Ricorre all’artiglieria pesante il governo italiano per bloccare l’adozione in Europa dell’etichettatura alimentare, il Nutriscore. Sta infatti lavorando a un emendamento alla Costituzione, ha dichiarato Fratelli d’Italia. A sentire il partito, il Nutriscore sarebbe il nemico giurato della gastronomia italiana. Inutile, assurdo, arbitrario: l’obiettivo del sistema di etichettatura a semaforo (in arrivo addirittura dalla Francia) non sarebbe altro che quello di nuocere al sacrosanto Made in Italy. Basti vedere i pessimi voti che dà a patrimoni nazionali come il Parmigiano reggiano (a cui affibbia una D) o il prosciutto di Parma (E, il gradino più basso). Insomma, il Nutriscore vuole fare la pelle all’italianità. Niente di meno.

Con una modifica all’articolo 32 della Costituzione, il centrodestra intenderebbe introdurre i principi di sovranità alimentare e della difesa dei prodotti nazionali, fortemente voluti dal governo in Italia sin dal suo insediamento nel 2022. «Chiederemo di aggiungere questo passaggio: “La Repubblica garantisce la sana alimentazione del cittadino. A tal fine persegue il principio della sovranità alimentare e tutela i prodotti simbolo dell’identità nazionale”, un dovere non della destra, non della sinistra, ma di tutti gli italiani», ha dichiarato il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida lo scorso aprile a Pescara, in occasione della conferenza di Fratelli d’Italia.

Benché l’articolo 32 rimanga per ora inalterato, gli sforzi compiuti dall’Italia per boicottare il Nutriscore, che è già operativo in 8 paesi europei, hanno comunque successo: infatti, benché fosse a un passo dall’adozione da parte della Commissione europea, la procedura per generalizzarlo si trova a un punto morto. La questione è scomparsa dal calendario.

Cos’è il Nutriscore?

Come mai tanto accanimento contro il Nutriscore, che invece è pensato per il nostro bene? Stiamo parlando di uno strumento di salute pubblica, frutto delle ricerche di universitari francesi (Université Sorbonne Paris Nord, Inserm, Inrae) che non hanno alcun vincolo d’interesse con i grandi gruppi dell’industria agroalimentare, il quale attribuisce agli alimenti un punteggio da A a E a seconda della loro qualità nutrizionale e quindi dei loro benefici per la nostra salute.

E questa lettera è semplicemente una rappresentazione grafica della tabella nutrizionale già presente sulle etichette, che la maggior parte dei consumatori, però, non sa come interpretare.

Da qui l’utilità del Nutriscore, che la traduce in un valore unico tramite un sistema di punti: più un cibo contiene proteine, fibre, frutta e verdura, più il punteggio sarà alto; sarà più basso invece se l’alimento contiene più grassi, zuccheri e calorie. E funziona davvero. La scienza è tutta dalla parte del Nutriscore.

Le prove scientifiche

Dal 2012 a oggi, la sua efficacia è attestata da oltre 100 studi scientifici pubblicati sulle riviste più prestigiose. Prima di tutto i consumatori lo comprendono senza difficoltà, inoltre coloro che scelgono prodotti con un punteggio elevato hanno effettivamente un’alimentazione più equilibrata, il che abbassa l’incidenza di malattie come diabete, obesità, malattie cardiovascolari e cancro.

Un esempio lampante: mezzo milione di europei seguiti per diciassette anni dal 1992 in poi è stato suddiviso in vari gruppi a seconda del Nutriscore medio della dieta, calcolato a posteriori. Il gruppo con l’alimentazione classificata meno bene mangiava meno fibre, verdura e pesce, e più carni e salumi, e in questo gruppo, rispetto a quello dall’alimentazione col Nutriscore più alto, la mortalità è risultata più elevata per malattie come il cancro (+8 per cento), malattie cardiovascolari (+4), respiratorie (+39) e digestive (+22).

