Domenica

Cominciano ad arrivare le lettere dei lettori.

Paolo Fai: «Gentile D’O, nella sua nuova rubrica su Domani, noto una non lieve imperfezione nell’attribuzione della canzone Ossessione ’70. La fece conoscere il suo autore-cantautore, Fausto Cigliano, napoletano verace. Poi le diede notorietà anche una non meno splendida versione della fresca e sempre unica Mina. Nel mio ricordo il Quartetto Cetra, a cui lei attribuisce il pezzo e di cui peraltro sono grande estimatore, evapora».

Ho commesso un errore al primo colpo. Evidentemente non aspetto il secondo tempo per crollare come l’Inter e il Napoli.

Seconda lettera, sperando che non porti altre cattive notizie. Scrive Silvano Calzini, una vecchia conoscenza: «A proposito del cambiare idea su uno scrittore, la butto lì: non è che Houellebecq sia stato vittima degli Houellebecquiani? A me capitò con Hemingway. Da ragazzo mi era piaciuto, ma poi, per colpa dei tanti Hemingwayani molesti, diventò ai miei occhi un insopportabile bonaccione sempre mezzo sbronzo. A distanza di anni ho ripreso la vecchia copia di Addio alle armi, me la sono letta di un fiato e mi è passato tutto».

Hemingway riscrisse 47 volte il finale di Addio alle armi come raccontò Danilo Taino in un articolo che mi commosse. L’explicit scelto fu: «Dopo un po’ uscii e lasciai l’ospedale e tornai all’albergo nella pioggia». 12 parole, la perfezione assoluta raggiungibile nell’arduo mestiere di mettere in prosa la vita. Dodici colpi di cannone, 12 rintocchi funebri che ebbero il suo “Visto, si stampi”. In una delle 46 volte precedenti aveva scritto: «Questo è il tutto della storia. Catherine morì e voi morirete e io morirò e ciò è tutto quello che posso promettervi». Buona l’ultima (il meno possibile come Jack Nicholson in Chinatown).

Pensavo di averla sfangata, ma Calzini prosegue: «Ossessione ’70 cantata dal Quartetto Cetra? Sobbalzo sulla sedia. L’autore e primo interprete è stato Fausto Cigliano, poi è stata cantata anche da Mina. Musicalcalcisticamente parlando va comunque riconosciuto ai Cetra di essere gli autori (Giacobetti-Savona) e gli interpreti di Che centrattacco!

Mentre mi muovo a tempo di bossa nova sulle note di Ossessione ’70 ricordo che il 1970 fu anche l’anno dell’impareggiabile gioco di gambe di Florinda Bolkan in Anonimo veneziano, eguagliato solo da quello di Jairzinho, un altro brasiliano, ai Mondiali messicani. Fu il mio doppio imprinting erotico-calcistico».

La «non lieve imperfezione nell’attribuzione della canzone Ossessione ’70», mi rattrista la domenica. Non mi consola nemmeno Giancarlo Tramutoli che scrive: «Hai ragione su Houellebecq. Ora assomiglia a Ceronetti. Da giovane, più all’accanito fumatore Zeman».

Guardo Sky Calcio Club. Approverebbero Caressa & soci la mia top ten dei migliori calciatori oggi in Italia? Quella che comincia così: Nico Paz, Henrikh Mkhitaryan, Denzel Dumfries, Domenico Berardi, Moise Kean…

Sfoglio vecchie lettere di John Cheever, scrittore che stimo ma non amo (gli scrittori si amano non si stimano). A un manoscrittaro che voleva fare carriera in letteratura, Cheever rispose: «Caro Phil, il solo consiglio che mi senta di dare a un giovane scrittore è di scoparsi una brava agente. Scopala e basta e se lei ti assilla, sposala. Pare che sia l’unica maniera per farsi strada. William Faulkner, James Gould Cozzens e perfino Gay Talese si sono scopati le loro agenti».

Anni fa, uno scrittore che conoscevo provò a mettere in pratica il consiglio di Cheever. Ma non funzionò.

P.S. Cigliano, il suadente Cigliano, musicista e gentiluomo, proprio non meritava il torto che gli ho fatto.

Lunedì

Massimiliano Pappalardo («Docente di Filosofia del lavoro Core Faculty Sole 24h Business School») scrive: «Carissimo, dopo Suo apprezzato auto da fé su Houellebecq, solidarizzo con Lei nel ritenere “poca terra mortale” l’inchiostro di SV… pardon di XY. Houellebecq è un LFC dei nostri tempi altrettanto tragico e… sublime “cazzone”. Un saluto grato e affettuoso».

Mi dispiace, non ha indovinato chi è XY, lo scrittore di moda che a me non piace come a Tommasino Cupiello non piaceva il presepio di Lucariello.

