L’artista all’Ariston con un brano, scritto da Mahmood e Blanco, sul tema della maternità sfiorata: «La poesia trascende anche le cose più dure da dire. Bisogna scommettere su qualcun altro e vivere l'emozione: in un mondo con poca poesia ci rende vivi». «Quando sui social mi hanno detto che ero grassa mi ha ferito, ma è stato salvifico perché mi ha dato l’occasione di ritrovarmi»
È la sua ottava volta sul palco dell’Ariston e sembra aver imparato bene a gestire le emozioni Noemi, al secolo Veronica Scopelliti, 43 anni. Anche oggi mentre racconta il brano “Se t'innamori muori”, scritta per lei da Mahmood, Blanco e prodotta da Michelangelo, e di cui sembra ormai conoscere ogni sfumatura.
«In alcune dinamiche, bisogna avere il coraggio di dare tutto, anche mostrando le fragilità. Bisogna scommettere su qualcun altro, senza avere una rete di protezione, e vivere fino in fondo l'emozione: in un mondo dove c'è poca poesia è quello che ci rende veramente vivi», spiega.
Lei, che nel 2012 a Sanremo si classificò terza col pezzo "Sono solo parole” - dietro ad Arisa e Emma, che vinse - scritto per lei da Fabrizio Moro e che oggi, solo su Spotify, è stata ascoltata quasi 30 milioni di volte, dice di non voler mai guardare indietro. Solo per un attimo però tentenna, quando le chiediamo chi sia il cane ritratto con lei nella locandina di “Nostalgia”, il disco in uscita a fine febbraio. Abbassa lo sguardo: «È il mio cane Daisy, un American Staffordshire di cinque mesi. Prima avevo una Pitbull che amavo, con cui ho condiviso grandi cose, è stata una grande amica per me Daches. Però non c'è più dal 4 marzo 2024. Mi mancava moltissimo, ho resistito fino all'ultimo, poi ho preso lei». «In quella spiaggia della foto ci andavi sempre con lei», aggiunge il marito Gabriele Greco, con cui è sposata dal 2018.

Perché ha chiamato il disco Nostalgia?
È il sentimento che mi guida di più. Questo disco racconta tanto della connessione con noi stessi. La nostalgia è poesia, è un sentimento che mi appartiene, che non è la malinconia. La malinconia è qualcosa che è andata e odora di rimorso. Penso che avere il cane è una grandissima opportunità anche per capire come amare in maniera incondizionata. Non succede spesso, è un grande insegnamento che solo il cane ci dà.
Dentro l’album c’è anche il brano scritto da Neffa, che dà il titolo all’album.
Parla della solitudine e del coraggio, “di guardarsi allo specchio e concedersi l’errore”. C’è una frase che ho amato da subito, ed è “la nostalgia se non è dentro te non esiste”. Oggi le emozioni fanno paura. Un attimo sei in cima e un attimo dopo non interessi più a nessuno. È facile sentirsi forti quando tutti ci danno ragione, mi piace che venga messo in luce il momento di down, che ci rende più forti dopo aver combattuto per tornare a essere noi stessi. Un inno a emozionarsi. Non vedo l’ora di cantarlo in tour.
Il tema maternità sfiorata le è caro. Che effetto le ha fatto sentire il brano che porta a Sanremo per la prima volta?
Mi ha fatto paura per quanto mi raccontava bene. Ci sono delle frasi importanti, tipo “avere figli non è un argomento facile da prendere”, ma dette così, guardando in faccia la realtà, quando le ho ascoltate mi hanno lasciato senza respiro. E per questo li ringrazio.
È stata coraggiosa anche lei a cantarlo.
La poesia trascende anche le cose più dure da dire. Puoi dire una cosa brutta, però se in quella cosa brutta c’è poesia, c'è la verità. Mahmood è un amico con cui mi confido, ha colto questa sfumatura e ha voluto portare il tema in musica, anche solo sfiorandolo.