Non solo: nei paesi che hanno adottato tale etichettatura, si osserva che gli industriali migliorano le ricette, allo scopo di ottenere un punteggio superiore. Ad esempio, alcuni cereali per la colazione sono passati da D a C, aumentando le fibre e le proteine. Insomma, il Nutriscore soddisfa tutti i criteri stabiliti dall’Oms per approvare un’etichetta fronte pacco. Al contrario di un’altra etichettatura, quella a batteria promossa dall’Italia come alternativa possibile, che non ha praticamente studi a suo supporto tranne quelli finanziati dall’industria alimentare.

Finora, in Italia, il messaggio della scienza non si è fatto sentire. Solide argomentazioni scientifiche sono completamente soffocate da quelle fallaci e di ordine puramente economico e culturale delle filiere dell’agroalimentare. La disinformazione ha trovato una cassa di risonanza ideale nelle file del governo.

Serge Hercberg, professore di nutrizione e salute pubblica all’università Sorbonne Paris Nord e fondatore del Nutriscore, ben conosce ormai i metodi impiegati dalle lobby per mettere i bastoni tra le ruote alle iniziative contrarie ai loro interessi. In particolare in Francia, dove il Nutriscore è stato adottato, ma non senza resistenza della stessa filiera agroalimentare, che a suo tempo brandì la difesa del formaggio Roquefort. Ma quello che Hercberg osserva in Italia va oltre ogni immaginazione.

«Gli argomenti usati per screditare il Nutriscore sono talmente inverosimili, grotteschi che all’inizio, con i miei colleghi, ci facevano sorridere», racconta l’epidemiologo francese a Domani. «Eppure ha funzionato! Li abbiamo sentiti in bocca a molti partiti politici, ripetuti da molti media. Siamo rimasti sbalorditi». La voglia di sorridere è passata. «Per uno scienziato le fake news di Giorgia Meloni o Francesco Lollobrigida sono del tutto inaccettabili. Non pretendiamo che tutti sostengano il Nutriscore. Si può criticare, e la critica è l’essenza stessa dell’approccio scientifico. Ma qui siamo di fronte a una negazione della scienza, a un totale disprezzo dei fatti e della salute pubblica».

Pochissimi epidemiologi, ricercatori e altri nutrizionisti si sono fatti avanti in Italia a difesa di uno strumento che fa diminuire la mortalità nei paesi in cui è in vigore. Poche le eccezioni. Walter Ricciardi, professore ordinario d’igiene e medicina preventiva, è una di queste. «Sono stato presidente dell’Istituto superiore di sanità (Iss) tra il 2014 e il 2018. Già da presidente, avevo preso una posizione favorevole al Nutriscore alla luce dell’evidenza scientifica, insieme ad altri grandi scienziati italiani», ricorda dal suo ufficio del Gemelli di Roma. Figura scientifica stimata nella penisola, Walter Ricciardi ha pagato il suo sostegno pubblico al Nutriscore, subendo calunnie e attacchi diffamatori.

Il dottor Antonio Pratesi, medico specializzato in scienza dell’alimentazione e della dietetica – senza alcun conflitto di interessi, come precisa subito – è uno dei grandi sostenitori del Nutriscore. «In pochi conoscono la nutrizione. Non considerano l’etichetta importante, e alcuni la confondono persino con l’educazione alimentare, che è tutt’altro», dice.

Rosita Gabbianelli, professoressa ordinaria di biochimica e nutrigenomica, sostiene l’importanza della corretta informazione. «Occorre spiegare come nasce il Nutriscore e come dovrebbe essere utilizzato. Il Nutriscore, sviluppato dalla ricerca nelle università, è uno strumento in continuo aggiornamento che vuole aiutare il consumatore verso scelte utili per la sua salute».

Eppure, quando accade come oggi che l’Italia è alle vette delle classifiche europee per obesità infantile, gli italiani hanno diritto a un’informazione nutrizionale onesta e fondata sui fatti. Voler bene all’Italia significa innanzitutto proteggere la salute dei suoi abitanti.

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