Dopo un agosto di attivismo inaspettato da parte di Forza Italia, l’interrogativo è che cosa, delle questioni sollevate, sopravviverà alla riapertura del parlamento a settembre. L’ultima in ordine di tempo è lo ius scholae – ovvero una modifica alla legge sulla cittadinanza per prevedere che i minori possano acquisirla dopo la conclusione di un ciclo di studi – proposta da Antonio Tajani nell’ottica di riposizionare il partito su una linea liberale. Osteggiata dalla Lega, che per ribadire il suo no ha addirittura scomodato la memoria di Silvio Berlusconi rilanciando un video in cui il fondatore degli azzurri si diceva contrario all’idea, e accolta freddamente anche da Fratelli d’Italia, il vicepremier ha scelto una linea ondivaga. Pur ribadendo che la questione non fa parte del programma del governo, ha comunque sostenuto il diritto di FI di aprire una discussione. Anche se «non è una priorità di questi giorni» e sono esclusi «accordi con la sinistra». E, nonostante il molto parlare, lo ius scholae non sarà al centro del prossimo vertice di maggioranza del 30 agosto.

Eppure, quel che somiglia al proverbiale lancio di sasso per poi ritirare la mano rischia e di trasformarsi in un boomerang per FI. Azione, infatti, ha annunciato con il suo leader Carlo Calenda che presenterà una proposta di legge sullo ius scholae «negli esatti termini richiesti da Forza Italia. Questo balletto sulla pelle di 560.000 ragazzi che studiano nelle nostre scuole è un tantino indecente». Se così sarà, Tajani sarà davanti a un bel dilemma: rimanere coerente oppure trovare una buona ragione per rimangiarsi le riflessioni di agosto.

La giustizia

Altro capitolo su cui Forza Italia si è spesa con posizioni autonome rispetto al governo è stata la giustizia, sia sul fronte della riforma costituzionale Nordio che sul decreto carceri. Se sulla prima un accordo di maggioranza c’è e anzi, la riforma avrà la precedenza anche rispetto a quella del premierato, sull’emergenza carceri la situazione è più complicata. Dopo aver manifestato la propria delusione per la poca incisività del decreto legge licenziato in luglio, FI ha appoggiato apertamente la posizione del ministro della Giustizia, Carlo Nordio, che ha intenzione di proporre modifiche alla custodia cautelare in carcere.

Questa linea, però, non è stata ancora formalmente condivisa con FdI e Lega, che hanno tentato di smorzare le spinte del guardasigilli pur senza sconfessarne le dichiarazioni. In ogni caso, tutto starà alla proposta di riforma che Nordio presenterà. Con una certezza: i deputati di FI hanno passato un’estate a girare per le carceri insieme al partito radicale e l’iniziativa sfocerà in una spinta affinché il governo metta in campo nuove iniziative, magari recuperando parte degli emendamenti presentati da Pierantonio Zanettin al dl carceri e in buona parte cassati.

Infine, nell’agenda giudiziaria degli azzurri c’è la modifica alla legge Severino, che impone la decadenza degli amministratori condannati in primo grado per reati contro la pubblica amministrazione. Si tratta di un altro pallino di Nordio ed è una antica battaglia di Berlusconi, che proprio a causa di questa legge dovette abbandonare lo scranno in Senato, ma anche su questo gli alleati frenano. In particolare FdI, che all’epoca dei referendum leghisti sulla giustizia si espressa a favore di quattro quesiti su sei, escludendo proprio quello sulla abrogazione della legge Severino.

Le pensioni minime

Settembre significa soprattutto manovra finanziaria. Anche su questa il segretario di FI ha fissato le sue priorità a margine del meeting di Rimini di Comunione e liberazione. Tre i punti: «Ridurre la pressione fiscale, continuando con il taglio del cuneo», «rifinanziare i fondi che garantiscono prestiti per lo studio, per la prima casa» e infine «le pensioni minime vanno aumentate: il percorso è quello di arrivare ai 1.000 euro alla fine della legislatura, però bisogna ancora fare un piccolo passo». Una ricetta, questa, che trova d’accordo gli alleati in particolare sul taglio del cuneo fiscale. Tutto il resto andrà negoziato durante il vertice di maggioranza e la parola d’ordine lanciata dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti è sempre la stessa: serve un confronto sui tagli di spesa. Il ritorno alle regole, seppur riformate, del patto di Stabilità e la procedura contro l’Italia per deficit eccessivo impongono infatti sacrifici che mal si coniugano con nuovi impegni di spesa auspicati da FI.

L’autonomia

Capitolo a parte riguarda infine l’autonomia differenziata. La legge Calderoli è ormai stata approvata ma il vero motore sono i livelli essenziali delle prestazioni su 23 materie, che non sono ancora stati fissati dal Mef. Quindi, benché la Lega spinga perché si inizino a discutere le intese tra Regioni e Stato, tutto è ancora fermo e può rimanerlo ancora per due anni, ovvero il tempo fissato dalla legge per determinare i Lep. Al netto delle tecnicalità, però, il problema sempre più evidente è politico e viene dalle regioni del sud, molte delle quali guidate da FI. che hanno già espresso le loro preoccupazioni. Tajani ha precisato che vigilerà affinché l’autonomia non penalizzi il meridione, allargando la forbice con le regioni leghiste del nord: «Vigilare non significa essere contrari, ma far rispettare alcuni parametri e decisioni prese dal parlamento: prima i Lep e poi l'applicazione, e per le materie fuori dai Lep, come il commercio internazionale, fare in modo che non si crei confusione». Quest’ultima precisazione è fondamentale: dai ranghi di FI, ma anche da parte di FdI, c’è molto scetticismo sull’opportunità di devolvere alle regioni alcune competenze che, se frammentate, creerebbero una babele di regole diverse sul territorio nazionale. Tajani ha parlato per sè – il commercio internazionale riguarda anche il suo dicastero, quello degli Esteri – ma la linea è condivisa anche da altri ministeri: le intese con le regioni non sono automatiche, dunque non è scontato che vengano concesse nel caso in cui i rispettivi dicasteri lo reputino la devoluzione di alcune competenze poco consono alle necessità nazionali. Con buona pace delle aspettative leghiste.

Forza Italia, dunque, si avvia verso un autunno nell’inedito ruolo di pungolo al governo, «che non è a rischio», continua a dire Tajani. Rimane da vedere, allora, con quale capacità e fino a che punto gli azzurri riusciranno a condizionare l’agenda di Giorgia Meloni.

© Riproduzione riservata