Il duetto del venerdì lo farà con Tony Effe, con “Tutto il resto è noia” di Califano. Perché lui?
Come donna e come artista mi sono sentita in dovere di avvicinarmi a Nicolò (vero nome di Tony Effe, ndr). Non ho preso questa decisione alla leggera, facendo anche parte di “Una nessuna centomila”, fondazione che si dedica a proteggere le donne dalla violenza maschile. È importante intavolare una discussione, non possiamo ignorare la trap, dobbiamo capire perché sia così tanto ascoltata dai ragazzi. Del resto, non possiamo rinchiudere Quentin Tarantino perché i suoi film sono violenti: ci vuole leggerezza anche nel leggere questi testi. Tony racconta quello che ha visto e vissuto. E spesso sono ispirazioni, come accade per le sceneggiature dei film.
Qualcuno sostiene che la vostra sia un’operazione di marketing per risollevare la reputazione di Tony Effe dopo il Capodanno mancato a Roma.
No, mi piaceva sostenere il cambiamento di una persona che in quel linguaggio là ha un peso. Dietro quella scorza da duro c’è una persona che ama la musica e ha preso molto sul serio il palco dell’Ariston. E mi piacerebbe riuscire a portare Tony sul palco di “Una nessuna centomila” il 20 settembre. Io ho dato la mano per prima, spero ce ne siano tante altre. E poi siamo entrambi romani e amiamo la romanità. Mi è venuto spontaneo pensare a lui.
La romanità che cos’è?
Il pezzo che canteremo insieme è un inno a Roma e alla romanità. Che a me salva sempre. Anzi, mi ci aggrappo molto, ma non per campanilismo. Le mie radici sono lì, anche questa nostalgia risiede lì, “tante storie nella memoria”, come sosteneva Gabriella Ferri. Credo che sia importante questo sentimento, che ci connette alla nostra umanità. E colora il mondo di emozioni e di empatia, connettendoci agli altri.
A lei chi ha teso la mano?
Io sono grata per ciò che ho incontrato sulla mia strada. La prima è stata Fiorella Mannoia cantando insieme “L’amore si odia”. Mi ha dato l'opportunità di farmi ascoltare da un certo tipo di pubblico, lavorare con lei è stato prezioso. Ho ancora i brividi a ripensare a quando sono andata in studio a sentirla cantare. Ho capito la profondità di alcune parole che non avevo ben compreso prima. Infatti sono tornata in studio e l'ho incisa un’altra volta. Ma ci sono anche altri grazie che devo dire.
A chi?
Penso a Vasco Rossi, Gaetano Curreri, tutte persone che mi hanno sempre dato la possibilità di evolvere e di capire cosa si poteva aggiungere, cosa si poteva togliere. Poi penso a Mahmood quando ha scritto per me “Glicine”. Una bellissima avventura.
C’è una sua strofa che si tatuerebbe?
Io non ho tatuaggi, non mi piacciono gli aghi. Ma le direi “sono diventata grande senza neanche accorgermene”. È una frase di “Vuoto a perdere” che mi racconta molto, perché per un periodo della mia vita ho vissuto in maniera molto incosciente e poco consapevole. Un po’ perché mi piace essere una piuma nel vento, un po’ perché mi faceva paura pensare di poter gestire quello che mi succedeva. Forse avevo paura anche di rovinare le cose.
C’è invece un dolore da cui è risorta?
Quando mi hanno detto che ero grassa. Mi ha ferito molto. Sui social hanno fatto un meme di me con una donna bellissima di fianco (Michelle Hunziker, ndr), una donna che stimo, col mio stesso abito. Mi ha ferito, ma mi ha fatto vedere me stessa per com'ero. Ognuno di noi ha il diritto di vivere il corpo come vuole e a me dispiaceva che quel corpo così raccontasse un mio malessere. Forse l’ho visto per la prima volta ed è stato salvifico perché mi ha dato l’occasione di guardarmi dentro e ritrovarmi. E oggi, grazie a questa nuova consapevolezza, mi sento più leggera.
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