Saranno in tanti a bollare questo film come una bufala patinata. Non dovreste fidarvi. Perché il thriller di Halina Reijn esplora i desideri oscuri che tante donne conoscono
Nicole Kidman in primissimo piano suda, ansima e geme fino all’orgasmo: è l’incipit di Babygirl, di Halina Reijn, regista olandese già al terzo film con la più ganza delle etichette indipendenti americane, A24. A24 non recluta i bischeri. L’associazione automatica ti suggerisce il famoso orgasmo simulato di Meg Ryan in Harry ti presento Sally, e scoprirai più tardi che l’associazione non è peregrina. Perché Kidman, la Romy del film, sta facendo sesso coniugale con Antonio Banderas, ma esaurita la pratica scappa in bagno a masturbarsi davanti a un video porno di sottomissione.
In concorso a Venezia, catalogato come thriller erotico, Babygirl si è segnalato alle proiezioni per effetti collaterali tipo salivazione ridotta, ma otto maschi su dieci lo bolleranno come bufala patinata. Diffidate: è autodifesa. Perché racconta fantasie oscure che le donne conoscono bene e gran parte degli uomini, come il povero Banderas, si ostinano a ignorare per quieto vivere. Kidman si fa cavia di questa esplorazione del desiderio con un coraggio che non sorprenderà chi ricorda non solo il canonico Eyes Wide Shut ma il torbido, piccolo, affascinante The Paperboy di Lee Daniels.
Il passante e il cane
Nel film Romy è una moglie e madre modello in luminosa carriera, ad di un’azienda di robotica all’avanguardia, felicemente accoppiata con un regista di teatro intellettuale e illuminato. Per strada assiste al curioso episodio di un cane aggressivo placato magicamente da un provvidenziale passante.
Ritroverà quel passante in ufficio, tra i nuovi stagisti arruolati. Lui è Harris Dickinson, ha 28 anni e il genio di Ruben Ostlund gli aveva già catturato un ruolo chiave in Triangle of Sadness. Per irretire la manager di Babygirl serviva qualcosa di molto diverso dal sex appeal, un magnetismo elettrico fuori serie. Lui lo possiede. Davanti alla superboss non è in soggezione. La domina. Fin dal primo casuale dialogo. «Come hai fatto a calmare il cane?» «Con un biscotto». «Li porti sempre con te?» «Sì. Ne vuole uno?».
È un percorso strisciante di segnali anomali, senza violare il protocollo aziendale. Dopo una festa natalizia col personale Kidman raccoglie la cravatta di Samuel tra i rifiuti e ha i primi brividi di feticismo. Sempre a distanza, lo stagista sembra leggerle dentro: «Le piace che le dicano cosa fare». Gioca con lei come il gatto col topo. Dopo un primo bacio furtivo, si fa desiderare. E quando a sorpresa la convoca in una squallida stanza d’albergo la doma, la umilia, la mette a quattro zampe come un addestratore di cani. Neanche si spoglia, per farla venire usa solo una mano.
Se valgono i test delle proiezioni-pilota, in sala non vola una mosca: un silenzio assordante. Sono esercizi di erotismo sadomaso e sottomissione rituale: niente di nuovo, ma è il modo in cui li racconti, la credibilità fisica e psicologica, il coinvolgimento che conta. E contano le tappe “in crescendo” della sottomissione sessuale. In azienda Samuel rompe un vaso e le ordina di pulire.
Dinamiche di potere
Ridotta da padrona a schiava, Romy realizza i rischi del tunnel in cui si è cacciata quando trova lo stagista a casa, in lieta conversazione con marito e figlie. Non è una minaccia, le ha riportato l’iPad dimenticato in ufficio. Ma a tu per tu prova a troncare tutto. Lui ribatte feroce che non è una relazione ma un gioco: «Lei ha l’aspetto di mia madre e non fa per me». Sembra finita, ma non è così. Perché Samuel ora minaccia di chiedere il trasferimento ad un altro settore.
Sarebbe sospetto, e ormai la dipendenza è a un punto senza ritorno. Tanto che Kidman confessa finalmente a Banderas: «Non ho mai avuto un vero orgasmo con te. Non riesco a venire». La coppia scoppia, e i riti di dominazione si spingono in zona Marco Ferreri (La cagna, il film galeotto della passione Mastroianni-Deneuve): leccare il latte dalla ciotola è un gesto di umiliazione simbolico.
Varie dinamiche si muovono in parallelo, tutte legate ai rapporti di potere. Samuel ha intrecciato una relazione con l’assistente di Romy, da tempo immemore in attesa di promozione. La gelosia è incontrollabile, ma la ragazza rampante dal boyfriend ha appreso la vulnerabilità del capo.
E la ricatta: deve farsi da parte come rivale, non solo, ma garantirle la nomina e il via ai progetti di espansione del personale femminile che, inascoltata, propone da tempo. Pochi lo noteranno, ma la regista stana l’ipocrisia spregiudicata di tante paladine del female empowerment che dietro strumentali vessilli progressisti nascondono una brama insaziabile di promozione privata. Conosco tante signore che hanno strumentalizzato una causa sacrosanta.
Chi è Samuel? Un manipolatore diabolico o uno che governa per il proprio e altrui piacere le molle nascoste della sessualità? Quando raggiunge la matura amante nella piscina della casa di campagna dove si è rifugiata, perché Banderas l’ha cacciata di casa, anche quella sequenza di sesso acquatico non è niente male.
Peccato che Banderas li sorprenda sul fatto, con inevitabile scazzottata. E allora che le ideologie – chiamiamole così – si confrontano. «Il masochismo femminile è solo una fantasia maschile», dichiara il coniuge, avviluppato nelle proprie certezze. «È solo un’idea inquinata della sessualità. Lei non capisce», replica l’altro.
Pensieri nascosti
Di “quel” sesso, mai portato alla superficie, mai dichiarato, mai praticato fino a questa tenebrosa ma rivelatrice epifania, la cinquantenne Romy di Kidman prova vergogna: sono fantasie dark, disgusting thoughts. E mentre l’ex assistente snocciola i suoi comizietti motivazionali conditi di “intelligenza emotiva” e di tutte le false formule woke che la managerialità ingurgita per sfruttare meglio, Kidman e Banderas ritrovano la pace del talamo coniugale.
Happy ending da mainstream furbastro? Non proprio. Perché l’immagine che accompagna Romy nel sesso è quella di Samuel abbracciato al cane nero, quello che aveva placato per strada. Accetto varianti di lettura, ma per me è lei quel cane, è un animale che andava scoperto e riscattato. Non sono disgusting thoughts, fanno parte di noi. E, senza spoilerare, nel viaggio anche Banderas consorte in materia di piacere ha imparato qualcosa…
© Riproduzione riservata