Veti incrociati, proposte di parte, mancette da distribuire e qualche regalo ad amministratori amici. Il decreto Omnibus sembra il prequel perfetto di quello che accadrà nei prossimi mesi con la manovra economica.

Il governo sarà costretto a far quadrare i conti, ma i parlamentari della maggioranza hanno intenzione di inserire in ogni modo misure a loro più care. Anche per esercitare in pieno il loro mandato. Al ministero dell’Economia hanno preso nota di quanto sta accadendo e di cosa potrebbe scatenarsi nella sessione di bilancio. Perché all’atto pratico, quando si tratta di guardare ai contenuti, emergono divisioni nette.

Del resto è lo stesso governo a rendere il quadro più confusionario, inserendo last minute interventi mirati ad aiutare qualcuno nello specifico. L’ultimo in ordine di tempo è l’emendamento dei relatori, sotto la spinta del governo, che conferisce “pieni poteri” al presidente della regione Sicilia, Renato Schifani (Forza Italia), sulla gestione del piano dei rifiuti.

Si potranno assegnare lavori senza prevedere gare. «Viene equiparato al sindaco di Roma», è la spiegazione della destra. «Sembra spostarsi il necessario equilibrio tra la velocità delle procedure e la legalità», ha però sottolineato il capogruppo del Pd in commissione Bilancio al Senato, Daniele Manca.

Orizzonte di fiducia

La conseguenza di questa serie di blitz è inevitabile: il ritardo nella discussione e quindi dell’approvazione. Con un orizzonte ormai scontato: il voto di fiducia al Senato e alla Camera in pochi giorni. A conferma che al primo provvedimento più importante dopo la fine della pausa estiva, il centrodestra si è spaccato.

Addirittura, nei giorni scorsi nella maggioranza era circolata l’idea di chiedere il ritiro degli emendamenti di Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia per arrivare a una riduzione dei tempi. L’opzione è stata bocciata. Alla fine saranno ritirati solo quelli privi di copertura finanziaria. «In realtà non è mai stata davvero valutata l’ipotesi di cancellare gli emendamenti dei senatori di maggioranza», puntualizzano fonti di governo a Domani. Ma la ridda di indiscrezioni spiega il caos che regna sopra il cielo del decreto Omnibus.

L’ultimo pasticcio concreto è stato fatto direttamente dai relatori con l’emendamento – presentato e ritirato in poche ore – sull’aumento da tre a cinque dei componenti dell’organo di vertice della Covip, la commissione di vigilanza sui fondi pensione. La maggioranza ha tentato il blitz motivando la decisione con le accresciute mansioni della Covip, scatenando le proteste delle opposizioni che hanno denunciato l’ennesimo tentativo di creare «poltronificio». Da qui la retromarcia.

Anche sui cavalli di battaglia della destra non sono mancate incomprensioni. Il caso paradigmatico è l’avvitamento del confronto sull’ennesima sanatoria fiscale messa in conto dalla destra al potere: un emendamento dei senatori di maggioranza consente un ravvedimento speciale per i contribuenti – in relazione al quadriennio 2018-2022 – che aderiranno al concordato preventivo biennale entro il 31 ottobre. Sono state prospettate varie ipotesi, rispetto ai tempi di attuazione del nuovo regalino agli evasori. Resta agli atti una sanatoria della sanatoria che fotografa l’approccio con il fisco della destra di Giorgia Meloni.

Intanto il viceministro dell’Economia, il fedelissimo della premier Maurizio Leo, sta sciogliendo il rebus del cosiddetto bonus Befana, i 100 euro una tantum previsti solo per una platea molto limitata a causa di requisiti stringenti per l’accesso. I soldi arriveranno a dicembre, non più a gennaio 2025. Sebbene si tratti di un piccolo cambiamento, la vicenda ha tenuto Leo occupato per giorni.

In questo magma di incertezza, con i soliti interventi pro-condono del centrodestra, c’è un dato inoppugnabile: il timing dell’approvazione del decreto non è stato rispettato. Già in questa settimana si attendeva il via libera del Senato. Adesso, nella migliore delle ipotesi, sarà licenziato a metà della prossima settimana a palazzo Madama e inviato in tutta fretta alla Camera dove il dibattito sarà pari allo zero. Si andrà avanti a tappe forzate a Montecitorio.

Prima c’è da superare l’ostacolo di un fine settimana di votazioni straordinarie al Senato. L’esame nelle commissioni riunite Bilancio e Finanze dovrebbe chiudersi domenica. Poi lunedì inizia l’iter in aula e la blindatura con la fiducia.

Decreto travagliato

I problemi che oggi vengono rinviati possono riproporsi, in misura maggiore, nella manovra.

C’è Forza Italia che insiste, con il senatore Dario Damiani, per reintrodurre la misura sugli impatriati, le agevolazioni fiscali alle società di calcio.

La regia dell’emendamento è di Claudio Lotito, senatore e collega di Damiani. Lo scopo è preciso: ridare ai club di Serie A la possibilità di ottenere benefici fiscali per i calciatori ingaggiati dall’estero (con l’impegno che tengano per un certo numero di anni la residenza in Italia) come previsto dal decreto Crescita. Un beneficio a suo tempo stoppato da Giancarlo Giorgetti.

Il provvedimento è insomma nato male e prosegue peggio. Il via libera è arrivato ad agosto a palazzo Chigi, nell’ultimo giorno prima delle ferie estive mettendo insieme un’accozzaglia di norme, molto eterogenee tra loro, che vanno dall’istituzione del comitato Neapolis 2500 (che celebra i due millenni e mezzo di storia di Napoli) fino al rifinanziamento del fondo per emergenze nazionali, fino ad arrivare alle misure a favore delle società dilettantistiche sportive.

Una marmellata di misure, a dispetto anche degli appelli del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, sull’uso più parsimonioso dei decreti e sul rispetto di contenuti omogenei. E per loro natura provvedimenti del genere scatenano gli appetiti dei parlamentari per inserire misure gradite al collegio elettorale di riferimento e a gruppi di potere considerati vicini.

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