Per il governo i paesi di origine sicuri sono aumentati e lo ha messo nero su bianco in un decreto pubblicato in Gazzetta ufficiale il 7 maggio. Ai 16 paesi già individuati a marzo 2023 se ne sono aggiunti altri 6, arrivando così a 22. All’Albania, Algeria, Bosnia Erzegovina, Capo Verde, Costa d’Avorio, Gambia, Georgia, Ghana, Kosovo, Macedonia del Nord, Marocco, Montenegro, Nigeria, Senegal, Serbia e Tunisia si aggiungono quindi Bangladesh, Camerun, Colombia, Egitto, Perù e Sri Lanka.

Non è chiaro perché, ad esempio, l’Egitto venga considerato un paese in cui è assicurata la garanzia dei diritti, l’indipendenza dell’autorità giudiziaria e la libertà di espressione. «Un paese governato da un presidente diventato tale dopo un colpo di stato, nel 2013, che mette oppositori, difensori dei diritti umani e sindacalisti in carcere, com’è successo a Patrick Zaki per qualche post sui social», ha commentato la deputata del Partito democratico Laura Boldrini su X.

Quando un paese è considerato sicuro

I paesi di origine sicuri sono quelli in cui, secondo una valutazione ministeriale, viene garantito lo stato di diritto e possono essere considerati così sicuri da legittimare le procedure accelerate di frontiera. In altre parole, la situazione del paese è tale da presumere che le richieste di protezione internazionale non siano fondate. Non vengono però pubblicate le valutazioni alla base della scelta di inserire un paese nell’elenco.

E sono proprio le persone che hanno la nazionalità di quei 22 paesi a poter finire nei centri per migranti in Albania, voluti dal governo di Giorgia Meloni e previsti dal protocollo firmato con il premier albanese Edi Rama. In queste strutture dovrebbero essere portate le persone salvate dalle autorità italiane nelle acque internazionali, ma essendo considerato un luogo di frontiera, in cui si applica la relativa procedura accelerata, «possono essere portate solo persone provenienti da paesi di origine sicuri», spiega la giudice del tribunale di Roma e presidente di Magistratura democratica Silvia Albano.

Un pezzo dopo l’altro il governo sta cercando di dar vita a un progetto, che sul piano dei diritti e sul piano economico, mostra gravi carenze e della dubbia legittimità. «È chiaro», sottolinea Albano, «che più è lunga la lista dei paesi di origine sicuri, più persone possono essere portate in Albania».

Cosa significa paese di origine sicuro?

È la legge che stabilisce quali paesi sono di origine sicuri, cioè dove opera lo stato di diritto, un sistema democratico, dove non ci sono atti di persecuzione né tortura, o forme di pena o trattamento inumano e degradante. Stati in cui non ci sono pericoli a causa di violenza interna e indiscriminata, c’è il rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali ed esiste un sistema di ricorsi effettivi contro le violazioni dei diritti e delle libertà.

Quali conseguenze ha sui diritti la provenienza da un paese di origine sicuro?

Ha delle conseguenze processuali molto pesanti, sul piano del diritto alla difesa, della possibilità di un ricorso effettivo, di poter compiutamente rappresentare le proprie ragioni e il proprio bisogno di protezione. Questo perché c’è un sistema che deroga la procedura ordinaria e la rende accelerata: tempi molto stretti per essere sentiti, tempi molto stretti alla commissione territoriale, organo amministrativo di prima istanza, per decidere, tempi molto stretti per impugnare il provvedimento di rigetto davanti al giudice. E non opera la sospensione automatica del provvedimento di rigetto, in deroga quindi al principio generale secondo cui il richiedente asilo può restare sul territorio italiano fino alla decisione definitiva. Se il richiedente asilo viene rimpatriato, perde il diritto a partecipare al procedimento e diventa più difficile difendersi in giudizio. Mentre il principio generale prevede che i richiedenti asilo possano rimanere in Italia fino a decisione definitiva.

Qual è, secondo lei, l’esigenza che ha portato ad allargare la lista dei paesi?

Noto che un allargamento era già avvenuto con il decreto ministeriale del 17 marzo del 2023, con cui erano stati aggiunti, ad esempio, la Nigeria, la Costa d’Avorio, il Gambia. È un allargamento che riguarda le nazionalità di maggior arrivo (Bangladesh, Tunisia, Egitto, Costa d’Avorio e Gambia sono tra le dieci nazionalità di maggior arrivo, secondo i dati del ministero dell’Interno, ndr). Siamo l’unico paese europeo, insieme a Cipro, a prevedere come paese di origine sicuro la Nigeria. L’unico a inserire la Costa d’Avorio. Siamo poi solo noi, Cipro, la Grecia e la Slovenia ad avere inserito l’Egitto. Mi pare che l’esigenza sia più quella di controllare i flussi migratori che di garantire i bisogni di protezione imposti dalle convenzioni internazionali e dalla Costituzione.

Quali valutazioni possono fare i giudici quando esaminano le domande?

La legge prevede che nei procedimenti di protezione internazionale il giudice ha un dovere di cooperazione istruttoria. I decreti ministeriali sono una fonte secondaria, non possono violare né le norme ordinarie interne né quelle sovraordinate costituzionali o sovranazionali. I giudici nel momento in cui devono applicare le procedure accelerate, se il richiedente proviene da un paese di origine sicuro, devono innanzitutto verificare se l’inserimento nel decreto ministeriale di quel paese sia conforme alla legge.

Qualora i centri per migranti in Albania dovessero diventare operativi, che impatto avrebbe sui diritti delle persone la decisione di aumentare i paesi di origine considerati sicuri?

La legge prevede che in Albania possono essere portate solo persone provenienti da paesi di origine sicuri e che si applichi quindi la procedura accelerata. E, in Albania, il trattenimento sarebbe generalizzato perché, come stabilisce il protocollo, gli stranieri non possono uscire dai centri. È chiaro che più è lunga la lista dei paesi di origine sicuri, più persone possono essere portate in Albania. Bisogna poi considerare che ci sono una serie di soggetti che non possono essere sottoposti alla procedura accelerata, come le persone considerate vulnerabili: sono le vittime di tortura, quindi sostanzialmente tutti quelli che provengono dalla Libia, le persone con disabilità, le vittime di violenza sessuale, di tratta, gli anziani, i minori. Tutte queste persone non potrebbero essere portate in Albania perché non sono sottoponibili alla procedura accelerata di frontiera.

È possibile separare in mare chi proviene o meno da paesi di origine sicuri, o chi rientra nella categoria della vulnerabilità?

Non è possibile. Individuare le vulnerabilità su una nave non è una cosa semplice, ci vuole personale specializzato. Lo ha dichiarato anche la Corte europea dei diritti dell’uomo in diverse pronunce.

Cosa spinge i governi europei a stilare queste liste?

I paesi europei hanno liste molto diverse tra loro, non c’è una valutazione univoca. Sembra incidere, in alcuni paesi europei molto più che in altri, l’esigenza di controllare i flussi migratori.

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