Forse mai prima d’ora, dal 1945, si è mostrata tanto chiaramente l’esistenza di un comune destino che unisce la sinistra e la democrazia. In tutti i paesi occidentali, la caduta di fiducia nelle sinistre democratiche e la crescita dei consensi delle destre illiberali fa temere sulla tenuta del sistema politico edificato alla fine della Seconda guerra mondiale.

Quando, nel 1958, il National Election Study iniziò a chiedere ai cittadini statunitensi la fiducia che avevano nel governo federale, circa il 75 per cento diceva di fidarsi. Oggi, il 35 per cento dei democratici e degli indipendenti di orientamento democratico afferma di fidarsi contro l'11 per cento dei repubblicani e degli indipendenti di orientamento repubblicano. In Europa, la situazione è forse ancora più critica, con una destra identitaria maldisposta verso la promessa costituzionale di difendere i diritti sociali ed estendere quelli civili. La destra, sempre meno tollerante dei principi liberali e ostile a politiche universaliste di giustizia sociale, è un problema per la tenuta delle democrazie costituzionali. Ciò assegna alle forze democratiche o variamente dette di sinistra una responsabilità inedita.

Ma tali forze sono tutt’altro che in buona salute. Le recenti elezioni in due importanti Lander tedeschi (situati nella parte orientale del paese) sono come un pugno nello stomaco per chi ha una qualche reminiscenza storica su come è morta la Repubblica di Weimar. Lo sono, anche se ci viene spiegato con cognizione di causa, che non si è trattato di un fulmine a ciel sereno, ma dell’esito di un processo lungo, associato da un lato al declino del benessere delle classi lavoratrici e dall’altro all’allontanamento delle élite socialdemocratiche dalle classi popolari. Ecco dunque il paradosso: la sinistra è un pilastro della democrazia, ma la sua fiducia è in declino. Democrazia e sinistra hanno un destino comune e stanno entrambe poco bene.

Fermare le destre

La difficoltà a fermare la crescita delle destre si affianca a quella di mandarle all’opposizione. Questo è il caso dell’Italia, dove l’erosione di fiducia verso i partiti progressisti si dimostra sia col parto ininterrotto di nuove sigle alla ricerca della “vera” sinistra, sia con la troppa facilità di comportamenti opportunisti di leader che hanno investito tutto sull’andare al governo. In questa schizofrenia di purezza e impurità si è smarrito il cemento politico primario: la fiducia. Senza la quale non si fanno alleanze, non si costruiscono progetti comuni, non si acquista consenso. Cosa di cui ci sarebbe invece bisogno per mandare la destra all’opposizione.

In questi ultimi giorni estivi si è discusso sull’opportunità di includere Italia viva nell’alleanza per battere la destra. Non è questo il luogo giusto per rifare la storia di quel che Matteo Renzi ha dato e tolto al Pd. Quel che importa è, invece, mettere sul tappeto la seguente banale osservazione: perché incontrino la fiducia degli elettori le alleanze devono essere credibili. Su quali basi si può costruire la credibilità se non sui comportamenti? Non potendo entrare nella testa delle persone, i comportamenti sono i soli dati di riferimento, quelli che danno (o tolgono) credibilità.

Italia viva ha flirtato con le forze di destra (per esempio sul premierato) e in alcune città ha indossato la maschera delle liste civiche per appoggiare amministrazioni di destra. Come si può essere credibili nel dire di volere battere la destra? Occorre una qualche coerenza. Non per ragioni moralistiche ma per creare fiducia.

Sulla fiducia si può siglare un compromesso onorevole. Il compromesso è essenziale nella democrazia elettorale; non una caduta rispetto all’ideale, né il segno di una transazione che umilia. Il termine compromesso indica il farsi reciprocamente una promessa. Una promessa reciproca implica molte cose. Certamente, che gli accordi siano fatti alla luce del sole e che incontrino un consenso generale. Non basta che li vogliano i leader. Il partner di un compromesso è partner in un gioco (quindi alleato e avversario insieme) nel quale nessuno vince definitivamente e nessuno è definitivamente sconfitto o costretto ad accettare veti o subire rese incondizionate. Perché il gioco valga la candela è necessario che sia accompagnato da azioni visibili e credibili, e governato da regole chiare e rispettate. 

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