La presenza di Shablo a Sanremo, insieme ad altri compari del rap, di più generazioni, sembra la perfetta riproposizione della serata delle cover vinta lo scorso anno da Geolier. Allora, con quest’ultimo, c’era sempre Guè e c’erano Luchè e Gigi D’Alessio, a riproporre alcuni dei successi del rap tricolore (con una particolare attenzione a Napoli).

Quest’anno Shablo fa un’operazione per certi versi simile, seppur con delle differenze. Il suo gruppo di artisti è in gara a tutti gli effetti e propone infatti un inedito; ma è possibile che possa avere lo stesso effetto sul televoto?

È possibile, perché il rap ha un seguito straordinario, capace di movimentare le folle da Buenos Aires (dove Shablo è nato) ad Amsterdam (dove ha vissuto a lungo), fino ad arrivare alle nostre latitudini. E allora questo gruppo – che unisce anche Guè, Joshua e Tormento – non sarebbe poi perfetto anche per l’Eurovision?

Rap sdoganato

Di sicuro all’Ariston non c’è più il divieto d’entrata per i rapper, come sembrava ci fosse fino a poco tempo fa. È successo che Sanremo abbia iniziato a cercare di rispecchiare sempre di più il gusto del pubblico. È un’operazione che è iniziata da tempo, ma che sotto Amadeus, negli ultimi anni, ha indubbiamente avuto un’accelerata. Carlo Conti si è trovato la strada spianata.

Non è però ancora successo che una canzone rap vincesse il festival, anche se proprio con Geolier (e forse prima ancora con Lazza) ci si è andati molto vicini. Forse il caso più vicino è stato quello di Mahmood, nel 2019 con Soldi: ma non è un pezzo rap puro.

Più generazioni

Per questo Shablo non è fra i favoriti né per i bookmaker né per i giornalisti, lo si immagina più a metà classifica. Ma non sempre le previsioni della vigilia ci hanno azzeccato. E poi comunque c’è la classica degli streaming, che è quella che conta davvero. In questo caso è probabile immaginare che le cose possano andare molto bene.

Shablo in realtà preferisce definirsi un “produttore” più che un rapper, ed è forse uno degli aspetti più curiosi di questo progetto. Nato per unire generazioni diverse con la stessa passione per la musica. Guè è del 1980 ed è il più famoso, un maestro del genere, prima con i Club Dogo e poi da solista. Tormento (1975) è altrettanto un veterano ed è già stato a Sanremo con i Sottotono nel 2001 (le cose non andarono molto bene, Striscia la notizia li accuso di plagio e ci fu uno scontro con Valerio Staffelli). Joshua (Bale) è il più giovane, nato a Rimini nel 1995.

In chiesa

“La mia parola”, con cui Shablo arriva a Sanremo, promette di non essere soltanto un brano rap, ma di avere al suo interno anche altre influenze: «gospel, jazz e musica black», dice Shablo, forse un po’ esagerando. Ma dice anche che il posto migliore dove ascoltare il pezzo è la chiesa e capiremo poi perché.

Farebbe strano sentire, fra le navate, sentire declamare questo testo: «Siamo in sbatti sbatti per arrivare al top / Tu fai chatty chatty io faccio parlare il mio flow / Non ti danno abbracci qua sei da solo nel block / Io le mando baci lei che per me è la più hot / Mi dicevi taci, ora però sono il goat / Quaggiù odi e ami a giudicarmi è Dio / Amo la mia mami, amo sti money e l’hip hop».

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