Esistono destini cinici e bari, ma anche, spesso, sconfitte davvero meritate. Però, non tutti gli sconfitti hanno gli stessi demeriti. Esplorarli e capirli servirebbe a politici razionali, non accecati da rancori e non obnubilati da mal poste e ingiustificabili ambizioni personali, a non commettere gli stessi errori o simili nelle prossime consultazioni elettorali.

La struttura della situazione in Liguria è la stessa che esisteva in Sardegna e che si presenterà fra poche settimane in Emilia-Romagna e in Umbria (e fra qualche anno, nel 2027, sic, a livello nazionale). La coalizione di centro-destra, nonostante alcune inevitabili, anche profonde, differenze programmatiche, al momento del voto sa ricompattarsi elettoralmente e politicamente.

Non è necessariamente e ineluttabilmente maggioritaria nel paese, ma segue con determinazione l’odore del potere. Nel centro-sinistra, all’inizio non esiste nessuna coalizione, solo molta competizione per “spoglie” tutte da conquistare e fin troppa ambizione per cariche ritenute appetibili.

Se la coalizione, che è sbagliato definire campo, poiché non è prefissabile, ma è in movimento e mobilitabile da coloro intenzionati a farne parte, non si forma a causa di veti, gelosie e altre «bazzecole, quisquilie, pinzillacchere», la sconfitta è quasi certa. Scaricare poi le responsabilità non servirà né a recuperare i voti perduti né a costruire una coalizione migliore, più competitiva, con qualche possibilità di vittoria.

Triplice sconfitta

In Liguria Giuseppe Conte è riuscito nell’impresa di perdere tre volte. Ha perso voti e seggi in maniera abbondante portando il Movimento alle soglie di quell’estinzione che Beppe Grillo rivendica come sua prerogativa. Ha perso dentro e con la coalizione di cui faceva parte dopo avere imposto l’ostracismo a Matteo Renzi anche se, diciamolo, un po’ se lo meritava. Infine, ha perso alla grande e in maniera definitiva la competizione con Elly Schlein per la guida del centro-sinistra.

No, a palazzo Chigi lui non tornerà, ma certamente sfruttando i voti che gli rimangono potrebbe riuscire, con dichiarazioni e comportamenti imbarazzanti su guerra e Europa, a rendere impossibile la vittoria del centro-sinistra.

Tuttavia, sarebbe un errore molto grave per il centro-sinistra, i suoi dirigenti e i suoi guru, pensare che con una qualche imprevedibile resipiscenza Conte diventerebbe l’asso della manica nei prossimi appuntamenti elettorali. In negativo, Conte può essere decisivo. In positivo, è probabilmente necessario, ma certamente non sufficiente.

L’astensione

Sono sorpreso dallo scarso rilievo dato al fatto che l’astensionismo in Liguria ha riguardato più della metà degli aventi diritto al voto. Certo, parte degli (ex)elettori di Giovanni Toti possono avere tradotto la loro grande delusione in grande astensione.

Un tempo il Movimento 5 stelle avrebbe offerto lo sbocco elettorale ai delusi dal sistema. Questa è un’altra sconfitta di Conte. Se la sinistra non vuole che sia anche una sconfitta, non della democrazia in quanto tale, ma della sua qualità soprattutto in termini di rappresentanza ha il dovere politico e, in qualche modo, anche etico, di andarli a cercare quegli astensionisti.

Per tornare a vincere potrebbe essere sufficiente raggiungerli, rimotivarli, portarli alle urne. Non conta quanto largo sarà il campo. Conta, moltissimo, in maniera decisiva, che il campo sia molto affollato da elettori ai quali è stata fatta una credibile offerta di una coalizione progressista, non litigiosa, capace di buongoverno. Altrove dissero «yes, we can» e vinsero.

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