Lei pensa a Sandro Veronesi in quanto autore del romanzo intitolato XY. Deduzione brillante, ma completamente sballata. Da tempo Veronesi svetta nella mia top ten degli scrittori e su di lui non cambio idea.

Le do un aiutino. Nelle prime righe di questo paragrafo c’è un indizio utile all’identificazione del vero XY.

Prof, a proposito del suo paragone tra Houellebecq e Louis-Ferdinand Céline (LFC), credo che Céline si trovi in un luogo irraggiungibile, simile alle torri del silenzio dove i cadaveri venivano lasciati alle aquile, come nel rito mortuario zoroastriano ricordato da Massimo Cacciari nell’intervista (superiore) che ha rilasciato su 7 a Antonio Polito (il direttore che sognavo per il Corriere).

P.S. Céline era al tempo stesso l’aquila e il cadavere.

Martedì

Malgrado la «non lieve imperfezione» all’esordio (cioè la boiata pazzesca), i lettori mi scrivono festosamente. Sembra Facebook il giorno del compleanno.

Mario Berardelli: «Bentornato Maestro… non vedevo l’ora… evviva si torna a leggere...». 

Giorgio Baldini: «Finalmente al sabato qualche gioia letteraria di cui godere!».
Renzo Rando aveva temuto il peggio: «Sono contento di poter di nuovo contare sulla sua presenza. Mi ero sinceramente preoccupato non avendo più potuto leggerla».

Caro Rando, non per scomodare ancora Zoroastro, ma le aquile possono attendere.

Sulla torre del silenzio ora è salito il Maestro Roberto De Simone. La Gatta Cenerentola fu il musical della mia generazione, più bello di Rocky Horror Picture Show, Jesus Christ Superstar, Tommy.

Bollettino della vittoria. L’Inter ha battuto il Bayern. Firmato Inzaghi.

Mercoledì

Sellerio ripubblica La forma dell’acqua, il primo Montalbano. Nella prefazione Antonio Manzini rievoca il pomeriggio in cui Andrea Camilleri gli fece leggere il manoscritto e sembra quando il padre portò Aureliano Buendía da Melquíades a conoscere il ghiaccio.

Era bellissima l’amicizia tra Camilleri e Manzini. C’era qualcosa di paterno e di filiale, ma anche di fraterno. C’era complicità, al limite dell’associazione a delinquere. Manzini riporta in vita Camilleri, lo vedi che tambasia nello studio, si addruma una sigaretta, beve una birra, impreca (“Iiih, grannissima camurrìa…”).

Travolto dalla commozione per il discorso di Carlo d’Inghilterra. Come mai? Forse da calabro-normanno (D’Orrico=figlio di Arrigo=Harrison) sento nei precordi che è il mio re?

Giovedì

Altra prefazione al bellissimo romanzo La rivoluzione della luna di Camilleri ripubblicato da Sellerio. Chiara Valerio scrive: «Il tempo, si sa, romanzifica – inventiamo un verbo…».

Sobbalzo sulla sedia alla Calzini. Inventare? Il verbo romanzare esiste dalla notte dei tempi: io romanzo, tu romanzi, egli romanza… io romanzai, tu romanzasti… Prima l’italiano, prima l’italiano! E lo dico da normanno.

Venerdì

Forse Giuseppe Culicchia potrebbe anche aversela a male, ma per me il suo memoir bello e triste, Uccidere un fascista, (Mondadori Strade blu) sull’omicidio Ramelli, ha un passo narrativo antico, sentimentale, da libro Cuore (sul capolavoro di De Amicis resto su posizioni opposte all’Umberto Eco di Elogio di Franti).

Primo esempio: «Ciao Sergio. Io non ti conoscevo. Mi permetto di darti del tu perché anche se sei nato nove anni prima di me, come quel giovane a me tanto caro, Walter Alasia, tu Sergio avrai sempre 18 anni, e dunque ai miei occhi resti come lui un ragazzo: un ragazzo di ieri, ucciso a tua volta nel pieno della giovinezza».

Secondo esempio: «Così quella mattina, a scuola, seduto al tuo banco, avvicinasti la penna al foglio e iniziasti a scrivere il tuo tema: senza sapere che quelle parole sarebbero state la tua condanna a morte».

Ramelli fu ucciso perché autore di un compito in classe contro le Brigate Rosse. Movente perfetto per il libro Kuore degli anni di piombo.

Prossimamente: il memoir di Culicchia è un remake di altri classici della letteratura più o meno per ragazzi come Carrie di Stephen King e I ragazzi della via Paal di Molnár?


Per chiacchierare con Antonio D’Orrico e scrivergli, la mail è lettori@editorialedomani.it

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