi», spiega Caforio. «E dopo il parto, l’ulteriore difficoltà che si abbatte su queste giovani adolescenti è un sistema di sostegno completamente mancante», aggiunge.
La gravidanza particolarmente precoce può portare, infatti, a una maggiore probabilità di vivere in condizioni di deprivazione sociale e materiale, con un impatto sul benessere psicofisico di mamma e bambino, riportano numerosi studi.
Il tasso di inserimento lavorativo delle giovani mamme al Sud è estremamente scarso, denunciano le associazioni, combinato a servizi educativi per la prima infanzia particolarmente insufficienti (Calabria, Sicilia e Campania sono le regioni con meno posti disponibili in asili nido a livello nazionale). Questo porta a una minore autonomia decisionale di spesa per le madri, dipendendo economicamente dal partner o dalla famiglia.
Come per prevenire la maternità precoce, anche supportare le minorenni che decidono di portare avanti la gravidanza necessita di interventi strutturali, a partire dal sostenere l’istruzione delle ragazze, in modo che completino almeno la scuola secondaria.
«Invece le politiche attuali ci stanno facendo tornare indietro nel tempo, con un’idea della procreazione come unico obiettivo della propria esistenza, ma al contempo senza promuovere un’assistenza dignitosa alle famiglie», dice la dottoressa Salinitro. «Ma finché non si tornerà a parlare di autodeterminazione, a essere più colpiti saranno sempre di più le ragazze e i ragazzi che vivono nei contesti più marginalizzati, le ultime ruote del carro in una bolla di miseria».
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