Nonostante la direzione di stampo tradizionalista, il Festival cattura anche la fascia 15-24 anni: la Rai è serena. Ma il rinnovamento del cast non tocca autori e presentatori. Cattelan è in eterna attesa, De Martino è acerbo
Gli ascolti del Sanremo di Carlo Conti non danno ragione di preoccupazione in Rai: anzi, la total audience, il conteggio dei piccoli schermi oltre che lo share tradizionale, a volte permette perfino di sgraffignare qualche decimo di punto percentuale in più rispetto alle serate di Amadeus dell’anno passato.
Ma Conti ha firmato per condurre solo due edizioni del festival: cosa ne sarà poi, è tutto da vedere. Ad andare particolarmente bene – e l’azienda non perde occasione di evidenziarlo – sono gli ascolti tra i giovanissimi della fascia 15-24, fissi oltre l’80 per cento. E questo nonostante il tradizionalismo della conduzione di Conti.
E allora, mentre vanno in scena le prove della serata dei duetti e su quel palco così tanto più stretto di quanto appaia essere in tv, con il direttore di studio che coordina Goran Bregovic e Olly, che nella sua versione del Pescatore schianta per terra aste microfoniche e sedie, come durante ogni festival qualcuno inizia a ragionare già sui prossimi.
Il dubbio più urgente riguarda proprio la fidelizzazione del pubblico giovane che soprattutto Amadeus ha saputo legare alla kermesse canora. E proprio in virtù dello spostamento del baricentro degli ascolti verso i meno anziani, c’è già chi evoca un passaggio generazionale del timone.
La giovane promessa
In azienda, nonostante la performance di Samuele Parodi, il bambino prodigio che a 11 anni conosce tutta la storia di Sanremo, andata in scena giovedì sera, viene evocato con una certa frequenza il nome di Stefano De Martino. A 35 anni ne avrebbe 32 di meno di Conti, 31 meno di Amadeus. «È vero, è giovane, ma dagli qualche anno ed è pronto» ragionano. Il grosso limite che viene contestato all’unico vero grande talento della Rai di questi anni – senza coloriture politiche, l’apprezzamento è bipartisan – è l’incapacità di essere all’altezza anche come direttore artistico.
«Per esserne capace, ci vuole un certo coté musicale» racconta un dirigente in azienda da oltre trent’anni. E non è banale neanche farsi affiancare: «Ci vuole qualcuno che abbia credibilità ma accetti il tandem. Gianmarco Mazzi è il nome che ha risolto tanti problemi in passato, per esempio nell’edizione di Antonella Clerici». Certo, oggi fa il sottosegretario alla Cultura e a Sanremo vuole venire solo da spettatore, e la mente degli interlocutori torna facilmente all’usato sicuro: in cima alla lista ci sono sempre Conti e Amadeus, per cui, sostiene il direttore del prime time Marcello Ciannamea, «le porte sono sempre aperte».
La mancanza di un orecchio all’altezza è l’ostacolo che gli osservatori contestano anche a un altro volto sempre più rilevante nel panorama televisivo, Marco Liorni, pure considerato molto talentuoso e in grande crescita. «A firmare gli ultimi, fortunati festival sono stati sempre conduttori che vengono dalla radio, gente che sa scegliere i pezzi che funzionano: infatti, il prossimo dovrebbe essere Gerry Scotti». Non proprio una giovane promessa.
E Cattelan? «Cattelan l’orecchio raffinato ce l’avrebbe pure, ma il suo pubblico non è quello di Rai1». Effettivamente, l’altro giovane brillante – che poi ha 45 anni – che quest’anno è al timone del dopo-festival sembra rischiare ormai di rimanere schiacciato da un futuro ambizioso che potrebbe non arrivare mai. «Ha dimostrato di funzionare nei late-night, ma fare Sanremo è come fare il militare a Cuneo».
Dopo aver sfogliato la margherita, spesso affiora l’opzione outsider, la carta della conduttrice: effettivamente, ieri in conferenza stampa Enrico Lucci ha lanciato Geppi Cucciari. Il direttore prime time Marcello Ciannamea non si è scomposto, ma l’impressione è che il titolo di dubbio gusto attribuito da Conti ad Antonella Clerici – «la donna che ha condotto più festival in assoluto» – resti per il momento incontestato.
E allora, niente Cattelan, niente Liorni, De Martino forse sì, ma non subito. «Sa che è presto, che finora ha lavorato in programmi che vanno da soli, dove si fa bene quando ci si diverte: Stasera tutto è possibile e Affari tuoi. Ha tempo e arriverà all’esperienza e alla storia con il pubblico necessaria per affrontare il festival».
Gli esperimenti
È dunque ontologicamente impossibile che il festival sia condotto da un conduttore giovane? In passato, in realtà, di esperimenti ce ne sono stati. Nel 1989 si era tentata una spericolata conduzione affidata ai “figli di”: Rosita Celentano, Gianmarco Tognazzi, Danny Quinn e Paola Dominguín, sorella minore di Miguel Bosé. Un disastro, i ricordi di passi falsi e gaffe si sprecano.
«Ma erano altri tempi, il festival aveva perso centralità nel palinsesto annuale ed era diventato un evento marginale, seguito per lo più da un pubblico più anziano», ragiona l’uomo Rai. La voglia di sperimentare con i giovani però sopravvive anche nelle edizioni successive di inizio anni Novanta: a prendere il testimone sono Johnny Dorelli e una Gabriella Carlucci non ancora 31enne, nel ‘91 seguono Edwige Fenech e Andrea Occhipinti. Anche lui ha appena trent’anni. È vero, non sono festival che lasciano il segno: «L’azienda ha ripreso in mano il festival dall’edizione successiva, quando è tornata a investirci schierando Pippo Baudo».
Effettivamente, dal 1992 a parte poche eccezioni a tenere le redini della gara canora sono sempre pesi massimi della tv, nessuno più giovanissimo: a fare eccezione è Fabio Fazio, che alla sua prima conduzione del festival nel 1999 ha appena 35 anni.
A seguire, Raffaella Carrà, Simona Ventura, Paolo Bonolis, Giorgio Panariello, di nuovo Baudo, Bonolis bis, Clerici, Gianni Morandi, Conti, Claudio Baglioni e la lunga èra amedea. Tutti senatori, nessuno più alle prime armi. Ma non tutte le edizioni, soprattutto le ultime, risentivano di un’aura stantia come quello attuale: «Dipende anche da chi scrive», osservano. Quindi oltre al conduttore giovane ci vogliono anche gli autori giovani? «Su questo De Martino è avvantaggiato: il suo agente Caschetto segue anche gente come Luca e Paolo e Geppi Cucciari, qualcosa di un po’ più scapigliato si trova. Sempre che si voglia» racconta uno che l’autore lo fa tutti i giorni.
E allora, l’uovo di colombo per la Rai rischia di essere un giovane affiancato da un autore-ventriloquo tradizionale. I giovani lo guarderanno lo stesso. «Perché Sanremo è una Messa cantata. E se dopo 2025 anni la gente continua ad andare a Messa una ragione dev’esserci».
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