Chi segue le cose spagnole si è accorto che sin dalle prime ore del disastro le polemiche sulle prerogative tra ogni livello istituzionale si sono sprecate, con accesi litigi pubblici tra presidente della regione e governo centrale, a cui si sono incrociate quelle tra destra e sinistra
Volete sapere a cosa conduce l’autonomia differenziata, soprattutto se la spingiamo oltre il ragionevole come vuole la riforma leghista?
Guardate a Valencia e all’orrore di questi giorni e avrete una risposta. Ovviamente non ci si riferisce alla responsabilità su ciò che è avvenuto: è una tragedia di dimensioni epocali che interroga a più profondi livelli e per la quale dobbiamo innanzi tutto condolerci con gli amici spagnoli. Ma sui ritardi degli aiuti invece sì. Le proteste contro il re Felipe, la regina e Sánchez sono dovute proprio ai ritardi. Com’è successo che ancora l’esercito non si sia precipitato in massa nella zona colpita? O che la protezione civile giunga con il contagocce? A causa delle competenze dell’Autonomia (la regione in termini spagnoli).
Nelle prime giornate dopo il disastro, la Generalitat valenciana (che aveva sottovalutato gli allarmi) non ha richiesto aiuto e non lo ha voluto. In Spagna la competenza sui disastri è regionale e l’esercito può intervenire solo se autorizzato: pensate la demenzialità del concetto di autonomia. Chi segue le cose spagnole si è accorto che sin dalle prime ore del disastro le polemiche sulle prerogative tra ogni livello istituzionale si sono sprecate, con accesi litigi pubblici tra presidente della regione (che pensava a coprirsi per il mancato allarme e aveva interesse a sminuire) e governo centrale, a cui si sono incrociate quelle tra destra e sinistra. Addirittura la Generalitat valenciana ha rifiutato l’aiuto della vicina Generalitat barcellonese, roba dell’altro mondo.
I pompieri francesi
I pompieri francesi sono giunti a Valencia senza chiedere il permesso (che sarebbe stato loro negato) e saltando tutte le procedure dell’autonomia. Sapevano che sarebbero finiti nel turbine burocratico e hanno preferito far finta di nulla puntando sul fatto di essere stranieri: chi oserà mai stoppare gli aiuti esteri? Ma da dentro la Spagna è un vero inferno politico/burocratico: ogni livello istituzionale difende con le unghie e con i denti innanzi tutto le proprie prerogative (prima di pensare al bene pubblico o proprio perché le fa coincidere con il bene pubblico) e non vuole essere aiutato da altri per timore di perdere indipendenza. La storia della Spagna post-franchista è questa: una lite permanente tra potere nazionale e poteri “autonomici”: basta pensare ai baschi o ai catalani. La peculiarità del sistema spagnolo è che si tratta di una reazione al franchismo accentratore, cioè di una posizione tendenzialmente di sinistra (mentre da noi è diverso). Tant’è che l’inno nazionale spagnolo (l’inno reale) non ha parole: i calciatori e gli sportivi spagnoli non lo cantano perché non sono mai state decise le nuove parole da mettere al posto delle vecchie.
Spezzare il paese
Ciò che è accaduto a Valencia è la triste realtà che emerge quando si preferisce spezzare un paese, quando si pensa che sia meglio fare ognuno per sé che in maniera solidale, anzi quando si diffida della solidarietà considerandola solo una perdita o un’ingerenza. L’autonomia differenziata (di destra o di sinistra che sia) porta con sé una bolgia burocratica dove alla fin fine primeggiano i piccoli poteri e gli orgogli locali.
Resta vero anche se la si maschera da sussidiarietà. Si dirà che prendere il disastro di Valencia è sciacallaggio o esagerazione. Esagerare, utilizzare esempi limite aiuta tuttavia a comprendere dove stiamo andando. Il mondo si frammenta, i paesi si dividono, anche le nazioni. Ma alla fine di tutto questo c’è l’isolamento e la crisi del legame sociale. Da quando in qua far da sé è diventato qualcosa di positivo? Molti di coloro che vi sono condannati, dalla vita o dalla storia, ne soffrono e desidererebbero proprio l’opposto. Chiedete a loro.
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